Le pubblicità bloccate per greenwashing nel Regno Unito
L'ente che regolamenta la pubblicità ha stabilito che gli spot di Shell e di altre società di combustibili fossili sono ingannevoli
L’Advertising Standards Authority, l’ente di autoregolamentazione del settore pubblicitario del Regno Unito, mercoledì 7 giugno ha deciso di vietare la pubblicazione di una campagna pubblicitaria della multinazionale britannica Shell, una delle aziende più importanti del mondo del settore petrolifero, petrolchimico e dell’energia. Le pubblicità che compongono la campagna sono state considerate ingannevoli per i consumatori, dal momento che mostrerebbero solo processi di produzione di energia tramite l’uso di fonti rinnovabili e non inquinanti, distorcendo la realtà. La maggior parte degli affari di Shell dipende ancora dai combustibili fossili.
La campagna pubblicitaria sanzionata è composta da una serie di video promozionali diffusi online e in televisione, oltre che da alcune affissioni. Le motivazioni fornite dall’Advertising Standards Authority riguardano l’assenza di trasparenza di Shell sul fatto che quest’ultima impieghi quasi esclusivamente combustibili fossili per produrre energia, mentre all’interno dei filmati si parlava quasi esclusivamente di energia da fonti rinnovabili grazie alla quale Shell sosteneva di collaborare al processo di transizione energetica del Regno Unito.
In risposta alla decisione un portavoce di Shell ha sostenuto che la pubblicità riguardasse solo il lavoro di una sussidiaria dell’azienda, Shell Energy UK, che si occupa di distribuzione di energia elettrica nel Regno Unito. Ha aggiunto poi che i consumatori sarebbero consapevoli delle responsabilità ambientali dell’azienda principale e del loro impiego di combustibili fossili.
Secondo l’Advertising Standards Authority, che ha deciso di non revocare il bando per la campagna, le pubblicità inducevano il pubblico a convincersi di un impegno ambientale da parte di Shell che non corrisponderebbe alla realtà: la dirigenza di Shell, che nel 2021 si era impegnata a raggiungere la condizione di “emissioni nette zero” entro il 2050, nello stesso anno aveva anche presentato un piano per aumentare di un quinto i propri investimenti nell’estrazione di gas naturale.
Altre decisioni simili hanno riguardato in questi giorni la società spagnola Repsol e la società malese Petronas, obbligate dall’Advertising Standards Authority a ritirare le proprie pubblicità più o meno per le stesse ragioni. Tra marzo e aprile del 2023 l’ASA aveva invece respinto le campagne pubblicitarie di due compagnie aeree: una di Etihad Airways, la compagnia aerea di bandiera degli Emirati Arabi Uniti, e una di Lufthansa, la principale compagnia aerea della Germania, accusate entrambe di ingannare i consumatori riguardo al vero impatto ambientale dei voli aerei.
Shell, tra le offerte della sua sussidiaria che si occupa di energia, propone effettivamente alternative energetiche più rispettose dal punto di vista ambientale: ma lo fa in misura che secondo molti è insufficiente, motivo per cui riceve spesso critiche da gruppi ambientalisti. A maggio del 2023 alcuni attivisti per il clima avevano protestato durante una riunione degli azionisti, sostenendo che Shell non si starebbe impegnando abbastanza per ridurre le proprie emissioni di gas serra e accusandola di promuovere iniziative di greenwashing, o “ambientalismo di facciata”, con iniziative simili alla campagna pubblicitaria in questione.
Shell è stata fondata nel 1907 con la fusione di una società olandese e una britannica, per competere con la statunitense Standard Oil, che all’epoca era la principale protagonista del mercato petrolifero. Nel corso degli anni ha ricevuto molte critiche da parte di gruppi ambientalisti e studiosi: le aziende che operano nel settore petrolifero sono tra quelle che emettono la maggior quantità di gas serra nell’atmosfera e contribuiscono in misura maggiore al fenomeno del riscaldamento globale. Enrico Mattei, che fu responsabile dell’azienda energetica italiana ENI negli anni precedenti la sua morte avvenuta nel 1962, inserì Shell tra quelle che definiva “le sette sorelle”, le maggiori compagnie petrolifere fino a tutti gli anni Settanta del Novecento.
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Shell è una delle principali distributrici al dettaglio di combustibili fossili: possiede 150mila stazioni di rifornimento in tutto il mondo. Per l’estrazione, la lavorazione, la distribuzione e il consumo dei carburanti che ha venduto nel 2022 Shell ha dichiarato di aver emesso 1.232 milioni di tonnellate di anidride carbonica (CO2): meno rispetto agli anni precedenti (nel 2018 ne aveva emessi 1.719 milioni). Questa riduzione non è però la conseguenza diretta di scelte più sostenibili: dipende in gran parte dalla contrazione del mercato dei combustibili fossili in seguito alla crisi energetica successiva all’invasione russa e alla guerra in Ucraina.
I progetti di recupero della CO2 emessa che Shell propone rappresentano una porzione molto piccola della riduzione delle emissioni degli ultimi anni. Il 2022 è stato l’anno in cui Shell ha guadagnato più soldi dalla sua fondazione, con un utile di 40 miliardi di dollari.