La campagna pubblicitaria che cambiò il paesaggio spagnolo
Negli anni '70 le campagne si riempirono di installazioni a forma di toro che promuovevano un brandy, molte delle quali sono ancora lì
Viaggiando lungo le strade e le autostrade spagnole, tra campi, distese di ulivi e qualche mandria di bovini può capitare di imbattersi in una delle circa novanta installazioni a forma di toro che sono sparse in giro per il paese. Spesso queste installazioni sono sistemate in cima a lievi pendii, in modo da essere ben visibili dalla strada, e sono diventate così riconoscibili da essere considerate un simbolo nazionale. Anche se oggi sono viste come opere che fanno parte del paesaggio rurale a tutti gli effetti, le installazioni furono ideate negli anni Cinquanta per la campagna pubblicitaria di un marchio di brandy, il Veterano della Osborne, un’azienda con sede vicino a Cadice, in Andalusia.
La campagna per il “toro de Osborne” fu creata nel 1956 da Manolo Prieto, direttore dell’agenzia pubblicitaria Azor di Madrid, a cui venne l’idea piuttosto ingegnosa di usare un cartellone a forma di toro, anziché uno rettangolare con una banale scritta. In Andalusia gli allevamenti di tori erano molto diffusi e Prieto scelse di usarli per pubblicizzare il marchio perché erano estremamente riconoscibili ed erano visti come un simbolo di virilità, una caratteristica che immaginava avrebbe convinto molti uomini a comprarlo.
Il primo toro venne installato nel 1957 a Cabanillas de la Sierra, una cinquantina di chilometri a nord di Madrid: era alto circa 4 metri, era fatto di legno e conteneva la scritta “Veterano Osborne” dipinta di rosso, con un bicchiere di brandy che spuntava da sopra la N. Dal momento che le strutture in legno non erano molto resistenti alle intemperie, dal 1961 vennero sostituite da installazioni di metallo più grandi, alte circa 7 metri. Dall’anno successivo cominciarono a vedersene di dimensioni ancora maggiori, alte circa il doppio: l’obiettivo era che si vedessero ancora meglio, visto che una legge del 1962 aveva stabilito che tutte le pubblicità a bordo strada dovessero trovarsi ad almeno a 20 metri di distanza dalla carreggiata.
Gli anni Settanta furono il periodo di massima diffusione dei tori della Osborne: ce n’erano più di 500 in tutto il paese, compresi nell’arcipelago delle Baleari, in quello delle Canarie e nell’exclave di Ceuta, nella costa nord del Marocco. Erano diventati parte dell’immaginario collettivo e un punto di riferimento per chi viaggiava, tanto che a volte i bambini che si spostavano da una parte all’altra del paese in auto con le loro famiglie contavano quanti ne vedevano per far passare più velocemente il viaggio.
Sara Herrero, esperta di pubblicità dell’Universitat Jaume I di Castellón de la Plana, ha spiegato ad Atlas Obscura che i tori comparvero in un momento fondamentale per la formazione dell’identità spagnola: tra gli anni Sessanta e Settanta, nonostante la dittatura di Franco, il paese cominciò infatti ad aprirsi al mondo e a vendersi come un posto attraente per il turismo, per la gastronomia e per la cultura, che aveva diversi elementi unici come il flamenco e il combattimento con i tori (tauromachia).
Da allora i tori della Osborne comparvero in vari spot pubblicitari e in film come Prosciutto prosciutto, con Penelope Cruz. Furono reinterpretati da vari artisti, tra cui Keith Haring e Salvador Dalí, che disegnò un’etichetta speciale per il brandy. Nel tempo sono finiti anche su numerosi souvenir, con o senza l’autorizzazione della Osborne, che ne detiene i diritti e si occupa anche della loro manutenzione. Oggi ne sono rimasti una novantina, e l’Andalusia è la comunità dove se ne trovano di più, oltre venti.
Molte installazioni cominciarono a essere rimosse alla fine degli anni Ottanta, quando il governo spagnolo approvò una legge che vietò la presenza dei cartelloni pubblicitari lungo le strade al di fuori dei centri abitati per evitare che chi fosse alla guida potesse distrarsi. I tori però erano diventati così popolari che ci furono appelli per non farli togliere sia da parte di alcune comunità autonome che da varie associazioni culturali e personaggi famosi.
Inizialmente la Osborne tolse il proprio nome dalle installazioni in modo che non si potessero considerare vere e proprie pubblicità, ma venne multata e fece ricorso. Nel 1997 infine la Corte suprema spagnola stabilì che i tori potessero rimanere, visto che non rappresentavano più in maniera inequivocabile un marchio di brandy, ma erano diventati «qualcosa di decorativo e integrato nel paesaggio». Quelli che si trovano in Andalusia sono considerati patrimonio storico e culturale della comunità.
I tori della Osborne comunque non sono apprezzati da tutti gli spagnoli, e nel tempo sono anche stati sfruttati per gesti o proteste di natura politica o sociale.
Nel 2008 il gruppo ambientalista Greenpeace disegnò una mascherina sul muso di un toro in segno di protesta contro le emissioni inquinanti prodotte dal traffico automobilistico, mentre tre anni dopo a Maiorca un altro fu dipinto con i colori della bandiera arcobaleno, simbolo della comunità LGBTQ+. Nel 2017 un artista ne dipinse un altro ancora vicino ad Alicante con alcune delle figure più note della “Guernica”, il celebre dipinto di Pablo Picasso, per protesta contro la tauromachia.
In Catalogna, dove il movimento indipendentista è molto forte, non ce n’è invece neanche uno. Lì i tori della Osborne sono stati tutti rimossi perché venivano sistematicamente imbrattati e danneggiati da chi li vedeva come un simbolo di attaccamento alla Spagna.