Come è nata Forza Italia
Il partito di Silvio Berlusconi è stato a lungo egemone della politica italiana, e venne fondato in un contesto e con modalità mai viste prima
Circolano moltissimi aneddoti su come e quando sia nata Forza Italia, il partito fondato da Silvio Berlusconi, morto lunedì a 86 anni, che ha dominato per quasi trent’anni la politica italiana, e che ancora oggi esprime un vicepresidente del Consiglio e diversi ministri e ministre del governo di Giorgia Meloni.
Ufficialmente il partito è nato il 18 gennaio del 1994 nello studio del notaio Francesco Colistri, a Roma. Ufficiosamente esisteva già da qualche mese, forse un anno. Alcuni fanno risalire la decisione di Berlusconi di formare un partito e candidarsi a leader di una coalizione, lui che fino a quel momento era stato un imprenditore di enorme successo, al 30 giugno 1993. Quella sera Berlusconi invitò a casa sua il politologo Giuliano Urbani: non lo conosceva, ma Urbani da tempo sosteneva che nella politica italiana ci fosse spazio per un partito nuovo, di ispirazione liberale e vicino alla società civile, guidato da un capo carismatico. Urbani ha raccontato in seguito che la cena durò otto ore, durante le quali gli sembrò di aver convinto Berlusconi a candidarsi in prima persona. «Sono sicuro che in quell’istante una parte di lui si convinse che era se stesso l’unico a poterci riuscire», disse a Repubblica qualche anno fa.
Altri resoconti parlano di discussioni già avviate da qualche mese. Enrico Mentana, che in quel momento era direttore di un telegiornale di una tv di Berlusconi, nel suo libro Passionaccia ha raccontato che già nel marzo del 1993, in una delle rituali riunioni con i principali dirigenti delle sue aziende, Berlusconi aveva già le idee piuttosto chiare. «Ad avviso di Silvio Berlusconi, l’attuale situazione è favorevole come non mai per chi provenendo da successi imprenditoriali voglia dedicare i propri talenti al governo della cosa pubblica. Non nasconde che gli viene una gran voglia di mettersi alla testa di un nuovo partito», si legge nel verbale di quella riunione, pubblicato da Mentana.
La «attuale situazione» a cui si fa riferimento nel verbale era lo scompaginamento creato da Tangentopoli, cioè le inchieste giudiziarie, note con il nome di Mani Pulite, iniziate nel 1992 dalla procura di Milano e incentrate su un sistema di tangenti che coinvolgeva diversi partiti politici. Quasi tutti i partiti che fino a quel momento avevano dominato la politica italiana vennero molto ridimensionati dall’inchiesta, che accelerò simili processi di cambiamento che stavano avvenendo in tutta Europa. Il più grande e potente, la Democrazia Cristiana, sarebbe sparito nel 1994. L’unico partito che rimase in piedi fu il Partito Democratico della Sinistra, erede del Partito Comunista Italiano, che grazie a una nuova classe dirigente era riuscito a cambiare nome, logo, politiche e direzioni con credibilità.
Alle elezioni amministrative del 1993 il cosiddetto centrosinistra vinse quasi ovunque: da Roma a Palermo passando per Genova, Napoli, Pescara, Venezia. A Milano invece ci fu la prima importante vittoria politica della Lega, che riuscì a eleggere sindaco Marco Formentini. Mentre il centrosinistra appariva piuttosto saldo e ruotava intorno al PDS, con l’alleanza di partiti nuovi ma affini come Rifondazione Comunista, i Verdi e in vari casi i Radicali, alla sua destra c’era una specie di vuoto: la Democrazia Cristiana perdeva voti ovunque, e l’unico che fece un tentativo credibile per creare un altro contenitore di centro fu l’ex ministro Mario Segni; molto più a destra si affermavano la Lega di Umberto Bossi e il Movimento Sociale Italiano, il principale partito post fascista, che nel 1994 avrebbe cambiato nome in Alleanza Nazionale, i quali però non erano alleati.
«La pianificazione dell’operazione politica di Berlusconi cominciò nel giugno 1993, subito dopo la vittoria dei partiti di sinistra alle elezioni amministrative», scrive lo storico Emanuele Poli nel suo libro Forza Italia, strutture, leadership e radicamento territoriale. L’idea fu quella di fondare un partito che venisse percepito come totalmente nuovo, legato alla figura di Berlusconi e ai suoi successi imprenditoriali, senza alcun rapporto o quasi con i vecchi partiti, basato su princìpi classici della destra liberale come l’agevolazione totale della libertà di impresa e una presenza assai limitata dello Stato nel gestire l’economia pubblica. Erano passati pochi anni dai mandati di gran successo della prima ministra britannica Margaret Thatcher e del presidente statunitense Ronald Reagan.
Il messaggio funzionò. «A fronte di una classe politica (soprattutto di sinistra) sempre incline a voler rieducare e indirizzare il popolo, con un approccio “ortopedico e pedagogico”, che sottolineava problemi come la corruzione, l’evasione fiscale e la connivenza tra settori della società e ambienti criminali, il leader di Forza Italia rivendicò il diritto – come mette in evidenza Giovanni Orsina – di superare il “moralismo” imperante, rifiutando ogni vincolo che limitasse la libertà personale e di impresa», ha scritto di recente la storica Daniela Saresella.
Anche le primissime fasi di nascita del partito ebbero modalità diversissime rispetto ai partiti tradizionali. La piattaforma politica fu messa insieme grazie all’esperienza di Publitalia, la concessionaria di pubblicità delle reti tv Mediaset, che conosceva molto bene abitudini e inclinazioni degli elettori. E durante la campagna elettorale si servì proprio delle tv Mediaset e della loro «potenza di fuoco mediatica» per promuoverla, come ha notato il politologo Paolo Gerbaudo.
La selezione dei candidati avvenne con modalità del tutto particolari. «Furono infatti i manager Publitalia Marcello Dell’Utri e Domenico Lo Jucco a gestire la selezione delle candidature», ricorda lo studioso Andrea Marino, «tra le quali comparirono numerosi dirigenti del gruppo Fininvest». Le vecchie sezioni del partito furono pensate più come delle associazioni civiche, e infatti si chiamarono “club di Forza Italia”. Marino ricorda che furono aperti perlopiù da dipendenti della Standa, la catena di supermercati di proprietà di Berlusconi, e tifosi del Milan, cioè la squadra di cui era presidente e proprietario dal 1987. Tutte le aziende, insomma, remarono nella stessa direzione: proprio in quel periodo nacque anche la Diakron, «l’agenzia di sondaggi che fu fondata ad hoc da Berlusconi e che avrebbe avuto un ruolo determinante nella campagna elettorale. Era diretta da Gianni Pilo, uno dei suoi più stretti collaboratori», ricorda Marino.
Anche la ricerca del nome fu affidata, come sembra, a varie ricerche di mercato: in un altro studio, Marino scrive che «alla fine si puntò sugli evidenti richiami che il nome “Forza Italia” poteva ispirare nei tifosi di calcio e partendo dal presupposto che il leader fondatore in quel momento era conosciuto soprattutto per la sua attività di presidente dell’A.C. Milan. Inoltre anche il colore “azzurro” fu scelto per una chiara volontà di immedesimazione nella compagine nazionale».
La candidatura di Berlusconi fu insomma incoraggiata da un certo vuoto politico, e facilitata dall’enorme comparto di aziende di sua proprietà in vari settori, su tutte le tv e i giornali, ma secondo alcuni ebbero il loro peso anche ragioni di salvaguardia dei propri interessi. «I giudici del pool di Milano avevano incarcerato tutta la classe dirigente e minacciavano di arrivare come un carro armato dentro casa Berlusconi, sparando all’impazzata», ha scritto per esempio Giuliano Ferrara, che passò a Forza Italia e ne fu uno dei principali dirigenti dopo una lunga carriera politica nel PCI.
Berlusconi fu molto vicino a Bettino Craxi, leader socialista fra i più coinvolti nelle inchieste, e già nelle primissime fasi della sua carriera da imprenditore aveva frequentato contesti opachi come la loggia massonica P2. Fino a quel momento Berlusconi era stato oggetto di scarse attenzioni da parte della magistratura, che invece aprì vari processi a suo carico dopo il suo ingresso in politica.
La prima elezione a cui si presentò Forza Italia, cioè le politiche del 1994, andò benissimo: col 21,01 per cento dei voti risultò il partito più votato, e grazie all’alleanza con la Lega e Alleanza Nazionale ottenne la maggioranza in parlamento. La prima esperienza di Berlusconi da presidente del Consiglio durò pochi mesi, anche per via delle continue tensioni con la Lega.
Forza Italia perse le successive elezioni politiche del 1996, vinte dal centrosinistra, e solo in quel momento si strutturò come un partito “vero”, con sezioni, coordinatori regionali e militanti sul territorio: cosa che le permise di vincere le elezioni europee del 1999 e soprattutto stravincere le politiche del 2001, che cementarono il ruolo di Berlusconi nel dibattito pubblico.