C’è molta politica dietro al matrimonio reale in Giordania
Si è celebrato giovedì tra il principe ereditario giordano e l'esponente di un'importante famiglia saudita
Giovedì ad Amman, la capitale della Giordania, si è tenuto il matrimonio tra Hussein (nome completo: Al Hussein bin Abdullah II), il principe ereditario del paese, e Rajwa Alseif (nome completo: Rajwa Khaled bin Musaed bin Saif bin Abdulaziz al Saif), un’architetta che fa parte di una delle più ricche e influenti famiglie dell’Arabia Saudita. È probabilmente uno dei più importanti matrimoni reali del Medio Oriente, sia per la celebrità della famiglia reale giordana sia perché l’unione del principe ereditario giordano e di un’importante esponente della classe dirigente saudita potrebbe avere conseguenze notevoli in Giordania e nel resto della regione.
Negli ultimi anni Giordania e Arabia Saudita hanno avuto un rapporto stretto ma a volte turbolento, e il matrimonio reale potrebbe portare a un suo rafforzamento. La Giordania è un paese piccolo e relativamente povero, la cui economia dipende in buona parte dagli aiuti dei ricchi paesi del Golfo come l’Arabia Saudita. Al tempo stesso la famiglia reale ha una storia secolare e numerosi elementi che la rendono una delle più prestigiose della regione: la dinastia hashemita, cioè la dinastia reale, secondo la tradizione discende direttamente da Maometto. Da oltre cent’anni inoltre gode del titolo di custode dei luoghi santi a Gerusalemme (titolo ormai onorifico, ma comunque importante).
Formalmente la Giordania è una monarchia costituzionale, ma in realtà il re ha poteri esecutivi e legislativi estremamente ampi. Nomina il primo ministro, il Senato e la Corte costituzionale ed è il comandante in capo dell’esercito. La Camera sarebbe democraticamente eletta, ma le elezioni sono considerate soltanto parzialmente libere. I media e i diritti civili sono fortemente limitati. Nonostante questo, la Giordania è uno dei paesi più stabili della regione (se paragonata per esempio al vicino Libano) e uno di quelli in cui, sebbene il sistema di governo non sia libero, è relativamente moderato dal punto di vista religioso e non ostile all’Occidente.
Il principe Hussein è figlio primogenito di re Abdullah II e di sua moglie, la regina Rania, una delle coppie reali più famose del mondo. Il principe ha 28 anni, ha studiato Storia negli Stati Uniti e parla un inglese fluente (come suo padre, che crebbe in un ambiente anglofono e soprattutto all’inizio del suo regno parlava inglese meglio dell’arabo, la lingua che parlano i suoi sudditi). Non ci si aspetta che Hussein diventi re a breve: l’attuale re Abdullah II ha 61 anni ed è quindi relativamente giovane. Ma Hussein ha già cominciato a partecipare a incontri diplomatici e a visite di stato assieme a suo padre, per abituarsi ai compiti da re.
Rajwa Alseif ha 29 anni e ha studiato architettura in una prestigiosa università degli Stati Uniti, per poi passare a un corso di studi in moda e design a Los Angeles. La sua famiglia è una delle più rilevanti dell’Arabia Saudita: sua madre è imparentata con re Abdulaziz al Saud, il fondatore della dinastia saudita, mentre suo padre è un esponente della tribù Subai, una delle più importanti della penisola arabica. La famiglia controlla la El Seif Engineering Contracting, una della compagnie di costruzioni più importanti della regione, che tra le altre cose ha costruito anche il Kingdom Center, uno dei grattacieli più riconoscibili di Riad, la capitale saudita.
Il matrimonio reale giordano arriva in un momento piuttosto turbolento per la famiglia. Da oltre due anni il principe Hamzah, fratellastro di re Abdullah II e zio del principe Hussein, si trova agli arresti domiciliari dopo essere stato accusato di aver tramato per detronizzare Abdullah. Hamzah era stato principe ereditario del regno fino a che Abdullah, nel 2004, gli aveva tolto il titolo per darlo a suo figlio Hussein, che al tempo aveva soltanto 10 anni (Hussein fu formalmente nominato erede al trono cinque anni dopo).
Da allora, i due fratellastri Abdullah II e Hamzah si sono progressivamente distanziati, fino a che ad aprile del 2021 Hamzah fu arrestato assieme ad altre 18 persone a lui fedeli, con l’accusa di pianificare atti sovversivi contro la monarchia in associazione con una «potenza straniera» non meglio identificata. Molte analisi ritengono che quella potenza straniera fosse proprio l’Arabia Saudita, a cui Hamzah, tramite collaboratori e sodali, era molto vicino.
Ora il matrimonio tra Hussein e un’importante esponente saudita potrebbe diventare un modo per sistemare i rapporti.
I matrimoni nella famiglia reale giordana hanno da sempre un valore simbolico e diplomatico. Il padre dell’attuale re Abdullah II ebbe quattro mogli, due delle quali occidentali (un’americana e una britannica) in un periodo in cui i rapporti tra Giordania e Occidente erano particolarmente importanti. L’attuale regina, Rania, è palestinese, e il loro matrimonio avvenne in un momento in cui la questione palestinese era una delle più rilevanti nella regione. Anche oggi alcuni analisti tentano di vedere un significato al matrimonio tra il principe ereditario giordano e una donna saudita.
La Giordania è un paese senza risorse naturali e con un’economia estremamente dipendente dagli aiuti di grandi paesi come quelli del Golfo. Al tempo stesso, per la sua posizione strategica e per la moderazione della sua politica, è sempre stato tenuto in grande considerazione all’interno della comunità internazionale: i sovrani giordani sono storici alleati degli Stati Uniti e dell’Occidente. La Giordania è anche geograficamente molto centrale: confina con Israele, la Siria, l’Iraq, e anche per questo ha spesso avuto ruoli diplomatici importanti.
Avvicinarsi a un paese grande e ricco come l’Arabia Saudita, in questo senso, potrebbe servire alla Giordania per attrarre investimenti e aiuti economici. Al tempo stesso, man mano che l’Arabia Saudita si sta allontanando dall’Occidente, per la Giordania mantenere un legame forte con il paese potrebbe significare perdere la sua storica funzione di luogo neutrale e unanimemente rispettato all’interno del Medio Oriente.