Che ne sarà di Fininvest
Le azioni che erano di Silvio Berlusconi saranno ereditate dai cinque figli, ma non si sa ancora con che modalità e cosa vogliono farci
Con la morte di Silvio Berlusconi i suoi eredi devono ora accordarsi su come dividere il suo patrimonio, fatto di aziende e immobili, che Forbes stima intorno ai 6,3 miliardi di euro. Berlusconi aveva cinque figli: Marina e Pier Silvio, avuti con la prima moglie Carla Elvira Lucia Dall’Oglio, che hanno già ruoli molto importanti nelle aziende, e Barbara, Eleonora e Luigi, avuti con la seconda moglie Veronica Lario, e che invece hanno ruoli più marginali. La spartizione della sua eredità avrà conseguenze molto concrete sulle scelte industriali e sul futuro delle aziende di famiglia.
Il gruppo di società che appartiene alla famiglia Berlusconi fa capo alla Fininvest, fondata nel 1975. Attraverso un complesso sistema di partecipazioni i figli hanno il 36,7 per cento del gruppo diviso in parti praticamente uguali, mentre la restante parte era di Silvio Berlusconi: è proprio questa che sarà oggetto della successione. Fuori da Fininvest c’è poi tutto il patrimonio immobiliare, la cui eredità non ha però grandi risvolti industriali.
Fininvest era stata fondata da Berlusconi per incorporare inizialmente le sue società edilizie. A mano a mano che ampliava i suoi interessi in altri settori, come l’editoria e la tv, vi confluirono le altre aziende rendendola uno dei più grandi gruppi imprenditoriali italiani, che oggi ha un fatturato di 4 miliardi di euro all’anno e oltre 15 mila dipendenti.
Il gruppo ha il controllo di varie società quotate in borsa, come MFE (un tempo conosciuta come Gruppo Mediaset) di cui detiene il 50 per cento delle azioni, Mondadori con il 53,3 per cento, Mediolanum con il 30 per cento. Fininvest ha anche la proprietà del Monza Calcio, squadra comprata dopo la vendita dell’AC Milan, e del Teatro Manzoni di Milano.
La proprietà del gruppo è interamente della famiglia Berlusconi: per decenni è stata controllata attraverso “22 scatole”, un complesso intreccio di partecipazioni tra 22 holding finanziarie denominate Holding Italiana Prima, Holding Italiana Seconda e via così. Negli anni questo sistema è stato semplificato e ora di “scatole”, come in gergo vengono chiamate queste società, ne sono rimaste solo sette: la Prima, la Seconda, la Terza e l’Ottava di proprietà diretta di Silvio Berlusconi; la Quarta della figlia Marina; la Quinta del figlio Pier Silvio; la Quattordicesima dei tre figli più piccoli, Barbara, Eleonora e Luigi.
Attraverso queste società i cinque figli hanno circa il 7 per cento di Fininvest a testa: i tre figli minori, Barbara, Eleonora e Luigi, hanno il 7,13 per cento, mentre i maggiori, Marina e Pier Silvio, il 7,65. Oltre ad avere quote leggermente più alte, Marina e Pier Silvio hanno ruoli dirigenziali importanti all’interno dell’aziende: Marina è presidente di Fininvest e Mondadori e Pier Silvio è amministratore delegato di MFE e consigliere di amministrazione di Fininvest. I figli minori hanno ruoli più marginali: Luigi e Barbara a loro volta sono consiglieri di amministrazione di Fininvest, mentre Eleonora non ha alcun ruolo.
In passato sono emerse alcune differenze di visione strategica tra i fratelli minori, meno coinvolti nell’operatività delle aziende, e i maggiori. Per questo, nonostante abbiano sostanzialmente partecipazioni uguali a livello azionario, nella futura gestione del gruppo potrebbero opporsi due schieramenti con pesi diversi: i due figli maggiori insieme hanno una quota del 15,3 per cento e i tre figli minori del 21,4. È possibile che la successione preveda di aggiustare questa disparità.
Tutto dipenderà da come è stata ideata la successione dell’oltre 60 per cento di Fininvest di proprietà di Silvio Berlusconi anche sulla base dei vincoli di legge che, spiega Marigia Mangano sul Sole 24 Ore, «prevedono che in assenza di coniuge e in presenza di più figli si possa disporre liberamente di una quota pari a un terzo del patrimonio. I restanti due terzi rientrano nella cosiddetta quota di “legittima” e devono essere assegnati agli eredi in parti uguali». Se questo principio fosse applicato alla successione della Fininvest, circa il 40 per cento delle azioni dovrebbe essere spartito in parti uguali tra i cinque figli, mentre la restante parte potrebbe essere destinata a chiunque. Secondo Mangano «se Berlusconi avesse scelto la strada della continuità, riconfermando la fiducia a Marina e Pier Silvio, figure già centrali nell’impero, le quote dei figli più grandi arriverebbero intorno al 25 per cento ciascuno, quanto basta per avere il controllo della holding».
Questi equilibri familiari sono dirimenti per alcune questioni che riguardano la gestione di Fininvest. Innanzitutto a fine mese sarà convocata come ogni anno l’assemblea dei soci per nominare il consiglio di amministrazione, che resta in carica un anno. Finora la composizione del consiglio di amministrazione era rimasta come l’aveva voluta Berlusconi, che aveva la quota di maggioranza e che voleva la figlia Marina come presidente del gruppo. Non è detto che con la nuova suddivisione delle azioni le cose resteranno le stesse.
Ci sono poi altre questioni da risolvere che riguardano due società del gruppo, MFE e Mediolanum. Nel caso di MFE, di cui Fininvest ha il 50 per cento, c’è una questione aperta con Vivendi, gruppo francese delle telecomunicazioni e proprietario da qualche anno (tramite partecipazioni dirette e indirette, ossia tramite altre società) del 23,7 per cento delle azioni dell’azienda. Con un accordo mai davvero rispettato Vivendi si era impegnata a uscire dal capitale di Mediaset, che oggi è MFE: secondo Mangano il socio francese sta tergiversando per capire se ci saranno riassetti che potrebbero consentirgli di restare nel capitale o addirittura di aumentare la sua quota.
Le prospettive di un cambiamento nella suddivisione delle azioni di Fininvest hanno fatto salire molto il valore delle azioni di MFE in borsa nel giorno della morte di Berlusconi. Fininvest ha pubblicato un comunicato in cui parla di «assoluta continuità» nella gestione delle aziende, ma le cose saranno davvero certe quando si capiranno i futuri assetti societari e le intenzioni degli eredi: il che vorrà dire decidere se continuare ad avere un atteggiamento di socio coinvolto nella gestione delle aziende o adottare invece un comportamento più passivo e limitarsi a percepire i dividendi.
Un’altra questione riguarda Mediolanum, di cui Fininvest ha il 30 per cento: a causa di una vecchia condanna penale di Silvio Berlusconi Fininvest avrebbe dovuto ridurre la sua quota sotto il 10 per cento. La cosa non era ancora definitiva perché si attendeva una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, ma con la morte di Berlusconi ora il procedimento perde qualsiasi ragion d’essere. Fininvest potrà quindi tenere intatta la sua partecipazione in Mediolanum.