Si stanno affermando nuovi modelli per la tv in streaming
Soprattutto negli Stati Uniti si stanno diffondendo quelli che offrono contenuti gratuiti ma con la pubblicità, in varie formule
Questo mese Netflix ha annunciato di avere «quasi cinque milioni di abbonati» al servizio Netflix Base, un piano di abbonamento più economico (in Italia costa 5,49 euro al mese) ma che prevede interruzioni pubblicitarie. In particolare, il co-CEO dell’azienda Greg Peters (che condivide la carica di amministratore delegato con Ted Sarandos) ha detto che «il 25% dei nuovi iscritti sceglie il tipo di abbonamento supportato dalle pubblicità, nei paesi dove è disponibile».
Nonostante sia stata annunciata solo lo scorso novembre, l’opzione “Base” sembra aver già influenzato la concorrenza e il mercato dello streaming. Ad aprile il gruppo Warner Bros. Discovery ha annunciato che anche la sua piattaforma, Max (fino a poche settimane fa nota come HBO Max), verrà dotata di un livello di abbonamento economico con interruzioni pubblicitarie simile a quello di Netflix. L’arrivo degli spot pubblicitari su questo tipo di servizi rappresenta una novità nelle strategie di concorrenza tra i servizi del settore, che finora erano state portate avanti soprattutto con grandi e ambiziosi investimenti in grado di attirare i più grandi attori e registi dell’industria dello spettacolo.
«Per quanto la guerra dello streaming non sia ancora conclusa», ha scritto The Verge alla fine dello scorso anno, «è sicuramente in corso un periodo di quiete, e le aziende stanno rivedendo le proprie strategie». Un’altra conseguenza di questa fase, oltre alla comparsa di piani più economici, è l’aumento dei prezzi degli abbonamenti tradizionali senza pubblicità, che ha riguardato negli ultimi mesi per esempio Netflix, Disney+, Apple TV+ e Max.
Tra le cause di questo momento di transizione c’è la cosiddetta subscription fatigue (letteralmente “sovraccarico da abbonamenti”), che secondo molte analisi viene percepita da buona parte degli utenti. Il fenomeno è stato acuito dalla crescente concorrenza nel settore, che ha portato in pochi anni a un aumento continuo dell’offerta. Si è passati da una sorta di monopolio di Netflix alla diffusione di moltissimi prodotti alternativi come Prime Video, Disney+, Paramount+ e molti altri. Tanta concorrenza ha costretto la stragrande maggioranza delle persone a un’inevitabile selezione dei servizi a cui abbonarsi, rendendo più comune e diffusa la disiscrizione dalle piattaforme meno utilizzate e interessanti. Secondo un sondaggio svolto dalla società di consulenza Deloitte negli Stati Uniti, il 44% dei partecipanti aveva cancellato almeno un abbonamento «a servizi di video-on-demand» nei sei mesi precedenti.
Questo ha favorito la diffusione di nuove forme di distribuzione di contenuti televisivi. I servizi di streaming tradizionali (come Netflix, Prime Video e Disney+) appartengono alla categoria SVOD (Subscription Video On Demand), nella quale si paga un abbonamento mensile o annuale per accedere ai contenuti della piattaforma. Di natura simile è il modello TVOD (Transactional Video On Demand) in cui gli utenti noleggiano i singoli contenuti che consumano, come avviene su Apple TV, Google Play e Chili. Negli ultimi anni si è diffuso anche il modello AVOD (Advertising Video On Demand), che fa riferimento ai servizi di streaming gratuiti ma intervallati da pubblicità (alcuni esempi diffusi in Italia sono Pluto Tv, Tubi o Rakuten).
A quest’ultima categoria se ne aggiunge un’altra, chiamata FAST (Free Ad Supported Streaming TV), simile ma con una differenza sostanziale: anche in questo caso i contenuti sono gratuiti con pubblicità ma, a differenza del modello AVOD, ci sono canali tematici con palinsesti precisi, senza la possibilità di consumare contenuti on demand.
Tra i servizi di questo tipo più diffusi in Italia c’è Rakuten, fondato in Giappone ma diffuso in molti paesi europei. Nato come piattaforma di streaming on demand, negli ultimi anni ha diversificato la sua offerta combinando i modelli TVOD, AVOD e FAST e includendo anche contenuti gratuiti con pubblicità. L’offerta prevede in particolare canali dedicati a specifici generi (Azione, Commedia, Dramma, Family, Thriller, Classico), o a prodotti originali di Rakuten TV. Nel 2021 sono stati introdotti anche canali dedicati alle principali testate del gruppo editoriale Condé Nast, tra cui Glamour, GQ, Vanity Fair, Vogue e Wired.
Anche Samsung ha una piattaforma simile, Samsung TV Plus, applicazione lanciata in Italia nel 2019 che fonde il modello FAST e AVOD con canali dedicati allo sport, alle serie tv, ai documentari e a serie celebri come Baywatch. Il servizio è preinstallato in ogni televisore Samsung prodotto dopo il 2016.
Secondo uno studio realizzato dalla stessa Samsung sull’utilizzo delle smart tv in Italia, Germania, Francia, Gran Bretagna e Spagna, la percentuale di utenti che usano canali di tipo FAST «è aumentata del 9%, mentre la loro fruizione complessiva è cresciuta del 19%». Anche un’indagine di Omdia, una società di consulenza specializzata nel settore delle telecomunicazioni, ha trovato il mercato pubblicitario FAST in crescita, stimando che tra il 2022 e il 2027 arriverà a valere 12 miliardi di dollari. A confermare la tendenza in corso, tra il 2019 e il 2022, il valore di questo mercato è cresciuto di circa venti volte (in Italia vale cinquanta milioni di euro).
Tra le principali aziende del settore AVOD (piattaforme gratuite con pubblicità e senza palinsesto) c’è Pluto TV, fondata nel 2014 e acquisita nel 2019 dal gruppo Viacom, ora Paramount Global (a cui fanno capo canali e servizi come Paramount Network, Nickelodeon, Comedy Central e MTV). Visto il modello di business basato sulla pubblicità, Pluto TV ha escogitato strategie diverse dal solito per attirare e, soprattutto, far restare gli utenti. Secondo il responsabile dei contenuti dell’azienda Scott Reich, «i grandi nomi tendono a portare gente ma non sono il motivo per cui rimane»: a fare la differenza sono le singole serie di culto come Star Trek e CSI, ma anche i prodotti della «televisione classica» e i canali di nicchia, che trattano di cibo, cura della casa e lifestyle.
Un report pubblicato dalla rivista Variety ha sottolineato come questi vari metodi di distribuzione siano spesso in relazione tra loro. In molti casi le serie tv di maggiore successo, come Law & Order, Grey’s Anatomy e The Office, possono godere di canali dedicati: «Il trucco in questo caso è che per poter guardare uno di questi show nel momento desiderato o per seguirli con una progressione lineare, gli spettatori dovranno iscriversi al servizio SVOD», ovvero quello ad abbonamento.
Il rinnovato interesse legato alla pubblicità televisiva, anche nello streaming, sta ispirando diverse iniziative, anche piuttosto insolite. Tra queste ha fatto molto discutere Telly, con cui gli utenti possono richiedere una televisione gratuitamente, che però è dotata di due schermi. Il primo è il normale televisore mentre il secondo, di altezza ridotta rispetto al primo, è riservato alle pubblicità, che vengono riprodotte a ciclo continuo in parallelo alle trasmissioni televisive. La startup ha aperto le richieste per i primi 500mila dispositivi a doppio schermo questo mese.
A fondare l’azienda è stato Ilya Pozin, che era già stato stato il fondatore di Pluto TV e che in un’intervista con l’Hollywood Reporter ha evidenziato come da tempo i produttori di apparecchi televisivi utilizzino dati sugli utenti per rivenderli o per guadagnare dalle pubblicità targettizzate. «Come altri produttori di tv abbiamo dati sulla visione ma abbiamo anche informazioni sul pubblico a livello della singola abitazione. Unendo le due cose assieme, la targettizzazione è letteralmente uno-a-uno», ha spiegato.
Pur essendo un caso piuttosto estremo, infatti, Telly non si comporta in modo troppo diverso da aziende come Vizio e Roku, che vendono sia i dispositivi fisici che le pubblicità all’interno di canali specifici. Nel 2021 Vizio ha annunciato una forte crescita delle entrate relative alla pubblicità, soprattutto grazie al pacchetto WatchFree Plus, un’offerta di tipo FAST su cui raccoglie e vende la pubblicità. Grazie anche a questi introiti, può permettersi di vendere televisioni a prezzi molto bassi.
Pochi anni prima, nel 2017, l’azienda era stata costretta a pagare una multa da 2,2 milioni di dollari per aver raccolto dati sulle abitudini di comportamento di undici milioni di utenti. Il problema in questo caso fu che il tracciatore di dati personali veniva attivato automaticamente, invece di lasciare agli utenti la possibilità di scelta. Forse per evitare conseguenze simili, Telly ha precisato che la telecamera di cui è dotato il suo televisore gratuito viene coperta di default da un otturatore apposito. Ciononostante, complice anche il sensore di movimento che accompagna la televisione, molte persone hanno criticato il prodotto ritenendolo un rischio per la privacy degli utenti.