In Emilia-Romagna ci sono ancora migliaia di sfollati
La maggior parte è ospitata da parenti e amici in attesa di poter pulire e mettere in sicurezza le case danneggiate dalle alluvioni di maggio
Nei comuni dell’Emilia-Romagna più colpiti dalle alluvioni di maggio l’emergenza non è ancora finita: l’acqua si è ritirata dalla maggior parte delle strade, ma migliaia di persone non possono ancora rientrare nelle loro case. Una minima parte degli sfollati abitava in palazzi e case molto danneggiate dall’acqua, che oggi hanno problemi di stabilità e per cui i comuni hanno istituito un ordine di evacuazione ancora valido. Ma anche chi è autorizzato a tornare non sempre può farlo. La parte più consistente delle persone ancora fuori casa deve aspettare che i muri si asciughino per sostituire tutti i mobili distrutti dall’acqua. La situazione è ancora molto incerta e complicata, e i comuni si stanno sforzando di trovare una sistemazione o almeno di aiutare in qualche modo le persone coinvolte.
Faenza, in provincia di Ravenna, è uno dei comuni dove le alluvioni hanno fatto più danni. All’inizio di maggio il fiume Lamone aveva quasi completamente allagato il rione chiamato Borgo Durbecco, dove vivono circa 550 famiglie. Il 16 maggio, quando sull’Emilia-Romagna sono caduti 300 millimetri di pioggia, l’acqua è arrivata nel centro storico e in alcune strade ha raggiunto i sei metri di altezza. Quasi tutti i negozi e le abitazioni al piano terra hanno avuto danni gravissimi. Nelle ultime settimane gli operatori della Protezione civile, i vigili del fuoco e molti volontari arrivati dalle altre regioni hanno liberato le case dal fango e dai mobili ormai da buttare. In poco più di una settimana sono state raccolte 45mila tonnellate di rifiuti indifferenziati, il triplo rispetto all’intero 2022.
A un mese e mezzo dalla prima alluvione che ha colpito la città sono circa duemila gli abitanti non ancora tornati nelle loro case: la maggior parte è ospitata da parenti e amici, mentre 150, tra cui 20 minori, vivono in due alberghi grazie al sostegno economico messo a disposizione dal comune.
Quasi ogni giorno vengono organizzati sopralluoghi per capire se palazzi e case allagate durante le due alluvioni di maggio sono di nuovo agibili, cioè se possono tornare a essere abitate dalle persone sfollate. Considerata la portata delle esondazioni c’era un certo pessimismo tra i tecnici comunali, invece i risultati delle prime ricognizioni dicono che le case ancora inagibili sono circa un centinaio, il 7 per cento delle 1.500 nelle zone più colpite.
Sono invece 248 – un quarto del totale – gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, cioè le case popolari, che hanno subìto danni. Sono alloggi che spesso accolgono persone o famiglie in difficoltà economiche. Il sindaco di Faenza, Massimo Isola, dice che l’emergenza non è finita. Gestirla è un lavoro enorme: «Nell’ultimo mese e mezzo abbiamo fatto molto. Per certi versi stiamo riconquistando la città, però è un lavoro lungo. E dobbiamo anche guardare avanti, al futuro, perché se non pensiamo anche alla ricostruzione diventa difficile portare a termine l’emergenza».
Circa tremila persone hanno fatto domanda per i due contributi economici legati alle case: 500 euro una tantum come contributo di autonoma sistemazione (CAS), che si può chiedere fino al 30 giugno, e 5.000 per la ristrutturazione, e in questo caso il bando scade il 30 agosto. Il comune ha aperto un ufficio con una decina di dipendenti che ogni giorno aiutano gli abitanti a presentare le domande. È stata anche data la possibilità di convertire temporaneamente gli uffici in abitazioni a patto che siano abbastanza grandi da essere abitabili, che ci siano un bagno e una cucina. In questo modo alcune persone potranno trovare una sistemazione, anche se provvisoria, in attesa di rientrare nelle loro case.
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A Forlì 69 persone sono ancora ospitate in hotel, quattro in strutture di enti religiosi. 47 persone sono accolte in residenze per anziani. Secondo gli ultimi dati, in 830 hanno chiesto e ottenuto il pacco di generi alimentari distribuito dal comune. Perlopiù è gente che ha avuto gravi danni alla cucina, non più utilizzabile.
Nei giorni scorsi la Fondazione Abitare, che dal 2001 acquista appartamenti pubblici e privati per concederli a prezzi agevolati a chi non può permettersi di pagare un affitto, ha diffuso un appello per trovare case disponibili nei comuni di Forlì, Castrocaro, Dovadola, Rocca San Casciano, Forlimpopoli, Meldola, Bertinoro, Civitella di Romagna, Predappio, Galeata e Santa Sofia. L’obiettivo è trovare nuovi appartamenti sfitti da mettere a disposizione rapidamente a chi non può tornare a casa. «Vista la situazione di emergenza siamo anche disponibili a svolgere direttamente per conto dei proprietari piccoli interventi di riparazione e messa a norma finalizzati a consentire un rapido ingresso in abitazione di quanti hanno perso tutto», ha detto il presidente della fondazione, Alberto Gentili.
Un appello simile è stato diffuso dal comune di Cesena. Sul sito del comune si invitano le persone proprietarie di immobili a metterli a disposizione. L’affitto viene pagato dal comune, che poi assegnerà le case alle persone sfollate per almeno sei mesi con possibilità di rinnovo per altri sei, sempre in accordo con i proprietari. Vengono riconosciuti canoni di affitto di 400 euro al mese per case che possono ospitare una sola persona, 500 euro fino a due persone, 800 euro fino a quattro persone, 900 euro per famiglie cinque o più componenti. Il comune darà anche un contributo IMU, l’imposta municipale unica pagata sulla proprietà delle seconde case.
Sempre in merito alle case il presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, ha firmato un’ordinanza che permette ai comuni di assegnare gli alloggi di edilizia residenziale pubblica alle persone sfollate. L’ordinanza prevede alcune regole: deve essere data priorità alle persone sfollate da altri alloggi di edilizia residenziale pubblica, a chi era già in graduatoria e alle persone indicate dai servizi sociali dei comuni.
I dati più recenti comunicati dalla regione dicono che le persone accolte in strutture messe a disposizione dai comuni o in alberghi sono 684 di cui 84 minori: 333 nella provincia di Ravenna, 241 in quella di Forlì-Cesena, 71 nella Città metropolitana di Bologna, 3 in provincia di Rimini. In questa stima, tuttavia, non è compresa la quota più consistente di sfollati che hanno trovato una sistemazione da parenti o amici.
Per oggi è previsto un incontro tra Bonaccini e il governo per presentare una prima stima puntuale dei danni. Bonaccini ha detto al Sole 24 Ore che serve un miliardo di euro solo per la sistemazione delle strade comunali e provinciali. Non sono state anticipate, invece, le stime sui danni più significativi, cioè quelli relativi all’agricoltura, alle case e ai negozi. «Ci sono lavori urgenti da completare entro l’autunno, abbiamo ancora 800 strade interrotte e un migliaio di frane tra collina e Appennino», ha detto Bonaccini. «Il turismo per fortuna non ha subito danni, la nostra Riviera è già pulita e pronta ad accogliere milioni di vacanzieri con servizi di qualità che solo i romagnoli sanno offrire».
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