Le aree a rischio alluvione in Italia
Il 5,4 per cento del territorio è in aree a pericolosità elevata, e i comuni dell'Emilia-Romagna sono quelli più a rischio
Ogni anno l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), un ente di ricerca pubblico legato al ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, diffonde dati aggiornati che mostrano quanto l’intero territorio italiano sia esposto al rischio idrogeologico, cioè legato a frane e alluvioni. Le indagini e i report servono soprattutto per dare informazioni puntuali a chi gestisce il territorio, tecnici e politici, e in questo modo incentivare interventi per ridurre i rischi. La grave alluvione che negli ultimi giorni ha colpito l’Emilia-Romagna è la conferma di un dato noto da tempo: quasi tutti i comuni della regione si trovano in aree a pericolosità idrica media o elevata.
In generale l’Italia rispetto a molti altri paesi europei è esposta naturalmente al rischio di alluvioni perché lo spazio per contenere l’acqua delle esondazioni è limitato. Negli ultimi decenni questa condizione si è aggravata con l’espansione dei centri abitati e delle aree industriali che hanno coperto una parte consistente di suolo. La cementificazione diminuisce la capacità del suolo di assorbire la pioggia e quindi favorisce lo scorrere di grandi quantità d’acqua. Iniziative che possono contrastare gli effetti del consumo di suolo sono la cosiddetta rinaturalizzazione delle aree più vicine ai fiumi, cioè far sì che tornino boscose. Ma anche la realizzazione di fossati e piccoli laghetti nelle campagne, che contribuiscano a raccogliere l’acqua (e che siano d’aiuto nei periodi siccitosi), e di siepi che evitino il trasporto di detriti.
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L’ISPRA ha identificato tre possibili scenari legati al rischio di alluvioni: le aree a rischio basso possono essere colpite da alluvioni con una frequenza di ritorno superiore ai 200 anni (in idrologia si usa il tempo di ritorno, il tempo medio intercorrente tra il verificarsi di due eventi successivi di entità uguale o superiore, per esprimere una probabilità), le aree a rischio medio tra i 100 e i 200 anni e quelle a rischio alto tra i 20 e i 50 anni. In tutta Italia il 14% del territorio è in aree a pericolosità bassa, il 10% è in aree a pericolosità media, il 5,4% in aree a rischio elevato; la rimanente parte di territorio – quindi la grande maggioranza – non è considerata a rischio.
Il rischio è più alto in Emilia-Romagna. I dati dell’ultima rilevazione dicono che 428mila persone vivono in aree a pericolosità elevata, 2,3 milioni di persone in aree a pericolosità media e meno di 300mila in aree almeno a pericolosità bassa. Come spiega l’istituto, la notevole estensione delle aree allagabili in Emilia-Romagna è legata alla presenza di una complessa rete di corsi d’acqua che si sviluppano su ampie aree morfologicamente depresse, cioè a un livello più basso rispetto al suolo. Inoltre spesso i canali sono pensili, cioè il letto è sopraelevato rispetto al piano di campagna.
In questa mappa si possono consultare i dati della pericolosità media o alta di tutti i comuni italiani. I dati mostrano la percentuale di popolazione esposta al rischio. Come si può notare, quasi tutta la popolazione dell’Emilia-Romagna abita in aree a rischio alluvioni.
Ferrara è la provincia con la più alta percentuale di popolazione esposta almeno al rischio medio: il 100%. Sono sette le province in cui la percentuale supera il 50%: oltre a Ferrara, anche Rovigo, Ravenna, Venezia, Mantova, Reggio Emilia e Bologna. La Sicilia è la regione con meno aree a rischio alluvione. Il rapporto dell’ISPRA contiene anche molte altre informazioni. Per esempio viene fatta una stima degli edifici a rischio in caso di alluvione. In Emilia-Romagna sono quasi 590mila, pari al 60,2 per cento del totale.
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