Erdogan ha vinto al ballottaggio in Turchia
Come ampiamente previsto, ma con un margine non troppo alto: rimarrà al potere fino al 2028
di Eugenio Cau
Come ampiamente previsto, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha vinto il ballottaggio delle elezioni presidenziali e ha ottenuto un nuovo mandato per i prossimi cinque anni: Erdogan è al potere in Turchia dal 2003, e con questa vittoria ci rimarrà fino al 2028.
Con la quasi totalità dei voti già contati, Erdogan ha ottenuto il 52,1 per cento e il suo avversario, il candidato unitario delle opposizioni Kemal Kilicdaroglu, il 47,9 per cento. Il divario è meno ampio di quanto molti analisti si attendessero, e mostra che al ballottaggio c’è stata una parziale rimonta di Kilicdaroglu, che al primo turno era andato molto sotto le aspettative. Non è stato tuttavia sufficiente.
La vittoria di Erdogan alle elezioni era ampiamente attesa. Le speranze dell’opposizione erano sembrate piuttosto compromesse dopo il primo turno, in cui Kilicdaroglu era arrivato molto dietro a Erdogan benché secondo i sondaggi fosse il favorito. Al primo turno, Erdogan aveva ottenuto il 49,5 per cento dei voti e Kilicdaroglu il 44,9. Al ballottaggio la distanza tra i due si è ridotta soltanto leggermente.
Prima ancora dei risultati ufficiali, Erdogan aveva già tenuto un discorso della vittoria fuori dalla sua residenza personale a Istanbul, davanti a migliaia di manifestanti. Tra le altre cose, ha detto: «Sarò qui finché non sarò nella tomba». Ha anche cantato una canzone che inneggiava alla città.
Erdoğan şarkı söylüyor. pic.twitter.com/mH8aAfYPaE
— mühendisyen (@muhendisyenn) May 28, 2023
Erdogan era arrivato alle elezioni di maggio estremamente indebolito: l’economia turca è in pessime condizioni provocate soprattutto dall’insistenza di Erdogan stesso nel perseguire politiche economiche e monetarie scriteriate. Inoltre era stato oggetto di gravi polemiche dopo il terremoto di febbraio nel sud-est del paese, a causa della lentezza nella gestione dei soccorsi e per via degli scarsi controlli che il suo governo aveva applicato sui costruttori di molte case che sono andate distrutte.
L’opposizione aveva cercato di approfittare di queste debolezze creando per la prima volta una grande coalizione molto eterogenea dietro a Kemal Kilicdaroglu, un politico esperto e accomodante.
L’insieme di tutti questi fattori, tuttavia, non è stato sufficiente per porre fine al dominio di Erdogan sulla Turchia. I dati mostrano che Erdogan è riuscito a mantenere il pieno sostegno delle aree centrali del paese, quelle più rurali ed economicamente arretrate che costituiscono da sempre il suo principale bacino elettorale. Come era già successo al primo turno, invece, Kilicdaroglu non è riuscito a convincere le zone del sud-est della Turchia a maggioranza curda, benché l’HDP, il partito filocurdo, avesse dato il suo implicito sostegno alla sua candidatura.
Secondo la Costituzione, riformata dal governo nel 2017, il mandato che comincia con la vittoria delle elezioni sarà l’ultimo per Erdogan, anche se in realtà, almeno dal punto di vista del conteggio degli anni, Erdogan ha già fatto un mandato e mezzo: è stato eletto presidente nel 2014, poi nel 2017 ha fatto approvare un referendum per trasformare la Turchia in una repubblica presidenziale e contestualmente ha deciso che il conteggio dei mandati si sarebbe azzerato. Per questo, formalmente, il suo primo mandato da presidente post riforma è cominciato nel 2017, e il secondo comincerà quest’anno.
È difficile immaginare come si svolgerà il nuovo mandato: la vittoria potrebbe convincere Erdogan e i suoi sostenitori che è il momento giusto per proseguire nel percorso di sempre maggiore autoritarismo e restrizione delle libertà politiche e civili che la Turchia ha intrapreso ormai da oltre un decennio. Nel suo primo discorso dopo la vittoria, Erdogan ha definito tutti i membri dell’opposizione come «sostenitori dell’LGBT»: cioè, dal suo punto di vista, persone condannabili che non seguono la morale islamica.
D’altro canto, il fatto che il margine di vittoria sia piuttosto risicato è un segnale che la legittimazione popolare di Erdogan è limitata: questo potrebbe frenarlo dal ridurre ulteriormente le libertà in Turchia.