Com’è la situazione sulla Marmolada
Dopo la valanga della scorsa estate il sindaco di Canazei ha spiegato che serve ancora prudenza, perché «la situazione è peggiore rispetto ad un anno fa»
Durante un incontro pubblico organizzato dal comune di Canazei, in provincia di Trento, il sindaco Giovanni Bernard ha annunciato che nei prossimi mesi estivi la parte superiore della Marmolada sarà probabilmente chiusa. Il comune sta valutando di impedire le escursioni nel tratto che da Pian dei Fiacconi porta alla cresta compresa tra Punta Rocca e Punta Penia, il versante dove il 3 luglio dello scorso anno undici persone morirono in seguito al crollo di un’enorme porzione del ghiacciaio. Il sindaco ha spiegato che serve ancora molta prudenza.
La Marmolada è sotto stretta osservazione dal momento della tragedia, quando circa 64mila tonnellate di acqua, ghiaccio e detriti diedero origine a una valanga che travolse e uccise 11 alpinisti, ferendone altri sette. Negli ultimi mesi alcuni esperti hanno indagato sulle ragioni del crollo. Sono stati raccolti dati molto dettagliati sui movimenti del ghiaccio, sulla temperatura e sulle precipitazioni. Il crollo è avvenuto alla quota di 3.212 metri, la parte più alta del versante settentrionale della Marmolada: ha interessato un piccolo ghiacciaio che fino a un decennio fa faceva parte del ghiacciaio più grande.
In un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Geomorphology, il docente di Geografia Fisica e Geomorfologia dell’università di Padova Aldino Bondesan ha spiegato che il crollo è stato causato da un significativo volume di acqua creato dal disgelo, causato a sua volta dalle temperature anomale registrate nella primavera e nell’estate dello scorso anno. Al momento della valanga erano stati raggiunti 10,7°C. La fitta rete di crepacci e la morfologia della montagna hanno favorito la pressione causata dall’eccesso di acqua di fusione. La presenza di molta acqua liquida sul ghiacciaio ha fatto staccare, ha spinto e poi ha fatto scivolare a valle una estesa porzione di ghiaccio.
L’andamento anomalo della temperatura era già stato analizzato dall’Istituto di Scienze Polari del CNR subito dopo il crollo: tra maggio e giugno dello scorso anno la temperatura media era stata di 2 gradi superiore alla media del periodo tra il 2008 e il 2021, e per quanto riguarda le precipitazioni nevose invernali, il trimestre tra il dicembre 2021 e febbraio 2022 è stato uno dei dieci più secchi e più caldi dal 1921.
La scorsa settimana il sindaco di Canazei ha detto che anche negli ultimi mesi le temperature sono state al di sopra della media: «in Marmolada è nevicato nelle settimane scorse, ma non a sufficienza per poter stare tranquilli. Le precipitazioni non hanno compensato la carenza di neve dell’inverno scorso. Anzi, la situazione è peggiore rispetto ad un anno fa». Al momento non sono ancora disponibili studi approfonditi sull’andamento delle temperature negli ultimi mesi.
Il divieto che il comune vuole introdurre è meno restrittivo rispetto a quello approvato lo scorso anno dopo il crollo. Il 6 luglio, tre giorni dopo la valanga, un’ordinanza istituì il divieto di camminare sui sentieri e sul ghiacciaio nei cinque punti di accesso alla montagna. Oltre che per la sicurezza degli escursionisti, i cartelli di divieto erano stati messi per impedire il cosiddetto “turismo dell’orrore”, cioè l’arrivo di persone che visitano i luoghi dove ne sono morte altre. Secondo la Protezione civile, il divieto è stato rispettato nonostante dall’autunno in poi i controlli siano stati più laschi.
Alla metà di novembre l’accesso alla Marmolada era stato riaperto, anche se non del tutto, per l’apertura della stagione sciistica. Il rifugio sul versante nord della montagna, Capanna Ghiacciaio Marmolada, a circa 2.700 metri di quota, è rimasto chiuso e non riaprirà nemmeno la prossima estate. La struttura si trova in un’area ritenuta ancora pericolosa, in cui il rischio di crolli del ghiaccio è considerato elevato nonostante l’abbassamento delle temperature. Non ci sono restrizioni, invece, per le escursioni sul versante occidentale della montagna fino a Punta Penia, dove nei giorni scorsi è stato riaperto il rifugio Capanna Punta Penia. Al momento, tuttavia, le condizioni della neve non sono ancora ottimali per salire.
I movimenti del ghiaccio e della neve continueranno a essere osservati da strumenti che misurano i cosiddetti parametri nivometeorologici, principalmente la temperatura e l’accumulo di neve, per prevedere le valanghe. Fino al settembre dello scorso anno, l’area del ghiacciaio era stata controllata da una squadra di esperti coordinata da Nicola Casagli, professore di Geologia applicata all’università di Firenze, a cui la Protezione civile aveva commissionato lo studio dei movimenti del ghiacciaio nella fase dell’emergenza.
Erano stati installati due interferometri radar, che consentivano di sorvegliare i movimenti più lenti del ghiacciaio, e un radar doppler che invece era collegato a un sistema di sirene e serviva a dare allarmi in caso di distacco di grossi blocchi. Questi strumenti sono stati rimossi dopo la conclusione della campagna di osservazione. Negli ultimi mesi la Protezione civile di Trento ha tenuto sotto osservazione il ghiacciaio e la montagna con rilievi continui dei movimenti e delle temperature: al momento non sono previsti sistemi di allarmi che si attivano automaticamente in caso di movimenti anomali.