Ciudadanos sta scomparendo
Quello che sembrava essere uno dei partiti politici spagnoli più promettenti non si presenterà alle prossime elezioni politiche, dopo gli ultimi disastrosi risultati
Il partito spagnolo Ciudadanos, liberale e di centro, ha deciso di non presentarsi alle elezioni politiche del 23 luglio a causa del risultato disastroso ottenuto alle amministrative che si sono tenute a fine maggio in alcune comunità autonome e grandi città. La decisione non implica comunque un immediato scioglimento di quello che fino a quattro anni fa era la terza formazione politica del paese: «Abbiamo avviato un processo di rinnovamento», ha detto il segretario Adrián Vázquez, ma non tutti sono convinti che l’operazione servirà a qualcosa.
Il 30 maggio, durante una conferenza stampa, Vázquez ha spiegato che il messaggio delle amministrative è stato «molto chiaro». Ciudadanos è passato dai quasi 2 milioni di voti ottenuti nel 2019 (pari all’8,7 per cento) a poco più di 300 mila voti (1,35 per cento) e non ha eletto alcun rappresentante nei dodici parlamenti regionali che sono stati rinnovati. Dei 2.787 consiglieri ottenuti quattro anni fa, ne ha mantenuti solo 392 e i migliori risultati li ha avuti in Aragona dove si è presentato in coalizione con una formazione locale.
Dopo questi risultati l’idea del partito, spiega El País, era comunque quella di partecipare alle elezioni generali, che si prevedeva si sarebbero svolte entro la fine dell’anno dando a Ciudadanos il tempo di riorganizzarsi. Ma la vittoria alle amministrative del Partito Popolare (PP), di destra, ha spinto il primo ministro socialista Pedro Sánchez a indire elezioni anticipate, stravolgendo dunque i piani di Ciudadanos.
La decisione di non candidarsi alle politiche del 23 luglio è l’ultimo episodio di una crisi che prosegue da tempo. Ciudadanos fu fondato a Barcellona nel 2006 da un gruppo di professori e intellettuali con l’obiettivo di creare una forza politica locale che fosse espressione della società civile, né di destra né di sinistra, e che potesse costituire una risposta alla crescita del separatismo catalano.
Nel 2006 il leader del nuovo partito fu scelto pescando il primo membro in ordine alfabetico dalla lista di persone che componevano il comitato esecutivo iniziale. Il primo cognome sorteggiato fu Argüellas, un ingegnere che però non aveva tempo per fare politica e che rifiutò. Allora fu proposto di scegliere in base al nome di battesimo e toccò ad Albert Rivera che si dimostrò un leader talentuoso e determinato, benché capitato a caso.
La prima campagna elettorale di Rivera alle elezioni locali in Catalogna divenne molto famosa perché si fece fotografare nudo e a figura intera per i manifesti e i volantini. Ciudadanos, che allora si chiamava Ciutadans, in catalano, ottenne tre deputati nel Parlamento locale e Rivera capì che era il momento di crescere a livello nazionale. Tra il 2013 e il 2014 la politica spagnola dovette affrontare la crisi economica e fu coinvolta in vari casi di corruzione che riguardavano soprattutto il Partito Popolare, ma che avevano indebolito anche il Partito Socialista (PSOE).
Già da qualche anno Podemos, a sinistra del PSOE, stava guadagnando consensi tra gli elettori progressisti, ma delusi. E Ciudadanos fece la stessa cosa ma da posizioni moderate, con l’intento di attirare soprattutto gli elettori stanchi del PP e i moderati del PSOE. La tattica si rivelò vincente: sia per Podemos che per Ciudadanos. I risultati elettorali di quest’ultimo continuarono a migliorare, mentre il PP perdeva consensi: nel 2015 il partito prese tre milioni e mezzo di voti ed elesse 40 deputati. Rivera cominciò ad essere paragonato al presidente francese Emmanuel Macron e a essere indicato come uno dei favoriti per ottenere la carica di presidente del governo.
Un anno dopo, nell’aprile del 2019, Ciudadanos ottenne il suo miglior risultato elettorale a livello nazionale: si classificò come terzo partito con il 15,9 per cento dei consensi e 57 deputati in parlamento.
Considerato il posizionamento centrista del partito, a molti sembrò scontato che Rivera dovesse allearsi con Pedro Sánchez, il leader del PSOE: assieme, Ciudadanos e PSOE avrebbero avuto 180 deputati, abbastanza per la maggioranza assoluta e per formare un governo stabile e riformista, con Sánchez come presidente e Rivera come vice.
Tuttavia, le cose andarono diversamente. Il leader di Ciudadanos si era spostato sempre più a destra, dove si collocava la maggior parte del suo elettorato: aveva cominciato ad ambire a sostituirsi al PP e a trasformare Ciudadanos nel principale partito del centrodestra spagnolo. Dunque Rivera rifiutò le offerte di alleanza di Sánchez, rese impossibile formare un governo e costrinse la Spagna alle quarte elezioni generali in meno di quattro anni. Gli elettori lo punirono: il partito perse 47 seggi e passò dal terzo al sesto posto, con appena 10 deputati. Già nelle cronache politiche di allora era piuttosto condivisa l’opinione che la decisione di non formare un governo con i Socialisti avesse portato Ciudadanos al disastro.
Tra le due elezioni, Ciudadanos decise inoltre di fare degli accordi con il PP per consentirgli di continuare a governare in tre comunità autonome. In ogni caso, Rivera si assunse la responsabilità della sconfitta nazionale, si dimise e abbandonò del tutto la politica, mentre Sánchez formò un governo con Podemos.
Alla fine del 2019 il posto di Rivera venne preso da Inés Arrimadas, che non riuscì però a risollevare il partito: Ciudadanos subì anzi diverse sconfitte a livello locale, compresa quella in Catalogna del 2021 quando passò da 30 a 6 deputati regionali. Arrimadas pensò dunque che potesse essere vincente la strategia di allontanarsi dal PP partendo proprio da quelle comunità autonome dove solo due anni prima Rivera aveva fatto degli accordi. Ma non andò bene. Nella Murcia, dove il PP governava con il sostegno di Ciudadanos e del partito di estrema destra Vox, Ciudadanos strinse un accordo con il PSOE per far cadere il governo locale: ma al momento del voto di sfiducia alcuni deputati locali di Ciudadanos si schierarono con il PP. Il governo rimase in carica e Ciudadanos fu costretto a uscire dalla coalizione.
Una mossa simile venne tentata da Ciudadanos nella comunità autonoma di Madrid, dove la situazione era la stessa della Murcia, ma la governatrice Isabel Díaz Ayuso li anticipò, indicendo nuove elezioni. Ciudadanos venne estromesso dal governo regionale e costretto ad affrontare elezioni per le quali non era preparato. A quel punto moltissime figure di spicco decisero di abbandonare il partito, accelerando un fenomeno che era già in corso nei mesi precedenti: decine di deputati locali e di dirigenti di alto livello di Ciudadanos si dimisero o passarono ad altri partiti, in particolare al PP.
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Una delle tappe più recenti della crisi di Ciudadanos sono state le elezioni in Andalusia del 2022 quando il PP era riuscito a ottenere la maggioranza assoluta in completa autonomia e Ciudadanos era completamente sparito dal parlamento andaluso: da 21 seggi a zero. Inés Arrimadas si era dimessa e il suo posto era stato preso da Patricia Guasp e Adrián Vázquez.
Dopo la decisione di non partecipare alle elezioni politiche del prossimo luglio molti importanti dirigenti di Ciudadanos hanno detto di non essere d’accordo chiedendo a Guasp e a Vázquez di dimettersi o di sciogliere il partito: «O un partito si presenta o si scioglie, non può ibernarsi per tenersi pronto per la prossima chiamata», ha detto ad esempio l’avvocato Francisco Igea, ex vicepresidente della comunità di Castilla y León. Igea ha anche dichiarato che lancerà «una piattaforma politica» che riunisca il centrodestra, con l’obiettivo di indebolire il PP e Vox. Dopo l’esito delle ultime elezioni amministrative, altri dirigenti se ne sono andati, compresa Inés Arrimadas che ha deciso di lasciare il suo ruolo di portavoce al Congresso e di ritirarsi dalla vita politica.