I figli di Enrico Berlinguer non vogliono che l’Unità ne usi una nota fotografia
«Per favore, lasciatelo in pace», hanno scritto in una lettera in cui chiedono che lo storico segretario del Partito Comunista Italiano non diventi «un brand pubblicitario»
Da metà maggio è tornato nelle edicole, oltre che con una nuova versione online, l’Unità, storico quotidiano di sinistra fondato nel 1924 da Antonio Gramsci. Negli ultimi anni l’Unità aveva avuto molti problemi e diverse crisi che nel 2017 portarono alla sua chiusura. È tornato quest’anno dopo essere stato acquistato a un’asta fallimentare da Alfredo Romeo, un discusso imprenditore napoletano che possiede anche Il Riformista, e sotto la direzione di Piero Sansonetti, che ha 72 anni ed era stato direttore di altri quotidiani, tra cui Il Riformista, oltre che giornalista dell’Unità.
Per promuovere il suo ritorno, l’Unità ha usato in questi giorni una fotografia scattata nel 1984 a Enrico Berlinguer, segretario del Partito Comunista Italiano, alcuni giorni prima della sua morte in seguito a un malore durante un comizio. Nella foto c’è Berlinguer con in mano una copia dell’Unità, allora ancora direttamente legata al suo partito, e con il grande titolo “Eccoci”.
Quella foto è stata riusata in questi giorni dall’Unità, cosa che non è piaciuta ai quattro figli di Berlinguer, che l’hanno fatto sapere attraverso una lettera scritta a Repubblica.
Quella stessa foto l’abbiamo rivista in questi giorni, utilizzata come spot pubblicitario, per promuovere l’uscita in edicola di un nuovo quotidiano che ha assunto un vecchio nome, l’Unità, diretto ora da Piero Sansonetti. Grande è stato il nostro sconcerto e, ancor più, la nostra amarezza. Da quella prima pagina sono passati, così come dalla morte di nostro padre, quasi quarant’anni e, nel frattempo, il mondo è totalmente cambiato. Tutto è mutato: da oltre tre decenni non esiste più il partito comunista italiano e nessuno di quell’antica leadership.
Nella lettera è poi scritto che «quello che torna oggi nelle edicole è un quotidiano interamente nuovo che dell’antico e glorioso giornale conserva solo il nome» e vengono fatte due domande:
Come spiegarsi, allora, sotto il profilo giornalistico, politico, culturale e anche morale la volontà di affermare a tutti i costi una continuità tra il giornale fondato da Antonio Gramsci e quello oggi in edicola?
E come spiegarsi che venga utilizzata una foto così significativamente legata al suo tempo e così, di quel tempo, potente espressione per pubblicizzare un prodotto inevitabilmente tutto diverso?
La lettera spiega poi che «la memoria storica appartiene a tutti», ma che «altra cosa è trasformare il suo ricordo [di Berlinguer] in un brand pubblicitario» e finisce così:
Per favore, lasciatelo in pace.
A inizio giugno, dopo che già erano state fatte critiche simili all’uso dell’immagine di Berlinguer, Sansonetti aveva scritto:
Certo, il Pci oggi non c’è più, e non possiamo tornare ad essere il giornale del Pci. Però l’idea per la quale siamo nati è quella di riprendere quello spirito. Quello sforzo di analisi, di elaborazione, di pensiero. Quella filosofia. Quei punti di riferimento ideali. Perché il Pci non c’è più, e il Pci fu un partito criticabilissimo per molti aspetti (la libertà, il garantismo…) ma fu un luogo eccezionale di creazione politica, di cultura, di lotta, di intelligenza, di passione e di altruismo. Noi vogliamo ridare vita e anima a quello spirito. E all’immagine di Berlinguer che sfilava perché voleva opporsi al taglio della scala mobile. E partendo da lì, lavorare per aiutare la nascita di una sinistra nuova, spavalda, che sappia tenere insieme i valori essenziali della modernità, e cioè la libertà e l’uguaglianza.