A Venezia anche il calcio funziona a modo suo
All’estero la sua squadra affascina e vende a prescindere dai risultati; a Venezia ha trovato più difficoltà del previsto
di Pietro Cabrio
«Come vincere nel calcio perdendo le partite» è il titolo di un articolo pubblicato a febbraio su Bloomberg che parlava della squadra di calcio del Venezia e del suo recente successo commerciale. Pochi mesi prima l’edizione inglese di Esquire aveva scritto: «Con maglie così attraenti, importa a qualcuno se non dovessero più tornare a vincere?». Il titolo dell’articolo era «Fashion FC: come il Venezia è diventata la squadra di calcio più trendy del mondo». E di articoli simili se ne trovano molti altri, soprattutto sulla stampa internazionale.
Da questi punti di vista il Venezia degli ultimi anni è stato effettivamente un successo con pochi precedenti e un caso che ha fatto scuola. Tra l’ultimo anno in Serie B e la scorsa stagione in Serie A, per esempio, le vendite del merchandising sono passate dal generare circa 730mila euro di ricavi a oltre 3 milioni: un’enormità per una piccola squadra neopromossa che diventa ancora più notevole se si considera la sua storia recente, fatta perlopiù di difficoltà e fallimenti così frequenti da non averle mai permesso di creare un legame solido con la sua città (come la Roma a Roma, la Fiorentina a Firenze, il Napoli a Napoli).
Di quei 3 milioni di euro generati dal merchandising grazie a competenze e strategie portate dalla sua proprietà americana, il 96 per cento è venuto dall’estero (da 27 paesi diversi). In questo dato è racchiuso grossomodo quello che è stato il Venezia degli ultimi anni: una squadra rilanciata da investitori e professionisti stranieri che hanno portato solidità puntando sul marketing tanto quanto sulla parte sportiva. Ma fin qui i risultati sportivi sono serviti soprattutto al marketing: tante piccole squadre sono passate per la Serie A negli ultimi anni, poche ne hanno saputo trarre beneficio come il Venezia.
Quel 96 per cento di vendite all’estero dice inoltre che esistono due squadre, anzi tre: una vista dall’estero, una vista dall’Italia e una vista dal suo territorio. In ambito locale gli ultimi anni del Venezia sono stati raccontati però con toni molto meno entusiastici: è prevalso il risultato sportivo, ritenuto essenziale e primario per chi segue la squadra da vicino.
Lo scorso anno il primo campionato di Serie A dopo molto tempo si era concluso con una retrocessione da ultima classificata al termine di una stagione fatta anche di contestazioni, liti a bordo campo e divergenze all’interno della direzione sportiva culminate con le dimissioni di Paolo Poggi e Mattia Collauto, i due ex calciatori veneziani (molto amati in città) che avevano contribuito al rilancio della squadra.
Anche la stagione in corso, in Serie B, era iniziata malissimo, tanto che fino a poche settimane fa la squadra rischiava la seconda retrocessione di fila nonostante i grandi investimenti fatti in estate per tornare subito in Serie A. Nel mercato invernale, però, la società ha corretto i suoi errori cambiando un po’ tutto: giocatori, allenatore e direzione sportiva. In questo modo non solo è riuscita a salvarsi, ma all’ultima giornata si è qualificata ai playoff per la promozione. Come due anni fa, quindi, il Venezia ha la possibilità di tornare in Serie A, anche se non giocherà da favorita nemmeno il primo turno dei playoff: sabato sera contro un’altra squadra rigenerata a campionato in corso, il Cagliari di Claudio Ranieri.
Ma è proprio in questi mesi di difficoltà sul campo che il Venezia è diventato un brand internazionale, portando avanti alcuni dei progetti più interessanti che si possano trovare ora nel mondo del calcio, specialmente in Italia, dove al di fuori delle grandi squadre i modi di fare sono ancora “quelli di una volta”.
Tutto è iniziato simbolicamente dopo la promozione in Serie A con il passaggio da Nike a Kappa come fornitore tecnico, una scelta fatta per avere più controllo sulle produzioni e per associarsi a un altro brand italiano. E proprio grazie alla libertà concessa da Kappa sono state realizzate le famose maglie disegnate dall’agenzia creativa newyorkese Nowhere FC per il ritorno in Serie A. Il rinnovamento del club è stato poi completato con il rifacimento della “brand identity” — logo, sito, divise — affidato interamente allo studio tedesco Bureau Borsche, che in Italia ha rifatto anche l’immagine dell’Inter.
Le maglie del ritorno in Serie A sono quelle che hanno trainato l’aumento delle vendite. E da lì, grazie all’immagine costruita attorno al club, le divise del Venezia sono diventate più conosciute della squadra in sé. Oltre a vendere molto continuano a essere indossate negli ambiti più disparati: dai Vampire Weekend, dai Måneskin o da Pete Doherty in concerto, da Larry Nance dei New Orleans Pelicans prima di una partita di NBA (in questo caso una maglia falsa, si è poi scoperto) o dall’attore Matthew Fox in conferenza stampa a Cannes.
Ma nelle ultime due stagioni il Venezia ha portato avanti anche iniziative che hanno contribuito a definire ancora meglio il suo brand, seguendo i quattro obiettivi a lungo termine che si è posta la proprietà americana: eccellenza sportiva ed esempio di integrità, responsabilità sociale, impegno nei confronti della comunità, salvaguardia del patrimonio culturale e ambientale di Venezia.
25 Aprile, Festa di San Marco e della Liberazione. pic.twitter.com/WRGCTEGfDw
— Venezia FC (@VeneziaFC_IT) April 25, 2023
C’è una collaborazione con l’Università Iuav (l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia), che fra le altre cose ha portato alla realizzazione di linee d’abbigliamento che hanno contribuito al volume delle vendite con prodotti ricercati e di qualità. Vengono proposte regolarmente iniziative editoriali e partnership non comuni per il calcio italiano di provincia, come alcune fra le più recenti: la collaborazione con la piattaforma Moovit per agevolare il tragitto dei tifosi verso lo stadio, l’impegno con Ocean Space, organizzazione che promuove la salvaguardia degli oceani, e il sostegno alle associazioni che cercano di tutelare la città e la laguna veneta.
Anche le reazioni a queste iniziative, tuttavia, sembrano ottenere più riscontri all’estero che in Italia. Lo si vede anche dal flusso di commenti in lingua italiana che fino a poco tempo fa apparivano solitamente sotto contenuti che non riguardavano prettamente il calcio, con interventi come questo: «Scusatemi, ma domani c’è la partita e voi pensate a queste cose?» (il commento in questione era a un video in cui Linda Joronen, educatrice ambientale e moglie dell’attuale portiere del Venezia, discuteva con Jane da Mosto dell’associazione We Are Here Venice in occasione della Giornata della Terra).
Il Venezia visto dall’estero affascina, vende e fa chiedere fino a che punto contino i risultati in campo. In Italia, e a Venezia, la prospettiva è completamente diversa. Le iniziative commerciali non trovano così tanto seguito, e se lo trovano rimangono confinate a certe nicchie di settore. L’attenzione è soprattutto ai risultati, che nel complesso sono stati ottimi per una squadra che poco più di cinque anni fa aveva smesso di esistere, ma che al pubblico non sembrano essere sufficienti.
Fra la stagione in corso e quella passata i risultati ottenuti in campo hanno suscitato contestazioni, in particolare da parte del tifo organizzato, e reso l’ambiente intorno alla squadra piuttosto freddo, se non generalmente avverso e negativo.
Lo si è notato per mesi allo stadio Penzo, già di per sé poco frequentato nei periodi più freddi dell’anno, per la sua posizione e per come è esposto alle intemperie della laguna. La società ha dovuto inoltre gestire il malumore dei tifosi anche online, prendendo la decisione di applicare una moderazione piuttosto rigida alla sua pagina Facebook, la più frequentata dal pubblico locale fra tutti i social network in cui è presente. Il club aveva spiegato: «Nel corso dell’ultimo anno, la natura dei commenti su questa piattaforma è degenerata, fino a travisare i valori del club e a mal rappresentare lo spirito della comunità veneziana nel suo complesso».
La società aggiungeva inoltre che «l’uso di toni aggressivi e irragionevoli» rischiava di allontanare «tifosi e partner, esistenti e potenziali, con il pericolo ultimo di indebolire il club, la sua economia e la sua capacità di competere ai massimi livelli».
Negli ultimi mesi, tuttavia, il contributo dato dal nuovo allenatore, Paolo Vanoli (ex assistente di Antonio Conte al Chelsea e all’Inter), e le prestazioni sempre migliori della squadra hanno contribuito a riappacificare l’ambiente e a giustificare i tanti investimenti fatti dalla società sui giocatori, soprattutto stranieri, fin lì non ripagati.
Questo momento del Venezia, che proverà a far continuare ai playoff, è rappresentato in particolare da un giocatore, il centravanti finlandese Johan Pohjanpalo, che con i suoi gol ha in un certo senso guidato la ripresa della squadra. Nel suo caso però non c’entrano soltanto i gol. Pohjanpalo sembra rappresentare quello che i tifosi vorrebbero dalla loro squadra: più attaccamento e condivisione, oltre a una presenza decisiva in campo. Pur venendo dall’estero con una carriera internazionale, Pohjanpalo ha scelto per esempio di abitare a Venezia, e non a Mestre come fa la maggior parte della squadra per questioni di comodità (i campi di allenamento sono lì). Al termine delle partite, poi, è diventata ormai una tradizione vederlo bersi una birra con i tifosi al bar dello stadio, ancora con la divisa da gioco addosso.
La società sta ora cercando di assecondare questo riappacificamento con il pubblico locale concentrandosi di più sulla sua presenza nel territorio, negli ultimi anni messa un po’ in secondo piano dal successo riscosso all’estero: «Saremo ancora innovativi e ci vedrete fare di più per avvicinare i tifosi alla squadra» aveva detto già a febbraio il presidente Duncan Niederauer, ex amministratore delegato della borsa di New York.
Da allora il club si è riorganizzato per rivolgersi al suo territorio, non solo dal lato promozionale. I lavori di rifacimento del centro sportivo Taliercio a Mestre sono in corso, dopo essere stati finanziati anche con l’emissione di bond tramite una piattaforma online. In questo modo la società ha raccolto oltre 5 milioni di euro da tifosi e sostenitori provenienti da 33 paesi diversi. Lo stadio invece rimane una questione aperta e complessa. Averne uno in laguna è suggestivo, ma anche controproducente per tutta una serie di limiti che non si possono superare (dimensioni, praticità e collegamenti, soprattutto). Per questo il club sta sostenendo il progetto del comune di Venezia per un nuovo impianto nei dintorni di Mestre, che però è stato ostacolato di recente dall’esclusione dal PNRR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza con cui il governo italiano prevede di spendere i finanziamenti europei del Recovery Fund.
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