Può ancora arrivare un nuovo grande social network?
Con il declino o le difficoltà di Facebook, Instagram, Twitter e TikTok si stanno aprendo nuovi spazi, ma forse oggi occuparli è impossibile
di Viola Stefanello
Per qualche mese, l’anno scorso, sembrava che BeReal avrebbe potuto affermarsi come uno dei social network più amati e frequentati dai più giovani. Diventata popolare nei campus universitari statunitensi a inizio 2022, secondo i dati della società SensorTower l’app francese era stata scaricata da 4,5 milioni di persone ad aprile, 7,7 milioni a giugno, 12,3 milioni ad agosto, 14,7 milioni a settembre.
Il principio dietro a BeReal è semplice: una volta al giorno, a un’ora diversa ogni giorno, agli utenti viene chiesto con una notifica di scattare simultaneamente due foto, una attraverso l’obiettivo anteriore del cellulare (quello per i selfie), l’altra attraverso l’obiettivo posteriore. Si hanno due minuti per scattare queste foto e decidere se pubblicarle o meno sul proprio profilo: le persone che vogliono scattare le proprie foto del giorno a un orario diverso possono farlo, ma l’app segnala molto chiaramente chi ha pubblicato le foto al di fuori dei due minuti di tempo stabiliti. L’intenzione esplicita è quella di permettere alle persone di «mostrare come sono veramente», in aperto contrasto con l’idea che sugli altri social network, e soprattutto su Instagram, le persone tendano a pubblicare soltanto i momenti migliori della propria vita, alimentando negli altri frustrazioni e invidie.
L’idea sembrava essere piaciuta moltissimo: Twitter, Instagram e TikTok erano pieni di meme e battute su BeReal, ma anche di screenshot per mostrare sugli altri social i propri post BeReal del giorno e invitare gli amici a unirsi. Non era chiaro come l’azienda intendesse monetizzare il proprio successo, dato che l’applicazione è stata fin da subito priva di pubblicità o di incentivi perché gli utenti la usassero per molto tempo, ma in termini di diffusione sembrava che BeReal stesse riuscendo a guadagnarsi un posto stabile, seppur minore, nelle abitudini digitali di milioni di persone.
A distanza di un anno, la situazione è un po’ diversa. Ad aprile il New York Times ha scritto del «declino di BeReal» tra i propri utenti più giovani, rivelando che il numero di persone che utilizzano quotidianamente l’app è sceso del 61% rispetto al suo picco, passando dai circa 15 milioni dell’ottobre del 2022 ai sei milioni scarsi di marzo. In risposta l’azienda ha detto che in base ai propri calcoli gli utenti che usano quotidianamente l’app sono 20 milioni, comunque molti meno dell’estate scorsa. BeReal ha recentemente reso disponibile un aggiornamento che permette di pubblicare più di un post al giorno in determinati casi, ma è stata criticata per aver lavorato a qualcosa che nessuno sembrava averle chiesto di fare.
Il caso di BeReal, unito al fatto che le tante piattaforme che si sono proposte come alternative al Twitter di Elon Musk sono molto lontane dal raggiungere una diffusione di massa, ha portato vari esperti a formulare un’ipotesi: ovvero che oggi costruire un nuovo social network che possa fare davvero concorrenza a quelli che conosciamo, assumendo una rilevanza culturale e sociale paragonabile a quella di Facebook, Instagram, Twitter o TikTok, sia di fatto impossibile. Anche se per motivi diversi sembra che gli attuali grandi social network stiano avendo o potrebbero avere in futuro grossi problemi e un declino nel numero di utenti: Facebook è in crisi di popolarità da anni, Instagram sta diventando secondo molti un luogo di eccessive promozioni e autopromozioni, Twitter da mesi è gestito in maniera piuttosto caotica da Musk e TikTok sta subendo pressioni e limitazioni dai governi occidentali per via della sua proprietà cinese.
Da un punto di vista tecnico costruire un social network che abbia funzionalità simili a quelli che già esistono – ovvero che permetta di pubblicare post, foto e video, commentarli, esprimere approvazione in qualche modo e magari seguire le altre persone e scambiarsi messaggi privati – non è mai stato così facile: esistono vari servizi, come AWS, Heroku o Microsoft Azure che l’hanno reso particolarmente rapido e relativamente poco costoso.
Il problema è che non sembra esserci davvero una grande richiesta commerciale di nuovi social: il formato stesso sembra essere da tempo in profonda crisi o quanto meno in trasformazione. L’unico bacino di utenti che sembra essere effettivamente alla ricerca di un nuovo social è quello delle persone che erano affezionate al formato di Twitter ma che sono maldisposte nei confronti di Musk per vari motivi (la sua gestione autoritaria e provocatoria del social network, le novità controverse introdotte nelle politiche sulla moderazione dei contenuti, e le sue stesse opinioni, spesso divisive e talvolta estremiste). Ma finora, nonostante diversi tentativi – come Mastodon – nessuno è riuscito a convincere questa comunità a spostarsi in massa altrove.
Sottrarre gli utenti agli altri social network – o quanto meno convincerli a passare ancora più tempo al telefono o al computer per utilizzare il proprio servizio, oltre a quello delle altre aziende – si sta rivelando insomma particolarmente complesso. In primis perché non è sufficiente spostare singole persone: per offrire un’esperienza di valore agli utenti è importante che si formi quanto prima una comunità di cui gli individui vogliono sentirsi parte. Inoltre, le società che gestiscono i social possono permettersi molti meno errori di un tempo, per quanto riguarda la privacy degli utenti o la moderazione dei contenuti, data l’estrema attenzione che governi e giornalisti prestano al tema da alcuni anni.
Secondo Casey Newton, uno dei più informati giornalisti che scrivono di Silicon Valley, la questione è che nessuna delle nuove app emerse negli ultimi mesi ha fatto granché per differenziarsi dalle altre. «Da quando Twitter è in fiamme c’è stata una sorta di esplosione precambriana nel settore delle app social: tra Mastodon, T2, Post, Nostr, Bluesky, Artifact e il progetto a cui sta lavorando Meta, c’è una spinta senza precedenti per occupare il vecchio spazio occupato da Twitter», scrive Newton. «Finora, però, nessuno ha identificato una nuova funzionalità veramente nuova. E se in passato questo genere di app si sono clonate a vicenda con un certo successo, non posso fare a meno di pensare che ci sia un’evidente pigrizia nel modo in cui oggi le aziende si approcciano [alla creazione di una nuova app social]».
Negli ultimi mesi, per esempio, si è parlato molto dell’opportunità di spostarsi su piattaforme “decentralizzate”, ovvero basate su un software progettato per consentire a chiunque di aprire un proprio server che sia compatibile con gli altri che usano lo stesso software. Questo dovrebbe rendere più difficili situazioni in cui, per esempio, un miliardario diventa l’unico proprietario di uno dei social network più utilizzati da politici e giornalisti di tutto il mondo. Newton ha detto che «non è sufficiente promettere vantaggi astratti» per attirare gli utenti: «quello che devono fare è fornire nuove funzionalità, nel modo in cui TikTok introduce costantemente nuovi effetti video o Snapchat aggiunge nuovi filtri di realtà aumentata».
Secondo altri esperti, però, la capacità di creare uno spazio stimolante e divertente dove le persone hanno voglia di passare il proprio tempo non dipende soltanto dall’innovazione tecnologica. Parlando del declino di BeReal sul Guardian, la professoressa di comunicazione digitale Ysabel Gerrard ha scritto che forse, semplicemente, «mostrare ai tuoi amici che sei a malapena uscito di casa per tre giorni di seguito non è un’esperienza sociale appagante e piacevole, né online né offline. Il piacere è un aspetto fondamentale delle nostre relazioni con le app social, eppure è spesso trascurato nelle nostre critiche, a favore di un’enfasi eccessiva sui loro potenziali danni».
La ricerca di un’esperienza piacevole, stimolante e intuitiva è anche ciò che ha portato molti nuovi utenti che hanno provato a usare Mastodon a stancarsene molto velocemente. Presentata come la principale alternativa a Twitter dopo l’acquisto da parte di Musk, Mastodon richiede delle capacità tecniche minime per iscriversi e capire come muoversi in uno spazio progettato con modalità vecchie e macchinose, a cui molti utenti non sono più abituati. Inoltre, molti nuovi utenti hanno segnalato la percezione che le persone che popolavano già la piattaforma da anni avessero nel frattempo costruito delle regole non scritte di comportamento troppo rigide e complesse, alienando i nuovi arrivati e allontanando la possibilità di un esodo di massa da Twitter.
Di recente il fondatore di Mastodon Eugen Rochko ha annunciato che il suo team sta lavorando per rendere il software più accessibile e navigabile anche a chi sta cercando un’alternativa a Twitter ma non se la sente di imparare come funziona un sistema decentralizzato per farlo. «Se attiriamo solo persone che hanno già a cuore la decentralizzazione, l’obiettivo di allargare alle masse [il nostro protocollo decentralizzato] diventa molto più complessa da raggiungere», ha detto Rochko.
Nel frattempo, però, l’attenzione degli addetti ai lavori si è spostata su un’altra piattaforma: Bluesky, clone di Twitter basato su un protocollo che rende possibile la decentralizzazione. Bluesky è ancora in versione “beta”, il che vuol dire che non è aperto al pubblico, manca ancora di tantissime funzionalità centrali (come i messaggi diretti), ed è accessibile soltanto su invito da parte di qualcuno che ha già un profilo sul sito.
Nelle ultime settimane però la squadra che lo sta sviluppando ha cominciato a distribuire un numero crescente di inviti, e l’app si è popolata di 72 mila utenti, tra cui alcune delle celebrità e dei creatori di meme più attivi e popolari di Twitter, come la parlamentare statunitense Alexandria Ocasio-Cortez e l’ex moglie di Musk, la cantante Grimes. Gli inviti sono però ancora molto limitati, il che ha generato una certa attenzione e attesa tra chi vorrebbe provarla, ma non può farlo.
A chi è riuscito a creare un profilo, però, sembra che Bluesky stia riservando un certo divertimento. «Sebbene Bluesky e Mastodon siano praticamente identiche nello scopo e nelle funzionalità, dopo pochi minuti di utilizzo di Bluesky, sono finalmente riuscito a capire perché Mastodon mi piace così poco: non mi interessa la federazione, non mi interessa scegliere un server, voglio solo aprire un’app e guardare i post, e i post di Mastodon sono troppo lunghi e larghi e non hanno un bell’aspetto, e i post di Bluesky sono stretti e compatti e facili da leggere», ha commentato Ryan Broderick, autore di una delle più popolari newsletter sulla cultura di internet, Garbage Day.
Secondo Broderick e altri osservatori, il fatto che Bluesky stia riuscendo nel suo piccolo a ricreare il tipo di atmosfera caotica ma vibrante che esisteva su Twitter nel 2012 fa ben sperare per una sua prossima eventuale diffusione di massa, dopo che avrà aperto al pubblico. «Sembra che la Silicon Valley abbia dimenticato che i social network possono essere divertenti. Non arricchenti. Non avvincenti. Divertenti», continua Broderick. «Tumblr è il miglior esempio di una comunità in cui gli utenti sono sempre pronti a giocare e sperimentano sempre nuovi modi di interagire tra loro. E al momento sto vedendo molto dello stesso spirito su Bluesky. Ma questa energia sembra anche estremamente fragile: la piattaforma è ancora molto piccola».
Lo stesso Broderick, però, riconosce che esiste la possibilità che semplicemente non ci sarà mai più qualcosa come Twitter, e che le varie comunità che una volta coesistevano sulla piattaforma potrebbero finire per sparpagliarsi su social network più piccoli e privati, relegando al passato il momento in cui giornalisti, comici, scrittori, politici di fama globale, esperti di tutti i campi, troll con troppo tempo libero e persone qualunque interagivano e si scontravano su un solo sito, in 140 caratteri.