La «locomotiva d’Europa» che non lo è più
L’economia tedesca è entrata in «recessione tecnica»: non è ancora chiara la gravità della situazione, ma potrebbe diventare un grosso problema per il resto dei paesi europei
L’economia tedesca è in un momento di particolare debolezza. Non si è ancora ripresa del tutto dalla pandemia e nell’ultimo anno è stata particolarmente colpita dai rincari dell’energia e dall’inflazione, che hanno messo in difficoltà famiglie e imprese. Negli ultimi due trimestri il Prodotto Interno Lordo (PIL) della Germania si è ridotto: il paese è entrato in quella che in economia si definisce recessione tecnica, ossia una certificata situazione di difficoltà economica, di cui però è ancora difficile stabilire la gravità e la durata. Al momento la contrazione è solo di qualche decimo di punto: potrebbe essere solo un momento di debolezza da cui l’economia tedesca riuscirà a riprendersi oppure l’inizio di una recessione più profonda e duratura.
Quello che è certo è che una recessione in Germania potrebbe avere conseguenze anche sul resto dell’Unione Europea: oltre a essere uno dei centri più importanti del potere politico dell’Unione, la Germania è la prima economia europea per dimensioni del PIL, con un’industria forte e molto integrata con quelle degli altri paesi. Tutti i paesi europei esportano molto in Germania, che negli ultimi decenni è stata definita da molti economisti «la locomotiva d’Europa», ossia il paese che dava una spinta propulsiva a tutta l’economia europea.
Non si sa fino a che punto le difficoltà tedesche impatteranno sugli altri paesi, anche perché negli ultimi anni le cose sono in parte cambiate. Dal 2019 la Germania sembra aver perso parte della sua forza economica all’interno dell’Unione Europea per una serie di ragioni legate alle caratteristiche e all’evoluzione della sua economia: sta facendo fatica ad avviare una vera transizione energetica e l’industria è fortemente penalizzata da un costo dell’energia troppo alto, e non solo per la crisi energetica dell’ultimo anno.
Secondo le previsioni di Eurostat, la recessione tedesca rappresenta ancora un caso isolato: mentre nel primo trimestre il PIL della Germania si riduceva dello 0,3 per cento, quello dell’Unione Europea cresceva dello 0,2 per cento e quello dei paesi dell’area dell’euro dello 0,1 per cento. In entrambi i casi la crescita non è stata brillante, ma quantomeno positiva.
Negli ultimi due decenni, le recessioni dei paesi membri dell’Unione Europea e dell’area dei paesi dell’euro erano state piuttosto sincronizzate: nella maggior parte dei casi i paesi europei erano stati in recessione insieme a causa di eventi esterni che avevano colpito le loro economie, come la crisi finanziaria del 2008-2009, quella dei debiti sovrani del 2011-2012 e la pandemia. Non ci sono quindi precedenti di una recessione che ha colpito solo la Germania, e anche per questo non si sa fino a che punto i problemi dell’economia tedesca finiranno per creare problemi anche alle altre economie. Come detto, molto dipenderà dalla gravità della recessione.
L’economia tedesca vale quasi il 30 per cento del PIL dell’Unione Europea e la Germania è il più importante partner commerciale per più della metà dei paesi membri. Per l’Italia è il primo mercato di destinazione delle esportazioni: nel 2022 le ha venduto merci per circa 77 miliardi di euro e ne ha importate per 90 miliardi. Un calo persistente dei consumi in Germania potrebbe quindi nuocere molto alle aziende esportatrici: nel primo trimestre dell’anno i consumi interni si sono ridotti dell’1,2 per cento a causa dell’inflazione, ossia l’aumento generalizzato del livello dei prezzi che ha ridotto il potere d’acquisto dei consumatori tedeschi.
Oltre che dai consumi, l’integrazione economica tra i paesi europei e la Germania passa anche per l’industria, ossia il comparto più importante dell’economia tedesca. I settori più rilevanti e strategici sono la meccanica, la siderurgia, la chimica e la farmaceutica. Il settore delle auto vale da solo un quinto dell’industria tedesca, che per funzionare fa ricorso a semilavorati e componenti provenienti da altri paesi europei. Per esempio l’Italia le fornisce ogni anno tra i 4 e i 5 miliardi di componenti per il settore delle auto, che vale un quinto di tutte le esportazioni italiane di componentistica nel mondo. Un calo persistente della produzione industriale tedesca significherebbe per le aziende europee consistenti cali di ordini.
La crescita economica della Germania dipende fortemente dalle esportazioni dei suoi beni, in particolare verso la Cina, dove per esempio le macchine Volkswagen sono da anni tra le più vendute. Ma un recente aumento della popolarità dei veicoli elettrici prodotti in Cina ha ridotto le vendite di Volkswagen nel paese del 15 per cento nei primi tre mesi dell’anno. Complessivamente, secondo le statistiche del governo, le esportazioni di marzo sono diminuite del 5,2 per cento rispetto al mese precedente.
L’industria tedesca è fortemente energivora, ossia ad alto consumo di energia nelle sue produzioni. Per questo ha risentito moltissimo della crisi energetica che ha colpito gran parte del mondo occidentale dall’inizio della guerra in Ucraina. Era molto dipendente dal gas russo, come l’Italia, e anche la produzione di energia elettrica dipendeva molto dal gas. Il risultato è stato un forte aumento del costo dell’energia in Germania e le aziende hanno ridotto la produzione, calata di circa un decimo nel giro di un anno.
La crisi energetica ha messo in luce una serie di debolezze strutturali nelle basi economiche del paese che gli analisti raccontavano già da tempo e che il governo di coalizione nato dopo la fine dell’era politica di Angela Merkel ha faticato a correggere.
La questione più importante e cruciale è sicuramente quella della transizione energetica. Il sistema energetico tedesco è inadatto a soddisfare in modo sostenibile il fabbisogno energetico dell’industria e non solo per la crisi energetica: già prima della guerra in Ucraina l’energia tedesca era tra le più costose delle economie avanzate. Una delle questioni più rilevanti oggi per la Germania è quella di riuscire a garantire alle imprese energia più economica, in modo da preservare la loro competitività sui mercati internazionali.
In più la sua industria è ancora troppo legata a vecchi modelli e non si è mai davvero innovata e trasformata. Per esempio, secondo gli esperti tutto il settore tedesco delle auto è ancora troppo legato al motore a combustione e sta ritardando tutte quelle innovazioni che dovrebbero portare allo sviluppo di una produzione 100 per cento elettrica.
Non è un caso che il governo tedesco – insieme a quello italiano – sia stato quello che si è dimostrato più contrario all’introduzione del divieto di vendita di veicoli a combustione dal 2035. Secondo molti analisti negli ultimi anni è mancata la capacità politica di far orientare l’economia verso settori in rapida trasformazione e crescita.