Il Luton Town fino alla Premier League
Dopo quattro promozioni in nove anni, con uno stadio da diecimila posti e con un approccio che c'entra pochissimo con molte delle squadre che affronterà
di Gabriele Gargantini
Nove anni fa il Luton Town Football Club, squadra di calcio inglese di una città di pendolari a nord di Londra nota a molti per il suo aeroporto, giocava in quinta divisione del campionato nazionale. Il 27 maggio, dopo aver vinto ai rigori la finale dei playoff della seconda divisione, la Championship, si è guadagnata la promozione in Premier League, il più ricco e importante campionato al mondo.
Nessuna squadra inglese era mai riuscita a passare in così pochi anni dalla quinta divisione alla Premier League. E per il Luton Town sarà sia un ritorno che un debutto: la squadra, infatti, già era arrivata a giocare nel massimo campionato inglese; lo aveva fatto però nel 1991/92 quando ancora quel campionato non era diventato la Premier League.
Da agosto, quando debutterà in Premier League, il Luton Town si potrebbe far notare per un altro paio di record e prime volte. Il suo stadio, costruito più di un secolo fa e più volte definito «una reliquia», sarà il più piccolo di sempre per il campionato, visto che può ospitare poco più di diecimila spettatori. E un suo giocatore, il centrocampista ventinovenne Pelly Ruddock Mpanzu, che ha più di 300 presenze con la squadra, potrebbe diventare il primo a giocare, dopo quattro promozioni con la stessa maglia, in cinque successive divisioni del calcio inglese, fino alla Premier League.
Il Luton Town fu fondato nel 1885 per fusione, tra non poche tensioni, di due squadre cittadine: i Luton Wanderers e i Luton Excelsior. Fu tra le prime squadre inglesi a pagare alcuni suoi calciatori, ma già a fine Ottocento ebbe problemi di liquidità. Altri problemi, in quelli che furono i suoi primi decenni e gli ultimi dell’età vittoriana del Regno Unito, li ebbe con gli stadi e i campi su cui giocare: uno lo cambiò per difficoltà nei pagamenti, l’altro perché era troppo vicino alla ferrovia e i calciatori lamentavano difficoltà a vedere la palla tra il fumo delle locomotive. Nel 1905 la squadra iniziò a giocare in quello che ancora è il suo stadio: il Kenilworth Road, da molti chiamato semplicemente “Kenny”.
La città ha poco più di 200mila abitanti e si trova nella contea inglese del Bedfordshire. È circa 50 chilometri a nord di Londra e prima di essere famosa per il suo aeroporto, attorno a cui gira gran parte dell’economia cittadina, lo era stata per la sua produzione di cappelli, motivo per cui giocatori e tifosi sono anche noti come “Hatters”, i cappellai.
Il Luton Town raggiunse il punto più alto dei suoi 138 anni di storia nel 1988 quando, mentre già da alcune stagioni giocava stabilmente in prima divisione, vinse la Coppa di Lega dopo aver vinto per 3-2 la finale contro l’Arsenal di Alan Smith e Tony Adams. Grazie a quella vittoria il Luton Town avrebbe potuto qualificarsi per la Coppa Uefa e giocare così le sue prime partite a livello europeo, ma in quel periodo le squadre inglesi erano ancora squalificate dalle coppe europee come conseguenza della tragedia dell’Heysel.
Dopo alcuni campionati conclusi nelle ultime posizioni della classifica, nel 1992 il Luton Town arrivò ventesimo, retrocesse da quella che l’anno dopo sarebbe diventata la Premier League e finì in seconda divisione. Proprio quell’anno, tra l’altro, fu promosso in Premier League il Wimbledon, una squadra anche nota come “crazy gang” che aveva fatto una scalata simile a quella del Luton Town, mettendoci però un anno in più.
Anche in seconda divisione il Luton Town passò alcune stagioni nel fondo della classifica, senza mai arrivare vicino a una promozione in Premier League: nel 1996 retrocesse di nuovo, e lo fece ancora nel 2001. Seguirono anni altalenanti, con un paio di promozioni che permisero alla squadra di risalire in Championship, ma poi arrivarono problemi economici e tre successive retrocessioni che portarono il Luton Town dalla seconda alla quinta divisione. Nell’ultima di queste tre retrocessioni la squadra, che intanto aveva rischiato almeno un paio di volte il fallimento, fu punita con 30 punti di penalità per irregolarità finanziarie. Fu una penalizzazione che disincentivò molti giocatori sia a raggiungere che a restare al Luton Town, che infatti a un certo punto si trovò con appena sei calciatori tesserati.
Per cinque stagioni la squadra restò in quinta divisione, in un campionato solo in parte professionistico. Circa vent’anni dopo essere stata stabilmente una delle migliori venti squadre inglesi, il Luton Town era a malapena tra le migliori cento, allo stesso livello del Wrexham, la squadra gallese al centro della docuserie Welcome to Wrexham.
La risalita iniziò con una promozione nel 2014, due consecutive tra il 2018 e il 2019 e l’ultima pochi giorni fa: in una finale giocata a Wembley contro il Coventry City e vinta ai rigori dopo una partita in cui il capitano del Luton ha lasciato il campo dopo pochi minuti per aver perso conoscenza (ora sta bene). La promozione in Premier League tramite playoff è arrivata al termine di un campionato finito al terzo posto.
L’allenatore, il quarantenne gallese Rob Edwards, era arrivato a stagione già iniziata (dopo una promozione e un esonero con le sue due precedenti squadre) per sostituire Nathan Jones, l’ex allenatore che, come già aveva fatto un’altra volta, sempre da allenatore del Luton Town, aveva scelto di lasciare la squadra per andare ad allenarne una più importante: nel primo caso lo Stoke City, nel secondo il Southampton (che proprio in questa stagione è retrocesso dalla Premier League alla Championship).
Jones è stato l’allenatore più presente negli ultimi anni (dal 2016 al 2019 e poi dal 2020 fino al novembre del 2022), noto tra le altre cose per aver dato fuoco al tavolo da ping pong attorno a cui, a suo modo di vedere, i giocatori passavano troppo tempo prima e dopo gli allenamenti: «Potevo bruciare il tavolo oppure convincerli che era meglio allenarsi in palestra, decisi che facevo prima a bruciare il tavolo». Edwards è l’allenatore arrivato in corsa, a stagione già iniziata, senza molta esperienza e con un passato al Watford, la squadra con cui il Luton Town ha la sua più sentita rivalità.
Il Luton Town allenato da Edwards è stato in questa stagione una squadra non particolarmente smaniosa di gestire il possesso palla ma parecchio intensa nel pressing e, come ha scritto The Athletic, «dà il suo meglio quando deve rendere la vita terribile a chiunque si trovi a giocarci contro, specialmente al Kenilworth Road».
Nella rosa del Luton non ci sono giocatori particolarmente più forti di altri o “fuori categoria”, cioè da Premier League. È una di quelle squadre di cui si dice che la forza sta nel gruppo e che il totale è maggiore della somma delle parti. Il giocatore più simbolico è però Mpanzu, il centrocampista ventinovenne, di origini congolesi e nazionalità inglese, che arrivò a Luton non ancora ventenne e in prestito dal West Ham, dove non aveva mai giocato in prima squadra.
Mpanzu ha ricordato come all’inizio fu parecchio sorpreso dal fatto che il Luton Town si allenasse su un campo pubblico, con persone che passeggiavano attorno e talvolta in mezzo al campo. Negli anni si è sempre più identificato con la squadra, a cui una volta terminato il prestito si trasferì a titolo definitivo. Se dovesse rimanere anche nella prossima stagione, sarebbe il primo calciatore a giocare con la stessa squadra dalla quinta divisione fino alla Premier League.
Più che per ogni altra cosa, il Luton Town si fa notare però per il Kenny, lo stadio. È così poco imponente che, anche a pochi passi dalle sue tribune, si fatica a individuarlo tra le tante case che lo circondano, alcune delle quali hanno finestre, scale o terrazze a pochi metri dall’esterno dello stadio. «È in mezzo a un quartiere molto residenziale, stretto tra case in mattoni rossi dentro le quali ogni gol fa tremare le tazze di tè», ha scritto il Wall Street Journal; e c’è chi ha fatto notare che solo in Texas ci sono 75 stadi di football più grandi.
Per come funzionano certe coppe inglesi, in cui le squadre più forti incrociano talvolta quelle delle serie inferiori, negli ultimi anni il Kenny ha già ospitato grandi squadre come Chelsea o Manchester United. Per poter diventare uno stadio di Premier League dovrà però essere sistemato in alcuni punti: tra le altre cose dovrà aggiungere posti per la stampa, permettere l’aggiunta di alcune telecamere e migliorare l’illuminazione.
Seppur piccolo e all’antica, il Kenny è tuttavia considerato, al netto di certi miglioramenti, adeguato agli standard inglesi: «Se lo si paragona allo stadio Brianteo di Monza», ha scritto The Athletic, «sembra lo stadio dell’Arsenal».
A prescindere dai paragoni con gli stadi italiani, durante l’estate il Kenilworth Road sarà al centro di lavori di rimodernamento per un costo complessivo di almeno 12 milioni di euro, tutto questo nonostante la società abbia già deciso di costruire un nuovo stadio da 23mila posti in cui giocare, secondo i piani attuali, a partire dal 2026.
Nell’ultimo anno, per gli stipendi di tutti i suoi giocatori, il Luton Town, ha speso meno di quanto dovrà spendere in pochi mesi per sistemare il suo vecchio stadio. Non sarà però un problema perché il passaggio dalla Championship alla Premier League permetterà alla squadra di aumentare di molto il suo fatturato. Inoltre, la squadra arriva da anni di gestione piuttosto oculata: dal 2008 è gestita infatti dal Luton Town Supporters’ Trust, un fondo di tifosi che tra le altre cose è contrario a società di scommesse come sponsor e va molto orgoglioso del fatto che non ci siano proprietari stranieri. Uno striscione spesso ben in vista nello stadio dice che «il calcio appartiene ai tifosi, non a oligarchi, sceicchi, opportunisti o banchieri».
Nella stagione appena conclusa il Luton Town è riuscito a ottenere la promozione in Premier League pur spendendo molto meno di molte altre squadre di Championship.
Stadio a parte, nei prossimi mesi il Luton Town dovrà capire come e quanto provare a rafforzarsi per giocare in Premier League in una stagione al termine della quale molti già si aspettano che la squadra finirà con il rimbalzare indietro in Championship. Da un lato ci sarà da trovare giocatori che arrivino a Luton in prestito, così da abbattere le spese, e dall’altro bisognerà ingaggiare altri prevedendo però se possibile l’eventualità della retrocessione, così da inserire un’apposita clausola nei loro contratti.
Edwards, l’allenatore, ha detto che anche in questi mesi la società si muoverà con cautela, «senza spese folli» e con l’obiettivo di «preservare il futuro della squadra» ed evitare di «finire nella stessa posizione di dieci anni fa». Gary Sweet, l’amministratore delegato, ha detto di credere che un ruolo importante, in una eventuale salvezza, potrebbe averlo proprio il Kenilworth Road, da lui definito «un vero stadio da vero calcio, con una storia e una tradizione, non un contenitore sterile».
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