Cosa fa la Corte dei conti
Controlla che lo stato non sprechi soldi pubblici, compresi quelli del PNRR, e per questo il governo vorrebbe limitarne i poteri
Dall’inizio di maggio si sono fatte più vivaci e continue le polemiche del governo nei confronti della Corte dei conti, un organo costituzionale che come dice il nome stesso ha il compito di controllare i conti dello Stato. Secondo alcuni esponenti del governo la Corte dei conti sta controllando un po’ troppo le spese legate al PNRR, il piano nazionale di ripresa e resilienza, ovvero i finanziamenti europei messi a disposizione tramite il bando Next Generation EU, chiamato anche Recovery Fund. Il piano dell’Italia prevede in tutto finanziamenti per 221,1 miliardi di euro, di cui 190,5 miliardi dal Recovery Fund (fra sussidi e prestiti a basso tasso d’interesse) e 30,6 miliardi di risorse economiche interne. Tutti questi soldi vanno spesi entro il 2026 ma già ora si stanno accumulando ritardi e problemi.
Negli ultimi mesi la Corte dei conti ha pubblicato alcune relazioni proprio per indicare questi ritardi e questi problemi, nonché la scarsa coerenza di alcuni capitoli del PNRR. Sono stati preparati male i bandi relativi alle infrastrutture idriche, alla forestazione urbana e anche quello relativo alla costruzione di nuovi asili nido, uno degli investimenti più attesi. Questi tre sono soltanto alcuni degli intoppi del piano che hanno ritardato il pagamento delle ultime rate da parte della Commissione Europea.
La Corte dei conti dice che sta semplicemente facendo il suo lavoro, come previsto dalla legge, mentre il governo sostiene che i controlli del PNRR spettino soltanto alla Commissione. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, ha definito il lavoro della Corte dei conti «un’invasione di campo bella e buona». Anche il ministro responsabile del PNRR, Raffaele Fitto, ha detto che gli accertamenti sugli obiettivi del piano spettano solamente alla Commissione. I toni del confronto fin qui erano stati tutto sommato pacati, ma negli ultimi giorni le cose sono cambiate dopo un’anticipazione pubblicata dal Sole 24 Ore, secondo cui il governo vorrebbe presentare due emendamenti a un decreto in fase di conversione in legge per limitare il potere di controllo dei magistrati contabili. Non c’è ancora nulla di concreto, ma riassumere l’organizzazione e i compiti della Corte dei conti può essere utile per capire quali siano le ragioni e la legittimità di eventuali pretese del governo.
La Corte dei conti fu istituita nel 1862 per controllare le spesa dello Stato e in questo modo evitare sprechi di soldi pubblici. Nei decenni successivi, anche durante il ventennio fascista, la sua organizzazione venne modificata varie volte. Le trasformazioni più profonde risalgono però all’approvazione della Costituzione e all’istituzione di leggi come la cosiddetta Finanziaria, nel 1978, e la riforma del bilancio dello Stato del 1988.
La Corte ha una funzione di controllo preventivo e successivo. L’articolo 100 della Costituzione prevede che i magistrati contabili facciano una valutazione preventiva sulla legittimità degli atti proposti dal governo e una successiva sulla gestione del bilancio statale. Non esamina soltanto le spese delle amministrazioni centrali, come i ministeri, ma anche delle regioni, degli enti locali e degli enti sovvenzionati dallo Stato.
La Corte dei conti ha anche il ruolo di giudice contabile attraverso la procura generale, che giudica le responsabilità di chi provoca un danno alle finanze dello Stato, per esempio con una spesa ritenuta eccessiva. Nella maggior parte dei casi il danno viene causato da persone che hanno un legame particolarmente stretto con la pubblica amministrazione, come i dipendenti pubblici o chi presta servizi allo Stato.
L’azione giurisdizionale viene esercitata da un magistrato, chiamato pubblico ministero contabile: spesso a svolgere questo ruolo è il procuratore regionale, che dirige la procura di ciascuna regione. L’ente danneggiato, per esempio un comune o una regione, deve segnalare i danni alla procura della Corte dei conti che valuterà l’inizio di un’azione di verifica della responsabilità amministrativa. Un’altra competenza della Corte dei conti è il giudizio relativo alle controversie legate alle pensioni, per esempio verificando l’effettivo diritto di una persona a ricevere la pensione.
Per fare tutte queste cose la Corte dei conti ha una struttura organizzativa piuttosto articolata. C’è un presidente (attualmente è Guido Carlino), un presidente aggiunto, un capo di gabinetto, un procuratore generale e un consiglio di presidenza. Il consiglio è composto dai vertici della Corte oltre a quattro membri, due eletti dalla Camera e due dal Senato, più altri quattro eletti tra i magistrati della Corte dei conti.
Il presidente viene nominato con decreto del presidente della Repubblica su proposta del presidente del Consiglio, sentito il parere del consiglio di presidenza. I magistrati della Corte dei conti vengono assunti tramite un concorso pubblico a cui possono partecipare magistrati ordinari, amministrativi, avvocati, militari, impiegati e funzionari pubblici in possesso dei requisiti richiesti. In totale i dipendenti sono quasi 2.700.
In merito al PNRR, la Corte dei conti ha il compito di controllare le spese e l’efficienza dei bandi e dei progetti. Almeno ogni sei mesi deve essere presentata una relazione al parlamento sullo “stato di attuazione del PNRR”.
Oltre alle relazioni semestrali, ha anche una funzione chiamata “controllo concomitante”, di cui negli ultimi giorni si è parlato spesso sui giornali. Questa funzione consente ai magistrati contabili di intervenire con controlli e relazioni su un singolo progetto per mettere in guardia il governo da possibili problemi, come è avvenuto negli ultimi mesi con gli asili nido o le infrastrutture idriche.
Il governo sta lavorando a un emendamento al cosiddetto “decreto PA” (che sta per Pubblica Amministrazione) per limitare i poteri di controllo concomitante, e in questo modo passare il controllo continuo del PNRR alla Commissione Europea. «Sembra un’invenzione di giudici eccentrici, ma [il controllo concomitante, ndr] è stato introdotto dai governi proprio in chiave collaborativa», ha detto Angelo Canale, procuratore generale della Corte dei conti, in un’intervista alla Stampa. «Previsto dal 2009, rivitalizzato nel 2020 durante la pandemia, indirizzato sul PNRR in coerenza con quanto chiesto dall’Europa. Molti Paesi hanno una Corte dei conti. Con i colleghi europei ci parliamo, facciamo protocolli. Non siamo un’eccezione».
Secondo Canale, la stessa Unione Europea impone agli stati di adottare misure per vigilare sulla correttezza delle spese anche per chiedere risarcimenti in caso di sprechi. In merito al rischio di lentezze burocratiche legate ai tanti passaggi a cui sono sottoposti i progetti del PNRR, Canale dice che la Corte dei conti non ha mai bloccato un’opera perché non ha il potere per farlo: «Noi agiamo nell’interesse dei cittadini che pagano le tasse, ma non possono controllare come i loro soldi vengono spesi. Lo facciamo noi per loro, perché la Costituzione ci rende autonomi e indipendenti. Non siamo rompiscatole, ma uno strumento di legalità».
Oltre a limitare i poteri del controllo concomitante, il governo vorrebbe rinnovare il cosiddetto “scudo erariale”, introdotto dal governo Conte e confermato dal governo Draghi fino al 30 giugno di quest’anno: limita le contestazioni per danno erariale ai soli casi di dolo, cioè di volontà nel procurare il danno, escludendo la colpa grave dei funzionari pubblici. Canale ha criticato la proposta del governo, anche se in realtà non è stata ancora presentata: «Lo dico in modo semplice: non si restringe il perimetro della responsabilità quando c’è bisogno di alzare la guardia. Anzi, si dovrebbe fare esattamente il contrario».
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