La storia di un quadro arancione che conosciamo tutti
La maggior parte di noi non ne conosce il nome né l'autore, pur avendolo visto un po' dappertutto
Uno studio preparatorio del celebre dipinto Flaming June del pittore inglese Frederic Leighton sarà esposto dal prossimo 7 giugno al Leighton House Museum, il museo a lui dedicato che si trova a Londra. Lo studio ritrae lo stesso soggetto dell’opera finale, una donna che dorme rannicchiata sopra una panca in marmo e che indossa un abito semitrasparente di un arancione appariscente: il colore dell’abito, che inizialmente fu anche motivo di critiche nei confronti di Leighton perché troppo sgargiante, divenne insieme alla posa della protagonista – ispirata secondo alcuni alla Notte di Michelangelo ospitata nelle Cappelle Medicee a Firenze – la ragione principale della fama dell’opera, della sua secolare attrattiva e anche della sua larga diffusione in riproduzioni e riutilizzi di moltissimi generi, sulle pareti dei soggiorni, sulle copertine delle riviste, sugli sportelli dei frigoriferi, sui social network.
Lo studio preparatorio che sarà esposto al Leighton House Museum fu realizzato con pitture a olio su tela come l’opera definitiva, ma è più piccolo (e ha una storia meno travagliata). Dapprima l’immagine doveva far parte di una composizione più estesa ma Leighton si convinse poi a isolarla in una tela propria: l’identità della persona raffigurata non è sicura ma si ritiene che fosse una delle due modelle scelte più spesso da Leighton anche per altre opere, più probabilmente Dorothy Dene. Il quadro finale è quadrato, misura 1 metro e 20 per lato ed è stato dipinto nel 1895; fu una delle ultime opere di Leighton – che morì pochi mesi dopo a 65 anni – e ottenne subito larghi apprezzamenti. La rivista britannica The Graphic (che non esiste più dal 1932) la acquistò e ne fece stampare riproduzioni a colori da offrire insieme al numero di Natale del 1895: il quadro fu poi dato in prestito all’Ashmolean Museum di Oxford dove rimase per trent’anni, ma i suoi destini nei decenni successivi non sono stati ricostruiti.
La notizia successiva è che negli anni Sessanta del Novecento un muratore trovò la tela sopra o dietro un camino di una casa del quartiere londinese di Battersea (anche su questo ci sono versioni variabili), e la portò in un negozio di antiquariato. C’è la curiosa testimonianza di Andrew Lloyd Webber, che sarebbe diventato un celebre compositore britannico ma ai tempi era uno studente con la passione per l’arte vittoriana, che raccontò poi di averla notata e averla voluta comprare: e di aver chiesto in prestito 50 sterline a sua nonna, ma che lei gli rispose di non volere “spazzatura vittoriana” nel suo appartamento. Le opere del periodo vittoriano (quello associato al regno della regina Vittoria, dal 1837 al 1901), passate di moda dopo l’inizio del secolo, vennero rivalutate solamente a partire dagli anni Ottanta.
Per passaggi altrettanto ignoti Flaming June riapparve pubblicamente nel 1963 quando venne acquistata per circa mille dollari ad Amsterdam da Luis A. Ferré, un industriale e filantropo, futuro governatore di Porto Rico, dopo che la tela non aveva ricevuto offerte sufficienti a un’asta. Ferré la incluse nella collezione del museo di Ponce, a Porto Rico, a cui appartiene tuttora, anche se è stata data spesso in prestito: attualmente si trova al Metropolitan Museum di New York. Nel 2016 era stata prestata anche al Leighton House Museum di Londra ed esposta nella sala in cui venne dipinta.
La storia dello studio preparatorio, invece, è molto più semplice: è l’unico a olio di una serie di bozzetti noti (uno dei quali ritrovato casualmente nel 2015) e prima di morire Leighton lo aveva regalato a un suo amico. Da lì ha avuto solo tre proprietari: l’ultimo dei quali è stato il presidente dell’associazione degli amici del Leighton House Museum, a cui lo ha di recente donato. Anche se è più piccolo, lo studio ha una composizione molto simile a Flaming June, compresi i fiori di oleandro, una pianta velenosa, che secondo gli storici alludono al rapporto tra il sonno e la morte. Anche se gli elementi di similitudine più evidenti rimangono i colori caldi usati da Leighton, che sono gli stessi in entrambe le opere, soprattutto il celebre arancione dell’abito della donna rappresentata a cui si deve tanto della sua popolarità (sul reale valore artistico dell’opera ci sono sempre stati pareri discordi, e il suo grande successo “di pubblico” contemporaneo non ha contribuito all’indulgenza dei critici d’arte).
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