Il governo vuole limitare i controlli della Corte dei conti sul PNRR
È stato inserito un emendamento in un decreto-legge in fase di conversione che le impedisce di esprimersi sui singoli progetti
Mercoledì il governo di Giorgia Meloni ha inserito in un decreto-legge in fase di conversione in legge un emendamento per limitare il potere di controllo della Corte dei conti sull’attuazione del PNRR, il piano nazionale di ripresa e resilienza con cui il governo intende spendere i finanziamenti europei del bando Next Generation EU, chiamato anche Recovery Fund.
La Corte dei conti è l’organo costituzionale che ha il compito di controllare i conti dello Stato ed evitare sprechi di soldi pubblici: negli ultimi mesi ha pubblicato alcune relazioni per indicare i ritardi e i problemi che si stanno accumulando sul PNRR, secondo alcuni esponenti del governo uscendo dalle proprie competenze perché i controlli spetterebbero solo alla Commissione Europea che invia i finanziamenti. Questa settimana i giornali avevano anticipato l’intenzione del governo di limitare questi controlli, ma la Corte dei conti aveva risposto dicendo che quello è il suo lavoro, previsto dalla legge.
– Leggi anche: Cosa fa la Corte dei conti
L’emendamento è stato inserito nel cosiddetto “decreto PA”, un decreto-legge sulla pubblica amministrazione che non ha a che fare col PNRR: inserire norme poco pertinenti dentro decreti-legge in discussione è un’abitudine ormai consolidata di molti governi che consente di approvare quei singoli provvedimenti più velocemente. I decreti-legge che entrano subito in vigore devono infatti essere convertiti in legge dal parlamento entro 60 giorni. Il decreto PA è stato approvato lo scorso 22 aprile, perciò dovrà essere convertito prima della fine del mese. La discussione per la conversione alla Camera è fissata per lunedì 5 giugno, poi toccherà al Senato. L’ampia maggioranza parlamentare del governo permetterà di approvarla senza troppi problemi.
L’emendamento prevede in particolare una modifica a un decreto-legge del luglio del 2020 (poi convertito), che accordava alla Corte dei conti il cosiddetto “controllo concomitante” «sui principali piani, programmi e progetti relativi agli interventi di sostegno e rilancio dell’economia nazionale», quindi anche sul PNRR. Il controllo concomitante è la funzione della Corte dei conti che consente ai magistrati contabili di intervenire con controlli continui e relazioni su un singolo progetto, avvertendo il governo di potenziali problemi come è avvenuto sul PNRR per gli asili nido o le infrastrutture idriche. Il nuovo emendamento inserisce nella legge del 2020 la frase esplicita «ad eccezione di quelli previsti o finanziati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza», escludendo così che la Corte dei conti possa esercitare il controllo concomitante sui progetti del PNRR.
Il governo Meloni deposita in commissione Affari Costituzionali e Lavoro un emendamento per evitare che la Corte dei Conti svolga il controllo sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza pic.twitter.com/4ouFPEyWw2
— Giacomo Salvini (@salvini_giacomo) May 31, 2023
Se l’emendamento sarà approvato, alla Corte dei conti resterà comunque un compito più generale di controllo sulle spese e l’efficienza dei bandi del PNRR, sulla base del quale continuerà a presentare ogni sei mesi una relazione al parlamento sullo “stato di attuazione del PNRR”, come ha fatto finora. Non potrà però esaminare i singoli progetti.
Le opposizioni hanno giudicato gravi i limiti che il governo vuole imporre alla Corte dei conti: tra gli altri Antonio Misiani, responsabile economico del Partito Democratico, lo ha definito «una inaccettabile forzatura», che «cambia in corso d’opera delicati equilibri istituzionali». Il ministro Raffaele Fitto, che ha la delega al PNRR e mercoledì ha presentato in una conferenza stampa la relazione semestrale del governo sullo stato di attuazione del piano, ha sostanzialmente negato che il governo voglia limitare il lavoro della Corte dei conti, sostenendo che il “controllo concomitante” non sia mai stato attuato da quando esiste, cioè dal 2009.
Lo stesso emendamento prevede anche il rinnovo fino al 30 giugno 2024 del cosiddetto “scudo erariale”, introdotto dal governo Conte e confermato dal governo Draghi fino al 30 giugno di quest’anno: è uno strumento che limita le contestazioni per danno erariale (cioè quando viene causata una perdita di denaro o beni allo Stato) ai soli casi di dolo, cioè di volontà nel procurare il danno, escludendo la colpa grave dei funzionari pubblici.