Boris Johnson è già tornato al centro della politica britannica
Le sue roboanti dimissioni dal parlamento hanno aggravato le tensioni con il primo ministro Sunak e le fratture nel partito Conservatore
Lo scorso venerdì l’ex primo ministro Conservatore del Regno Unito Boris Johnson si è dimesso dal suo ruolo di parlamentare dopo aver appreso il risultato dell’inchiesta della commissione della Camera dei Comuni, da cui era stato ascoltato lo scorso marzo, riguardo allo scandalo noto come “Partygate”. Sempre venerdì scorso si sono dimessi altri due parlamentari Conservatori molto vicini a Johnson, Nadine Dorries e Nigel Adams. Entrambi hanno detto di averlo fatto per ragioni anagrafiche e professionali, ma le dimissioni potrebbero avere a che fare con la loro mancata nomina alla Camera dei Lord: la settimana scorsa le loro candidature, proposte da Johnson in qualità di ex primo ministro, erano state respinte dalla commissione che se ne occupa.
Le dimissioni di Johnson, Dorries e Adams sono state interpretate come una sorta di sabotaggio politico nei confronti dell’attuale primo ministro Conservatore Rishi Sunak, che ora deve affrontare le elezioni suppletive di tre membri del parlamento, in un momento in cui i sondaggi indicano il partito Conservatore del Regno Unito molto in svantaggio rispetto al partito Laburista.
Il Committee of Privileges è la commissione d’inchiesta del parlamento britannico che aveva avuto l’incarico di indagare sulle responsabilità nel cosiddetto “Partygate”, lo scandalo che riguarda le feste organizzate nella residenza del primo ministro a Downing Street, a Londra, tra il maggio del 2020 e l’aprile del 2021, in violazione delle restrizioni introdotte dal governo stesso per contrastare la pandemia da coronavirus. Johnson era stato sentito dalla commissione a marzo del 2023, e aveva parlato per più di tre ore.
Venerdì il Committee of Privileges ha consegnato privatamente a Johnson un dossier con le proprie conclusioni: il testo del documento verrà reso pubblico giovedì mattina, ma il discorso di dimissioni di Johnson di venerdì scorso ne ha svelato in parte il contenuto. Ovvero che l’ex primo ministro, quando ha dichiarato che tutte le misure sul distanziamento sociale imposte dal suo governo fossero state rispettate durante le feste in questione, avrebbe mentito in parlamento.
La commissione, che non ha il potere di sospendere i parlamentari, aveva comunque invitato il parlamento a procedere con un voto per decidere se e per quanto sospendere Johnson dal suo ruolo di parlamentare, e una sospensione sembrava essere molto probabile. Se fosse durata più di dieci giorni, la sospensione avrebbe fatto scattare una procedura chiamata “recall petition”: viene istituita una raccolta firme nel collegio elettorale del parlamentare sottoposto alla sospensione, e se le firme raggiungono almeno il 10 per cento degli aventi diritto di voto nel collegio elettorale, il parlamentare viene rimosso e vengono istituite elezioni suppletive per sostituirlo.
Per evitare tutto questo, Johnson ha scelto di dimettersi, con un discorso molto battagliero e critico contro le accuse. Le dimissioni di Johnson sono ritenute politicamente molto importanti, e un tentativo di creare polemica e destabilizzare il governo: venerdì scorso, nel suo discorso al parlamento, Johnson ha anche criticato duramente l’attuale primo ministro Sunak, accusandolo di aver alzato di nuovo le tasse, di aver fallito nello sfruttare le possibilità di Brexit e di non essere “abbastanza conservatore”.
Le dimissioni contemporanee di altri due parlamentari rendono la situazione per l’attuale primo ministro Sunak ancora più complicata: tre elezioni suppletive hanno un peso politico forte, specialmente nel caso in cui dovessero vincere dei candidati di altri partiti. Johnson, che scegliendo di dimettersi ha perso il suo potere politico diretto, ha ancora un forte seguito all’interno del partito Conservatore (benché ora non goda più di grande consenso da parte dell’elettorato). Inoltre ha ancora una forte influenza sui media, soprattutto su alcuni giornali vicini al partito Conservatore come il Daily Telegraph.
Le tensioni tra Johnson e Sunak non sono una novità. Quando si era dimesso da primo ministro Johnson aveva guadagnato il diritto di proporre delle nomine per conferire diverse onorificenze ufficiali, e la settimana scorsa aveva chiesto a Sunak di inoltrare una richiesta alla House of Lords Appointments Commission, l’organo indipendente formato da membri della Camera dei Lord che si occupa di vigilare sulle onorificenze. Johnson aveva incluso quaranta proposte, tra le quali tre erano per il titolo di Lord – quindi un seggio nella Camera dei Lord del Regno Unito – a parlamentari Conservatori a lui vicini.
Sunak aveva inizialmente acconsentito all’inoltro della richiesta, ricevendo molte critiche a causa del fatto che otto tra le persone proposte da Johnson per ricevere l’onorificenza fossero legate allo scandalo del “Partygate”. La House of Lords Appointments Commission ha respinto la richiesta, e venerdì scorso Johnson aveva chiesto a Sunak di inoltrarne un’altra, di fatto facendo pressione sulla commissione, ma Sunak si era rifiutato, dichiarando che Johnson, con la sua richiesta, aveva preteso «che facessi una cosa che non consideravo corretta». In risposta Johnson ha definito le parole di Sunak «spazzatura», sostenendo che inoltrare una nuova richiesta fosse invece una «semplice formalità». Tra i candidati alle nomine alla Camera dei Lord c’erano anche Nadine Dorries e Nigel Adams, i due parlamentari che si sono dimessi venerdì scorso.
Attualmente i sondaggi elettorali nel Regno Unito favoriscono il partito Laburista, che è in vantaggio del 16 per cento rispetto ai Conservatori. Secondo alcuni osservatori l’unica strategia che Sunak potrebbe adottare per recuperare l’elettorato e vincere le prossime elezioni politiche (che saranno a gennaio del 2025) è di assecondare il più possibile un “periodo di quiete”, durante il quale auspicabilmente l’economia del Regno Unito migliori, l’inflazione rallenti e non si creino faide o scissioni all’interno del partito Conservatore.