Si può spiegare questo momento del calcio italiano?
Tre squadre in tre finali europee, cinque in semifinale: parlare di casualità è approssimativo, ma trovare delle ragioni comuni non è facile
di Pietro Cabrio
Nei prossimi dieci giorni Inter, Fiorentina e Roma giocheranno le finali delle tre coppe del calcio europeo, che in ordine di importanza sono Champions League, Europa League e Conference League. La prima a giocare sarà la Roma, mercoledì in Europa League contro il Siviglia. Poi toccherà alla Fiorentina in Conference contro il West Ham e infine all’Inter, che il 10 giugno proverà a diventare campione d’Europa contro il Manchester City.
È successo già altre quattro volte che tre italiane arrivassero a giocare le finali europee nella stessa stagione. Nel 1989 il Milan vinse la finale di Coppa dei Campioni, la Sampdoria perse la Coppa delle Coppe e il Napoli vinse quella di Coppa UEFA. L’anno dopo furono quattro: il Milan rivinse la Coppa dei Campioni, la Sampdoria si rifece in Coppa delle Coppe mentre Juventus e Fiorentina si incontrarono in Coppa UEFA. Nel 1993 arrivarono in finale Juventus, Parma e Milan; l’anno successivo toccò ancora al Milan, e poi all’Inter e al Parma.
Erano i cosiddetti anni d’oro del calcio italiano e la Serie A era il miglior campionato al mondo, come dimostrano le tante vittorie ottenute in quel periodo. A distanza di oltre vent’anni, però, molto è cambiato: nessuna italiana è favorita in queste tre finali, in particolare l’Inter. Per dare la misura dei pronostici, chi scommette sulla vittoria nei novanta minuti dell’Inter in Champions League può vincere almeno sette volte tanto; chi invece punta sulla vittoria del City non arriva a vincere nemmeno il doppio di quanto ha giocato.
Eppure da giorni non è raro sentire parlare di «rinascita del calcio italiano», come se queste tre finali servissero a riabilitare e rilanciare un movimento che da tempo deve fare i conti con difficoltà non ancora comprese, testimoniate dai due Mondiali mancati consecutivamente dalla Nazionale maschile. In generale però le opinioni su questo periodo del calcio italiano sono tante e discordanti, proprio perché non sembra esserci un vero filo conduttore.
Fortuna e merito
Prima delle tre finaliste c’erano state cinque italiane nelle semifinali: Inter e Milan in Champions, Juventus e Roma in Europa League, Fiorentina in Conference League. Non era mai successo prima, e con una presenza così diffusa è difficile parlare solo di caso o coincidenze favorevoli. I percorsi delle squadre sono stati peraltro favorevoli soltanto nella fase a eliminazione diretta di Champions League. In Europa League la Roma non è mai stata favorita, come non lo sarà nemmeno in finale, che giocherà contro la squadra — il Siviglia — che ha eliminato la Juventus. In Conference League la Fiorentina era una delle squadre più competitive già in partenza, ma ha sempre dovuto faticare parecchio per passare i vari turni, fin dai preliminari.
Anche nel caso dei percorsi ritenuti più facilitati, quelli di Inter e Milan in Champions League, le squadre hanno dovuto comunque affrontare avversarie di livello. Porto, Benfica e Tottenham si sono rivelate poi alla portata, ma spesso negli anni passati le eliminazioni erano arrivate proprio contro squadre ritenute tali. C’è da ricordare infatti che prima della Conference League vinta dalla Roma l’anno scorso, l’ultima coppa europea di una squadra italiana era la Champions League vinta dall’Inter nel 2010. Dopo quella l’Italia era tornata in finale nelle coppe europee soltanto tre volte, senza mai vincere.
Le proprietà straniere
Inquadrare questo momento del calcio italiano risulta complicato perché tra squadre e competizioni non sembra esserci molto in comune. Inter, Roma e Fiorentina sono però unite in un certo senso dalle loro proprietà, tutte straniere, che hanno investito in Italia alla ricerca di visibilità, obiettivi e possibilmente ritorni economici. Sono tre proprietà che hanno fatto investimenti a lungo termine, anche nel caso dell’Inter, che risulta in vendita e che negli ultimi anni è stata frenata dalle difficoltà economiche avute dal suo gruppo proprietario cinese.
In questi anni tutte e tre le squadre (alle quali si potrebbe aggiungere anche il Milan) sono state riorganizzate, costruite per essere competitive nei loro ambiti e stanno portando avanti anche progetti infrastrutturali. Con il gruppo Suning l’Inter è tornata altamente competitiva come non lo era dalla gestione Moratti, e non a caso ha rivinto uno Scudetto dopo 11 anni; con il gruppo Friedkin la Roma è tornata a vincere qualcosa dopo 15 anni e a investire in professionisti di livello mondiale, come José Mourinho e Paulo Dybala; con Rocco Commisso la Fiorentina ha superato le grosse difficoltà avute di recente, sta completando un nuovo centro sportivo da oltre 400 milioni di euro e sta provando a rifare il suo stadio (anche se con le stesse difficoltà di Inter e Milan).
Tendenze e stili di gioco
Le competizioni europee stagionali possono segnare le tendenze del calcio internazionale, sia sul piano sportivo che economico. Vittorie e prestazioni di un certo spessore possono contribuire a proporre nuovi stili di gioco o affermarne altri, più tradizionali. Se poi questi successi vengono condivisi da più squadre di un unico paese si possono individuare tendenze ancora più diffuse: accadde per esempio con il calcio spagnolo nel periodo del Barcellona di Messi e Guardiola, che dimostrò la superiorità della sua scuola tattica vincendo molto anche con la Nazionale; o tra il 2018 e il 2019 con il calcio inglese, che monopolizzò le finali continentali nella prima vera esibizione europea del suo strapotere economico.
Anche da questi punti di vista, però, l’attuale stagione del calcio italiano non si può riassumere con altrettanta facilità. Sul piano sportivo le tre finaliste italiane sono molto diverse: la Roma è una squadra prettamente difensiva e battagliera, l’Inter alterna solidità difensiva a momenti di possesso palla e ad altri di verticalità e pressione offensiva; la Fiorentina invece è piuttosto instabile come squadra, perché generalmente più votata all’attacco e sempre propositiva nel gioco. Guardando anche Milan e Juventus, la prima cerca di esprimere un calcio offensivo e di qualità, mentre la seconda è in fin dei conti paragonabile alla Roma, seppur meno compatta e con più qualità.
Sul piano economico, invece, la situazione del calcio italiano è tutt’altro che favorevole. Le squadre più piccole continuano ad avere bilanci molto limitati, tanto che si continua a parlare di ridurre il numero di partecipanti alla Serie A. Le squadre di metà classifica rimangono squadre di metà classifica, mentre quelle che si contendono realisticamente i trofei non sono particolarmente in salute, salvo alcuni casi. L’Inter ha fermato gli investimenti da almeno due anni; il Milan ha scelto una crescita graduale con investimenti oculati sui giovani; la Juventus ha difficoltà di altro genere; Roma e Fiorentina investono come possono, ma sono frenate da ricavi ancora bassi per poter sostenere spese maggiori.
In questo senso, l’ultima sessione invernale del calciomercato è stata particolarmente significativa. Le venti squadre di Serie A hanno speso circa 31 milioni di euro complessivi, in media 2 milioni per ciascuna operazione conclusa: meno anche del campionato olandese. Nella Premier League inglese sono stati spesi invece 829 milioni di euro; nella Bundesliga tedesca e nella Ligue 1 francese attorno ai 130 milioni.
Queste spese dicono anche un’altra cosa. Per tante grandi squadre europee è stata una stagione di ricostruzione e difficoltà, e questo ha privato le coppe di partecipanti solitamente molto competitive. È il caso di Chelsea, Manchester United, Liverpool, Barcellona, Bayern Monaco e Paris Saint-Germain. Se si guarda il tabellone della Champions League, le squadre più competitive sono state le uniche due in salute, Manchester City e Real Madrid, che però si sono incontrate in semifinale.
Le italiane, da parte loro, hanno ormai imparato a lavorare con mezzi limitati e, ad eccezione della Juventus, hanno trovato da tempo una loro stabilità. Le finaliste (e i loro allenatori: Inzaghi all’Inter, Mourinho alla Roma, Italiano alla Fiorentina) si sono poi rivelate abili nel preparare e giocare gli scontri diretti, con strategie diverse ma ugualmente efficaci.
I Mondiali in mezzo
Che questa stagione potesse essere meno scontata dalle altre lo si diceva fin dal suo inizio, per via della presenza dei Mondiali in Qatar a metà anno, tra novembre e dicembre. E proprio i Mondiali, che hanno modificato e allungato i calendari, sembrano essere l’altro fattore in comune ad aver rappresentato in qualche modo un vantaggio per le squadre italiane. Inter, Roma, Fiorentina, Milan, Juventus, ma anche il Napoli, sono state le eccezioni per delle competizioni europee che da tempo vengono vinte sempre dalla stessa cerchia ristretta di partecipanti.
La Serie A è stata il quarto campionato più rappresentato in Qatar con 68 giocatori convocati: la Premier League ne ha avuti il doppio, 136, la Liga spagnola 83, la Bundesliga 75. Se si guardano le singole squadre, Inter e Milan hanno mandato in Qatar 7 giocatori, il Napoli 5, la Juventus 11, Fiorentina e Roma solo 4. In questi numeri, piuttosto bassi rispetto alle passate edizioni dei Mondiali, ha pesato in particolare l’assenza dell’Italia, che ha risparmiato una ventina di giocatori soltanto in Serie A e molti titolari distribuiti in tutte queste squadre.
Le altri grandi squadre europee ne hanno mandati molti di più: il Real Madrid 12, il Barcellona 17, l’Atletico Madrid 11, il Chelsea 12, il Manchester City 16, lo United 14, il Liverpool 7, il Paris Saint-Germain 11 e il Bayern Monaco 17. Per molti di questi giocatori la stagione di fatto non si è mai fermata e questo può aver influenzato le loro prestazioni. E non a caso i giocatori che più verranno ricordati per questa stagione, come Erling Haaland del Manchester City (52 gol in 51 partite), Osimhen e Kvaratskhelia del Napoli campione d’Italia, ai Mondiali non c’erano.
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