Le migliaia di animali morti nell’alluvione in Romagna
Maiali e polli sono annegati negli allevamenti intensivi, i cavalli hanno nuotato per giorni in cerca di riparo, una colonia di conigli è stata spazzata via
Venerdì sono stati portati in salvo quasi tremila maiali allevati nell’azienda agricola Benfenati di Lugo, in provincia di Ravenna: erano bloccati nei loro porcili travolti dalla piena del Senio e del Santerno, due tra i tanti fiumi esondati la scorsa settimana in Emilia-Romagna. Una cinquantina di maiali sono morti annegati. Davide Bacchiera, il direttore dell’azienda agricola, è riuscito a salvare gli altri animali grazie a un appello diffuso sui social network. Negli altri comuni dell’Emilia-Romagna coinvolti dall’alluvione non è stato possibile intervenire in tempo per salvare moltissimi altri animali bloccati e annegati nell’acqua che ha ricoperto case, campagne e aziende: ne sono morti migliaia non solo da allevamento, ma anche domestici e selvatici.
È ancora presto per capire quanti siano gli animali coinvolti nell’alluvione, se mai sarà possibile accertarlo con un minimo di accuratezza. Per ora la priorità della Protezione civile e dei vigili del fuoco è permettere alle persone sfollate di rientrare nelle loro case. Molte strade sono allagate e rimuovere il fango da case e negozi è un’operazione lunga e faticosa. Saranno necessari molti giorni di lavoro per tornare a una condizione relativamente normale e al momento non è possibile fare stime affidabili su quanti siano i danni alle case e quanti soldi servano per la ricostruzione.
Oltre alle abitazioni e alle infrastrutture come strade e ponti, l’alluvione ha causato moltissimi danni alle aziende agricole e agli allevamenti. L’Emilia-Romagna è una delle regioni italiane in cui ce ne sono di più: sono circa 4.000 di suini e 3.400 di bovini. Secondo i dati più recenti diffusi dall’ISTAT, aggiornati allo scorso dicembre, nella regione vengono allevati 579mila bovini e un milione di suini, oltre a 27mila cavalli, 4.600 tra asini e muli, 49mila pecore.
Molti di questi animali vivono in allevamenti intensivi, dove vengono cresciuti per le loro carni e per altri prodotti come latte e cuoio. È una modalità di allevamento sempre più impiegata, con enormi stalle o porcili che ospitano migliaia di animali, spesso in condizioni che provocano loro sofferenze e malessere.
Moltissimi sono morti proprio perché si trovavano in ambienti angusti, da cui non è semplice uscire in caso di un evento estremo come un’alluvione. «Con i maiali è stato un disastro perché quasi sempre vivono in strutture fatte apposta per non farli scappare», dice Matteo Galliani, direttore della clinica veterinaria di Russi che negli ultimi giorni ha portato in salvo molti animali bloccati dall’acqua. «In generale è meglio lasciare liberi gli animali, perché possono nuotare e tentare di mettersi al sicuro. I cavalli e i maiali nuotano, ma i cavalli hanno più resistenza, mentre i maiali essendo bassi fanno più fatica. Abbiamo trovato un cavallo che era da tre giorni nell’acqua e comunque aveva trovato la forza per cercare cibo».
A Faenza, che era già stata colpita dall’alluvione di inizio maggio, 600 maiali sono morti nell’allevamento all’interno dell’azienda agricola La Panighina. Il proprietario, Paolo Mazzotti, ha detto che i capannoni sono stati travolti dall’acqua in modo così violento da rendere impossibile qualsiasi operazione di salvataggio: «L’allerta c’è stata ma da quando abbiamo visto l’acqua a quando è arrivata è stato un lampo. In un attimo abbiamo avuto un metro e mezzo d’acqua; la violenza dell’inondazione ha portato via tutto, anche le protezioni che avevamo previsto. A quel punto c’era solo da aspettare che passasse tutto». L’acqua si è ritirata nel giro di 24 ore. Sono rimasti solo il fango e i corpi dei maiali.
Tra venerdì e domenica alcuni volontari di Essere Animali, un’associazione che si occupa dei diritti degli animali, ha organizzato una ricognizione in alcuni allevamenti colpiti dall’alluvione a Ravenna, Forlì e Cesena, per documentare le condizioni degli animali allevati negli allevamenti intensivi.
A Bertinoro, in provincia di Forlì-Cesena, è stato trovato un allevamento ancora parzialmente allagato: all’interno ci sono migliaia di suini costretti a stare con l’acqua a 50 centimetri di altezza. I volontari hanno trovato alcune cataste di animali morti all’esterno di un capannone, in particolare una in cui se ne erano ammassati oltre 100.
Anche a Bagnacavallo, in provincia di Ravenna, è stato individuato un allevamento con migliaia di maiali che nuotano nell’acqua all’interno dei recinti allagati. Lunedì il comune ha chiesto ai proprietari di iniziare le operazioni di salvataggio. A San Lorenzo in Noceto, una frazione di Forlì, l’acqua ha travolto tre capannoni di un allevamento di galline: più di 60mila animali sono morti. «Essere Animali esprime solidarietà a tutte le persone colpite da questo dramma, ed evidenzia come l’Italia si trovi ancora una volta fragile e impreparata di fronte all’emergenza, che colpisce persone e animali come quelli allevati, confinati in aziende in cui molto spesso manca un piano di evacuazione per le emergenze», dice un comunicato dell’associazione.
Negli ultimi due giorni fiumi e canali sono tornati ai livelli normali e l’acqua si è ritirata da strade e aziende, ma per gli animali l’emergenza non è finita. Una parte consistente del foraggio stipato nei fienili è andato perso. Ci sono molti danni anche alle strutture, comprese le reti idriche per far bere gli animali. Secondo una prima stima della Coldiretti delle province di Ravenna, Rimini, Forlì e Cesena, nella sola Romagna ci sono 250mila tra bovini, maiali, pecore e capre che necessitano di protezione, acqua e cibo. A questi vanno aggiunti anche 400 allevamenti avicoli, di polli, galline da uova e tacchini, e 45mila alveari di api molti dei quali sono andati distrutti. Molti allevatori che non hanno subito danni hanno messo a disposizione gratuitamente fieno e mangimi ai colleghi in difficoltà.
Il cibo e l’acqua sono un problema anche per gli animali bloccati negli allevamenti irraggiungibili a causa delle frane che hanno distrutto strade in collina e sugli Appennini. Molti allevatori nonostante gli inviti delle forze dell’ordine sono rimasti con gli animali. Fabio e Linfa, titolari dell’allevamento LinFa, insieme a un gruppo di amici sono riusciti ad aprirsi un varco nella vegetazione per aggirare le frane che hanno isolato il loro allevamento di cavalli. Sabato avevano raggiunto gli animali con l’elicottero della Guardia di Finanza per portare un po’ di acqua perché le frane hanno danneggiato le tubature.
– Leggi anche: «Qui è cambiata la geografia, non ci sono più dei monti»
Per due giorni è rimasto isolato anche il centro di tutela della fauna esotica e selvatica del monte Adone, a Sasso Marconi, in provincia di Bologna. Il centro si occupa di recuperare animali autoctoni o esotici feriti, in difficoltà o sequestrati dall’autorità giudiziaria per maltrattamento o commercio. Ospita tartarughe, pappagalli, procioni, diverse specie di primati. Nell’area intorno al centro vivono anche animali selvatici come lupi, caprioli, cervi, rapaci. Alla fine della scorsa settimana l’accesso al centro è stato ripristinato, anche se in alcuni punti la viabilità è ancora deviata. Gli animali sono stati assistiti dai volontari che nonostante la pioggia e le difficoltà di spostamento sono riusciti a garantire cibo e acqua.
La situazione è decisamente più grave nel parco urbano Franco Agosto di Forlì, allagato a causa della piena del fiume Montone. Il parco, gestito dall’associazione Made in Bunny, ospitava una colonia di conigli, cigni e tartarughe. Quasi tutte le strutture sono state distrutte, il fango è ovunque e il parco è stato dichiarato inagibile dalle forze dell’ordine. Martedì a causa dell’allerta i volontari non hanno potuto portare in salvo i conigli. «Moltissimi sono i conigli morti, non sappiamo neanche stimare quanti, ed evitiamo di mostrarvi le immagini perché sono devastanti», dice un post sulla pagina Facebook dell’associazione. «L’area della colonia è stata in buona parte divelta dalla furia dell’acqua, acqua che non sappiamo quando rientrerà a sufficienza per consentire ai volontari di intervenire». Nel fine settimana sono state recuperate le carpe che erano in un canale senza uscita e con poca acqua, i cigni coperti di fango, un germano reale e un coniglio, chiamato Pandoro, che è riuscito a rifugiarsi su un albero.
Rintracciare e recuperare gli animali domestici dispersi è il lavoro più lungo e complicato. Diverse associazioni sono impegnate con mezzi e attrezzature che non avevano mai utilizzato finora: per esempio, vengono utilizzati i droni per individuare gatti bloccati sui tetti o cani che si sono rifugiati sui balconi.
Su Facebook c’è un gruppo chiamato “Sos animali alluvionati – esondazioni Emilia-Romagna” dove negli ultimi giorni sono state pubblicate centinaia di segnalazioni di cani e gatti ritrovati o appelli da parte dei proprietari. Era stato creato nel 2014 in seguito a un’alluvione avvenuta in provincia di Modena per la rottura dell’argine del fiume Secchia ed è stato riattivato dopo l’alluvione di inizio maggio. Negli ultimi giorni grazie alle foto diffuse sul gruppo sono stati recuperati molti cani e gatti, soprattutto a Faenza, e sono state incrociate molte richieste e offerte di aiuto.