In Sudafrica è stata dichiarata un’epidemia di colera
In una città vicino a Pretoria: ventitré persone sono morte e il problema è l'inquinamento dell'acqua, mai affrontato seriamente
Il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha annunciato domenica che visiterà presto Hammanskraal, dove il 21 maggio scorso è stata dichiarata un’epidemia di colera. Hammanskraal è una città a nord di Pretoria, la capitale del Sudafrica, nella provincia di Gauteng a cui appartengono sia Pretoria che Johannesburg, nella parte settentrionale del paese. Al momento le persone morte per l’epidemia sono state 23.
Martedì il governo nazionale aveva confermato 41 casi, la maggioranza dei quali nella provincia di Gauteng, tra le aree più popolose del Sudafrica, che ha circa 60 milioni di abitanti, come l’Italia. I primi due casi di colera erano stati identificati a febbraio di quest’anno, a più di dieci anni dall’ultima epidemia di colera in Sudafrica, avvenuta tra il 2008 e 2009, con circa 12mila casi. Non è chiaro se i casi di febbraio e quelli attuali però abbiano la stessa origine: le due pazienti di inizio febbraio avevano contratto l’infezione fuori dal paese, mentre i casi attuali riguardano persone che si sono ammalate in Sudafrica.
La diffusione del colera è in aumento in diversi paesi del mondo, soprattutto dell’Africa sub-sahariana. I dati dell’OMS di aprile riportano la presenza di focolai in 14 paesi e 3.412 morti nel 2023, la maggioranza dei quali in Malawi, Repubblica Democratica del Congo e Mozambico.
Il colera è un’infezione intestinale causata dal batterio Vibrio cholerae e, nella maggioranza dei casi, si trasmette con l’assunzione di acqua o cibo contaminati. È una malattia curabile, ma può portare alla morte se non trattata tempestivamente. La mancanza di accesso ad acqua potabile e strutture igienico sanitarie adeguate è tra i maggiori fattori di diffusione. Ma altri fattori economici, politici e ambientali possono influire sul diffondersi del contagio.
Il caso del ciclone Freddy in Malawi e Mozambico, per esempio, mostra come l’aumento di fenomeni naturali estremi metta in difficoltà alcuni paesi anche sul piano della salute pubblica. In entrambi i paesi era già presente un’epidemia di colera quando il ciclone e le inondazioni che ne sono conseguite hanno gravemente danneggiato le infrastrutture idriche, provocato più di 700mila sfollati interni e indebolito il sistema sanitario: tre aspetti che hanno aumentato i rischi di contaminazione e diffusione dell’infezione.
L’attuale epidemia in Sudafrica è invece un esempio in cui sono state le scelte politiche ad avere un impatto sulla salute dei cittadini. Ad Hammanskraal l’acqua fornita dall’acquedotto comunale proviene dal fiume che attraversa la regione di Gauteng. Prima di essere distribuita l’acqua viene raccolta e depurata negli impianti di trattamento. Da più di dieci anni i residenti della zona – appoggiati da varie organizzazioni – criticano il sistema di gestione dell’acqua e raccontano di essersi ammalati per via del consumo dell’acqua locale.
Nel 2011 il dipartimento sudafricano dell’acqua e dei servizi igienico sanitarie aveva dichiarato il fiume inquinato da liquami e l’acqua non potabile per la scarsa manutenzione degli impianti di trattamento. Nel 2013 e 2019 il governo aveva stanziato dei fondi per lavori di ristrutturazione degli impianti, ma in entrambi i casi i lavori non sono mai stati conclusi: senza alcuna trasparenza su come i soldi siano stati spesi o sull’avanzamento dei lavori. OUTA, un’organizzazione sudafricana di lotta alla corruzione, sostiene che nonostante i test confermassero la contaminazione dell’acqua le autorità locali e nazionali non abbiano mai comunicato i reali rischi per la salute. Gran parte dei cittadini di Hammanskraal si sente vittima di un sistema corrotto dove nessuna delle figure politiche responsabili ha mai sofferto conseguenze per gli interventi mancati.
Dal 2019 l’amministrazione cittadina ha iniziato a distribuire acqua potabile ad Hammaskraal attraverso l’uso di autocisterne, ma questo non sembra avere prodotto miglioramenti concreti. Come ha spiegato il docente universitario Jo Barnes – che lavora al dipartimento di salute globale, sistemi sanitari e sanità pubblica dell’università di Stellenbosch, in Sudafrica – le acque inquinate vengono fatte defluire lungo la strada contaminando contenitori o superfici. In alcuni casi poi le acque del fiume vengono usate dai residenti per cerimonie religiose o per irrigare i terreni di coltivazione.
La crisi idrica sta inoltre accentuando la disuguaglianza sociale esponendo le persone più emarginate o vulnerabili a maggiori probabilità di contrarre virus e malattie. L’acqua non è necessaria solo per usi alimentari, ma anche per pulizia, igiene, irrigazione. Considerato che molte persone non possono permettersi di comprare taniche di scorta, il consiglio diffuso è quello di far bollire l’acqua del rubinetto.
L’acqua viene distribuita nelle case attraverso pompe alimentate con la corrente elettrica: quando l’energia è assente, per esempio a causa di frequenti blackout, le case non ricevono l’acqua. Il Sudafrica sta attraversando una crisi energetica dal 2008, negli ultimi due anni i blackout nel paese sono aumentati arrivando a durare anche 10 ore. Le persone dovrebbero quindi far bollire grandi quantità d’acqua in poche ore, ma non tutte hanno i mezzi necessari per farlo o ambienti idonei a conservarla. Senza contare i costi dell’uso dell’energia per famiglie spesso in fragili condizioni economiche.