La pessima esperienza di Michel Houellebecq come attore porno, o forse no
Nel suo ultimo libro lo scrittore racconta i guai seguiti alla partecipazione al progetto di un collettivo artistico olandese, ma non tutti gli credono
Lo scrittore Michel Houellebecq è spesso molto discusso sui giornali, non solo in Francia, il suo paese, ma anche in Italia perché, oltre a essere molto famoso e apprezzato come autore da un gran numero di lettori, nei suoi romanzi tratta temi controversi e quando viene intervistato esprime di frequente opinioni politiche estreme, negli ultimi anni soprattutto a proposito dell’immigrazione – è contrario all’accoglienza dei migranti – e delle persone musulmane, o misogine.
Quest’anno però si è parlato di lui soprattutto per via del trailer di un film del collettivo artistico olandese KIRAC e di ciò che è successo dopo. Il trailer, messo online a gennaio e poi rimosso, mostrava Houellebecq nudo in un letto che baciava una giovane donna sulla bocca, mentre una voce fuori campo, quella dell’artista e regista Stefan Ruitenbeek, capo di KIRAC, spiegava di aver invitato lo scrittore ad Amsterdam per fargli conoscere delle ragazze che avrebbero voluto fare sesso con lui. In poco tempo online si è cominciato a parlare del progetto di KIRAC – i cui precedenti film sono distribuiti anche dalla piattaforma di streaming Mubi – come del «porno di Houellebecq».
Lo scrittore ha poi fatto causa a Ruitenbeek sia in Francia che nei Paesi Bassi, bloccando finora l’uscita del film di KIRAC. E ora è da poco uscito, sia in francese che in italiano, un libro in cui Houellebecq racconta la sua versione di tutta la storia: Qualche mese della mia vita.
Il libro è pubblicato in Italia, nella traduzione di Milena Zemira Ciccimarra, da La nave di Teseo, attuale casa editrice di quasi tutti i suoi romanzi compreso quello che nel 1998 lo rese celebre nel mondo, Le particelle elementari. È invece pubblicato ancora da Bompiani, l’editore precedente, Sottomissione, il romanzo in cui si immagina una Francia governata da un partito islamico tradizionalista che per un caso uscì nello stesso giorno dell’attentato alla sede di Charlie Hebdo nel 2015. Houellebecq, che oggi ha 67 anni, è generalmente riconosciuto come uno scrittore letterario capace e un intellettuale anticonformista, ma fin dall’inizio della sua carriera e sempre di più col passare del tempo sia lui sia i suoi libri hanno infastidito molte persone, per i personaggi e le storie legate a idee estremamente nichiliste, misogine o discriminatorie.
Qualche mese della mia vita è lungo 105 pagine e inizia con i conflitti di Houellebecq con la comunità musulmana francese causati da una sua discussa intervista – l’ennesima – del dicembre del 2022, e poi mescola una cronaca dei periodi immediatamente precedente e successivo a considerazioni autobiografiche più estemporanee sulle sue abitudini sessuali, sui suoi consumi televisivi e librari, oltre che più in generale sulle sue convinzioni.
I fatti al centro del libro, al netto delle differenze tra come li racconta Houellebecq e come invece li ha riferiti Ruitenbeek, sono questi: lo scorso ottobre l’artista olandese si propose di organizzare un incontro sessuale a tre tra lo scrittore, sua moglie e un’altra donna e di filmarlo; Houellebecq e la moglie accettarono e l’incontro e le riprese avvennero, a Parigi.
In Qualche mese della mia vita Houellebecq spiega la decisione di accettare la proposta di Ruitenbeek dicendo in sostanza di averlo fatto per tre ragioni: il desiderio di avere un video pornografico suo e della moglie da poter guardare, la vanità di essere apprezzato come scrittore dall’altra donna al punto da voler fare sesso con lui, e infine il semplice piacere derivante da un atto sessuale con due donne. Houellebecq sostiene che per lui l’esperienza non fu soddisfacente e anche per questo decise di «non accettare più di figurare in qualsivoglia filmato pornografico» girato da Ruitenbeek, affermazione che tuttavia appare in contraddizione con il suo comportamento successivo.
Tornando ai fatti, dopo l’incontro e le riprese di Parigi, Ruitenbeek invitò Houellebecq ad Amsterdam proponendogli incontri sessuali con altre donne. All’arrivo dello scrittore nei Paesi Bassi, Ruitenbeek gli fece subito firmare un contratto che in sostanza lo autorizzava a usare come voleva qualunque ripresa di Houellebecq realizzata tra il primo novembre 2022 e tutto l’anno successivo; intanto lo stava sempre filmando. Poi portò nella camera d’albergo dello scrittore tre donne, sempre filmando: in quelle occasioni – da cui provengono le immagini di Houellebecq nudo a letto diffuse nel trailer – non ci furono atti sessuali.
La parte di Qualche mese della mia vita in cui Houellebecq dice come mai decise di andare ad Amsterdam è la meno credibile:
Può sembrare incomprensibile che io abbia accettato, e in effetti, se avessi potuto prevedere ciò che ne sarebbe derivato, non l’avrei di certo fatto, e col senno di poi, le mie ragioni appaiono anche a me molto deboli. Anzitutto, mi erano sempre piaciuti i treni Thalys, ma fino ad allora non ero mai andato oltre Bruxelles; l’idea di spingermi più a nord era allettante. Avevo effettuato diversi soggiorni brevi ad Amsterdam, quasi sempre in occasione dell’uscita dei miei libri, e una volta per lavorare con Erik Lieshout e la sua troupe. Quella città mi era sembrata bella e pacifica, sebbene non avessi mai avuto davvero il tempo di visitarla. Inoltre avrei soggiornato all’Ambassade, un tipico hotel “de charme” – lo stesso in cui ero sempre stato durante i miei precedenti viaggi ad Amsterdam – dove, forse in qualità di vecchio cliente, beneficiavo di un privilegio divenuto ormai eccezionale: quello di poter fumare in camera.
Per quanto riguarda la firma del contratto, che è riportato interamente tradotto in italiano all’interno del libro, Houellebecq dice che di fatto non lo lesse davvero, o comunque non si rese conto di cosa implicasse. Riferendosi a Ruitenbeek col nome dispregiativo «lo Scarafaggio», scrive sbrigativamente: «Lo Scarafaggio sfoderò un contratto, presentandolo come una noiosa ma banale formalità, che ci toccava espletare il più rapidamente possibile».
A fine gennaio, dopo la diffusione del trailer, Houellebecq decise di far causa a Ruitenbeek per impedire che facesse uscire il film. In Francia la vicenda giudiziaria si è risolta a marzo in favore dell’artista olandese. Nei Paesi Bassi, dopo una prima sconfitta di Houellebecq, l’appello si è risolto in suo favore: a metà maggio un tribunale ha stabilito che Ruitenbeek dovrà far vedere il film completo a Houellebecq almeno un mese prima della sua distribuzione, che se non lo farà dovrà subito pagare una multa di 25mila euro; se Houellebecq avrà qualcosa da ridire sul film potrà nuovamente rivolgersi a un tribunale olandese, in assenza di accordi privati con Ruitenbeek.
Alcuni giorni dopo la sentenza e dopo l’uscita in francese di Qualche mese della mia vita Houellebecq ha partecipato a un evento organizzato ad Amsterdam dall’artista Tarik Sadouma, che fino a poco tempo fa faceva parte del collettivo KIRAC ma ne è uscito per il conflitto nato tra lo scrittore e Ruitenbeek. Ruitenbeek si è presentato all’evento indossando un costume da scarafaggio, come viene identificato in Qualche mese della mia vita. Anche in questa occasione Ruitenbeek aveva una telecamera e ha documentato gli eventi.
In Qualche mese della mia vita Houellebecq non commenta questi ultimi sviluppi perché il libro termina il 16 aprile, due giorni prima della prima udienza di appello.
Nel libro Houellebecq definisce più volte «idioti» certi suoi comportamenti, ma descrive anche Ruitenbeek come una persona malvagia oltre che un artista mediocre. Né il libro, né gli articoli di giornale sulle vicende processuali attorno al film e la serie di podcast olandesi (con sottotitoli in inglese) che contengono la versione della storia di Ruitenbeek e di varie persone a lui vicine tolgono del tutto il dubbio che l’intera vicenda possa essere una sorta di performance artistica su cui l’artista-regista e Houellebecq siano in realtà d’accordo.
Come spiegano un articolo del quotidiano olandese de Volkskrant e un altro del New York Times, i film di KIRAC sono di solito un misto apparente tra documentari e mockumentary (i documentari finti che non dicono di essere finti) che solitamente parlano del mondo dell’arte, delle sue contraddizioni e dei confini tra realtà e finzione. Contengono dure critiche a grandi istituzioni culturali e a noti intellettuali, alcuni dei quali generalmente stimati, come l’architetto Rem Koolhaas, altri perlopiù odiati come il filosofo e attivista di estrema destra olandese Sid Lukkassen; quest’ultimo è il protagonista del più noto film di KIRAC, Honeypot, in cui una giovane donna presentata come una studentessa di sinistra fa sesso con lui con il fine dichiarato di trovare uno spazio di comunicazione nonostante punti di vista molto lontani.
Il collettivo è composto principalmente da Ruitenbeek e da Kate Sinha, peraltro compagna del regista nonché sceneggiatrice dei film (Houellebecq la chiama «la Vipera»), e il suo nome è un acronimo di “Keeping It Real Art Critics”, che si potrebbe tradurre come “Critici d’arte sinceri”. I loro film sono difficili da interpretare anche perché intenzionalmente non sono ben chiare le opinioni degli artisti. Nel mondo dell’arte contemporanea olandese sono ritenuti controversi, provocatori o semplicemente poco seri. Nel tempo hanno offeso o suscitato critiche da moltissime persone, sia con idee di destra che di sinistra.
Parlando al New York Times di KIRAC e Houellebecq, il curatore e professore dell’Accademia reale delle belle arti di Gand Simon Delobel ha detto che nel mondo dell’arte «tutti si stanno domandando se stiano facendo un gioco e siano d’accordo». Di certo «sanno bene che questa storia può essere interpretata come una grossa trovata». Ruitenbeek e Sinha tuttavia lo negano e hanno detto che non avrebbero voluto trovarsi in tribunale con Houellebecq, che ritengono «un genio», e che avevano deciso di coinvolgere nel loro progetto perché lo ammirano come scrittore: vorrebbero piuttosto trovare un punto d’incontro con lui.