La strana coppia che ha vinto il titolo NBA
Nikola Jokic e Jamal Murray sono diversi in tutto, ed è così che sono riusciti a vincere le prime finali nella storia dei Denver Nuggets
di Pietro Cabrio
Le finali del campionato di basket NBA si sono concluse tra lunedì e martedì con la prima vittoria di sempre per i Denver Nuggets, che hanno battuto in cinque partite i Miami Heat. La loro è stata una vittoria particolarmente significativa perché ricca di storie e primati inediti che verranno ricordati a lungo. Molti di questi riguardano Nikola Jokic e Jamal Murray, la coppia di giocatori attorno alla quale Denver è stata costruita negli ultimi anni.
Ma prima di prestazioni e statistiche, Jokic e Murray formano una coppia all’apparenza strana e improbabile, così come lo sono le loro rispettive storie. Jokic è serbo, ha 28 anni, gioca come centro e supera i 2 metri e 10 di altezza. Murray è il playmaker di Denver, di anni ne ha 26, è canadese con origini giamaicane e dei due è quello basso (basso per la NBA, dato che arriva comunque a 1 metro e 90 abbondanti). Uno gioca col fisico, fa passare i palloni sopra le teste degli avversari, segna da vicino e fa assist; l’altro gli gravita intorno, segna da lontano e fa altrettanti assist; insieme dirigono a loro modo il gioco collettivo.
Jokic arrivò in NBA direttamente dal campionato serbo e al draft del 2014 fu selezionato alla quarantunesima chiamata, cioè dopo molti giocatori che, per capirci, oggi sono seconde scelte o nemmeno giocano più in quel campionato. Quando i Nuggets lo selezionarono, la diretta televisiva negli Stati Uniti ne approfittò per mandare in onda la pubblicità di un nuovo burrito della catena di fast food Taco Bell, come spesso viene ricordato.
Murray fu scelto da Denver al draft di due anni dopo, con una chiamata decisamente più alta (la settima) che la squadra aveva ottenuto cinque anni prima nell’ambito dello scambio che aveva portato il suo giocatore più simbolico, Carmelo Anthony, ai New York Knicks.
In NBA sia Murray che Jokic hanno giocato sempre e solo per i Denver Nuggets, e nel 2018 diventarono anche titolari insieme. Quell’anno coincise con il ritorno di Denver ai playoff dopo cinque anni di assenza dovuti a un processo di ricostruzione della squadra, che da allora però non li ha più mancati. In questi ultimi cinque anni Jokic e Murray hanno fatto parlare spesso di loro, e non solo per i due premi MVP (miglior giocatore della stagione regolare) vinti consecutivamente da Jokic, il primo centro a riuscirci dai tempi di Shaquille O’Neal.
Ai playoff di tre anni fa Jokic e Murray permisero a Denver di diventare la prima squadra NBA a rimontare due serie consecutive da uno svantaggio di 3-1. Lo fecero prima contro gli Utah Jazz e poi, in una serie ritenuta ancora più difficile, contro i Los Angeles Clippers. Nella vittoria decisiva contro quest’ultimi spiccarono in particolare i 56 punti complessivi segnati da Murray e Jokic: tre anni dopo prestazioni del genere sono diventate la consuetudine.
Commentando le finali di quest’anno, Steve Kerr, allenatore dei Golden State Warriors, ha paragonato Denver a un serpente di cui Jokic e Murray sono le due teste. Kerr ha usato questo paragone per spiegare le contromosse adottate nelle finali dai Miami Heat per cercare di limitare i danni causati dai due: lasciando per esempio più libero Jokic e marcando di più Murray, per far segnare uno ma limitare il contributo dell’altro e tenere più basso il punteggio.
Miami, che era anche sfavorita, è riuscita però a vincere solo una partita nella serie, mentre Jokic e Murray sono diventati la prima coppia di compagni di squadra nella storia della NBA ad aver tenuto una media superiore ai 25 punti, 5 assist e 5 rimbalzi per un’intera edizione dei playoff. Ci sono riusciti anche grazie a una squadra costruita per loro, in cui giocatori che per qualità sembravano destinati a maggior risalto hanno accettato un ruolo di gregari per il bene del gruppo: è soprattutto il caso di Aaron Gordon, quarta chiamata al draft del 2014, ma anche del ventiquattrenne Michael Porter Jr.
La prestazione più simbolica di Jokic e Murray in questa stagione è arrivata proprio nelle finali. In gara-3, oltre ad aver realizzato 66 dei 109 punti segnati da Denver, hanno concluso la partita con una tripla doppia a testa (ossia arrivando entrambi a doppia cifra in tre delle principali voci statistiche individuali): 34 punti, 10 rimbalzi e 10 assist per Murray e 32 punti, 21 rimbalzi e 10 assist per Jokic (che lo aveva già fatto durante i playoff).
Le diversità tra i due si sono notate anche durante i festeggiamenti in campo per il titolo. Jokic è rimasto schivo e di poche parole come al suo solito, anche mentre veniva celebrato dal pubblico e premiato come miglior giocatore delle finali. In conferenza stampa gli è stato chiesto se giovedì sarà presente alla parata per la vittoria, ma ha detto di no sottovoce ed è sembrato molto combattuto, perché vuole tornare a casa sua a Sombor, paese della Serbia rurale tra Croazia e Ungheria, che tra le altre cose ha dato il nome al suo caratteristico tiro a una gamba sola, The Sombor Shuffle.
Murray invece si è commosso molto quando è stato intervistato pensando al grave infortunio al ginocchio che nel 2021 gli aveva fatto perdere la seconda metà della stagione, e per il quale aveva temuto di perdere il posto in squadra, e forse le cose migliori della sua carriera. Poi però negli spogliatoi è stato preso di forza da Jokic mentre festeggiava e gettato in piscina.