Si vota in Grecia
Per rinnovare il parlamento, anche se potrebbe servire un secondo turno: se la giocano per lo più Nuova Democrazia, al governo e di centrodestra, e Syriza, di sinistra
Domenica in Grecia si tengono le elezioni politiche. L’attuale governo greco è guidato da Nuova Democrazia, partito conservatore e di centrodestra. Secondo i calcoli degli esperti un partito che voglia governare da solo dovrà ottenere almeno il 46 per cento dei voti. Se non succederà, come in molti prevedono, ci saranno delle trattative per cercare di formare un governo di coalizione. Ma anche questa prospettiva sembra politicamente complicata: se le negoziazioni non andranno a buon fine a luglio si terrà il secondo turno delle elezioni, ma si voterà con un nuovo sistema elettorale, diverso da quello del primo turno e che potrebbe portare a risultati più concreti.
La legge elettorale con cui si andrà al voto domenica è quella approvata nel 2016 dall’allora governo di sinistra guidato da Syriza, attualmente all’opposizione. È un proporzionale semplice che ha eliminato il premio di maggioranza di 50 seggi per il primo partito e che ha come obiettivo quello di rendere difficili le maggioranze composte da un solo partito: prevede la soglia del 3 per cento e che per avere una maggioranza di 151 seggi su 300 al Parlamento un partito ottenga un sostegno pari ad almeno il 46 per cento.
Se nessuno ottiene la maggioranza, il Presidente della Repubblica dà l’incarico di formare un governo al leader del partito più votato. Se entro tre giorni il primo incaricato non ci riesce e rinuncia al mandato, tocca al leader del partito arrivato secondo e poi, in caso di un suo fallimento, al leader del partito arrivato terzo. Se nessuno riesce a fare degli accordi per formare un governo di coalizione si va a una seconda votazione, che in questo caso si terrà a luglio (e nel frattempo sarà nominato un governo tecnico).
All’eventuale secondo turno si applicherà però un altro sistema elettorale. Dopo aver vinto le elezioni nel gennaio del 2020 Nuova Democrazia, da sempre sostenitrice del premio di maggioranza, aveva approvato una nuova legge elettorale per ripristinarlo, anche se con una formula differente. Questa legge, però, era stata approvata nel 2020 dal parlamento con una maggioranza semplice e sarebbe stata necessaria invece una maggioranza di almeno due terzi per farla entrare subito in vigore. La sua data di applicazione è dunque slittata alle prime elezioni successive dopo il primo voto per il rinnovo del parlamento, quindi all’eventuale secondo turno delle politiche del 2023.
Il sistema elettorale voluto da Nuova Democrazia è un proporzionale rafforzato: se un partito riceverà una percentuale maggiore o uguale al 25 per cento dei voti validi, allora riceverà un bonus di 20 seggi, mentre i restanti 280 seggi saranno assegnati proporzionalmente. Dal 25 per cento in poi il bonus aumenta, fino a raggiungere un massimo di 50 seggi se il partito più votato ottiene almeno il 40 per cento.
Nel 2019 le elezioni erano state vinte da Nuova Democrazia, di centrodestra, che aveva superato la sinistra di Alexis Tsipras, Syriza, che aveva governato fino a quel momento. Il risultato aveva consentito a Nuova Democrazia di nominare come primo ministro il proprio leader, Kyriakos Mitsotakis. Mitsotakis appartiene a una delle famiglie più ricche e potenti della Grecia. I Mitsotakis-Venizelos sono infatti una dinastia di armatori greci che ha già espresso tre primi ministri, numerosi ministri, parlamentari e governatori regionali.
Dopo la laurea in relazioni internazionali ottenuta a Stanford, Mitsotakis aveva lavorato come consulente per alcune banche e altre società finanziarie internazionali, tra cui la società di consulenza McKinsey. Nei primi anni Duemila aveva abbandonato il settore privato per entrare in politica. Nel 2013 era stato nominato ministro della Riforma della pubblica amministrazione nel governo di Antonis Samaras, quello che aveva il difficile compito di implementare le dure misure di austerità richieste dal Fondo Monetario Internazionale e che fu sconfitto da Syriza alle politiche del 2015.
Nel 2015 Tsipras aveva promesso ai greci la fine delle misure di austerità e la rinegoziazione delle condizioni imposte al paese dai suoi creditori, dopo una durissima crisi economica e un enorme buco di bilancio creato dai governi precedenti. Durante il suo mandato però, Tsipras aveva mostrato un certo pragmatismo cedendo alle pressioni dei creditori e finendo con l’accettare un prestito internazionale a condizioni difficili quasi quanto le precedenti. In seguito Tsipras aveva allontanato dal suo governo l’allora ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, contrario ad ogni compromesso con i creditori, che aveva fondato un nuovo partito.
I principali partiti che si presenteranno alle elezioni di domenica sono Nuova Democrazia (ND) e Syriza di Alexis Tsipras, che ne è ancora il leader. Syriza è l’acronimo di Synaspismós Rizospastikís Aristerás, che vuol dire Coalizione della Sinistra Radicale, ma ha da tempo aggiunto al proprio nome Proodeftiki Symmachia, cioè Alleanza Progressista, con l’obiettivo di trasformarsi in una forza politica che comprenda tutta la sinistra fino al centro progressista.
Ci sono poi i socialisti del Pasok che hanno rinnovato il loro nome aggiungendo Kinima Allaghis (Movimento del Cambiamento): il loro leader è Nikos Androulakis, considerato un moderato. Seguono i comunisti del KKE di Dimitris Koutsoumpas, il partito dell’ex ministro dell’Economia Yanis Varoufakis, MeRA25, che significa Fronte della Disobbedienza Realistica Europea, e il partito di estrema destra Soluzione Greca (EL), entrato in parlamento nel 2019 ed erede di Alba Dorata.
Qualche settimana fa la Corte Suprema del paese ha invece bloccato la partecipazione alle elezioni del Partito Nazionale-I Greci, fondato da Ilias Kasidiaris, ex deputato e portavoce di Alba Dorata, e di altri due piccoli partiti di estrema destra creati da ex deputati di Nuova Democrazia.
I sondaggi dicono che Nuova Democrazia è in vantaggio. Secondo Europe Elects, che fornisce la media dei sondaggi nazionali, l’attuale partito di governo potrebbe ottenere il 36,6 per cento dei voti al primo turno, seguito da Syriza al 29,5 per cento e dal Pasok al 10,3 per cento.
«Non guardate i sondaggi», ha detto di recente da Salonicco Alexis Tsipras, insistendo sul fatto che non sia realistico che il partito di governo abbia visto aumentare costantemente i propri consensi dopo l’incidente ferroviario del primo marzo in cui erano morte 57 persone. Dopo l’incidente in diverse città del paese erano state organizzate grosse proteste contro il pessimo stato delle infrastrutture, la scarsità di personale e la svendita delle ferrovie e della società di manutenzione ferroviaria ai privati. Alexis Tsipras aveva scelto tra l’altro proprio Larissa, la città dell’incidente ferroviario, per uno dei suoi comizi: e lì aveva definito il governo del primo ministro Mitsotakis «il volto più feroce del neoliberismo».
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Non è la prima volta che il sistema di sondaggi greco viene messo in discussione. Secondo alcuni analisti il problema è strutturale: la metodologia si concentra principalmente sulle interviste telefoniche e gli istituti, di conseguenza, non riescono a identificare gli elettori e le elettrici più giovani e progressiste.
Le persone tra i 16 e i 21 anni che domenica voteranno per la prima volta saranno più di 430 mila e un momento importante della loro politicizzazione è stato proprio il recente incidente ferroviario: non solo per la gravità dell’incidente, ma anche perché molte tra le persone morte erano giovani studenti. Inoltre era stata vista come una presa in giro che il ministro dei Trasporti Kostas Karamanlis si fosse dimesso ma poi ricandidato da Nuova Democrazia.
In generale tutti i partiti stanno cercando di ottenere il voto dei giovani e i loro leader sono molto attivi sui social, in particolare su TikTok. Mitsotakis ha annunciato ad esempio che darà ai giovani di 18 e 19 anni un bonus di 150 euro da spendere in cultura o turismo. E Alexis Tsipras ha detto che in caso di vittoria il suo primo atto legislativo sarà quello di facilitare l’accesso all’università attraverso l’eliminazione di una serie di requisiti minimi.
Su alcuni giornali circolano comunque dei sondaggi che mostrano un testa a testa tra Nuova Democrazia e Syriza; tuttavia tutte le proiezioni dicono che difficilmente uno dei due principali partiti arriverà alla soglia necessaria per formare un governo monopartitico. In vista di questo risultato e dunque della necessità di fare delle alleanze non è comunque chiaro come andranno le cose. Syriza ha detto che punta a formare una coalizione progressista con i socialisti, che però potrebbe non essere sufficiente. E le relazioni tra Tsipras e Varoufakis sono molto tese da tempo.
Il Pasok non ha ancora esplicitato cosa intenda fare, sebbene il suo programma elettorale sia idealmente più vicino a quello di Syriza che a quello di Nuova Democrazia. I rapporti con Nuova Democrazia sono poi peggiorati dopo lo scandalo delle intercettazioni del 2022, quando il leader socialista Androulakis aveva denunciato di essere stato intercettato per mesi dai servizi segreti greci che, proprio per scelta di Mitsotakis, erano stati posti sotto il diretto controllo dell’ufficio del primo ministro. Qualsiasi coalizione tra Nuova Democrazia e Syriza è infine naturalmente esclusa.
Mitsotakis punta a ottenere un secondo mandato, ma secondo molti giornali starebbe già puntando al secondo turno che, con il proporzionale rafforzato, potrebbe dargli più probabilità di poter governare da solo. Il primo ministro uscente sostiene che fuori dal proprio partito ci sia «il caos assoluto», dice di volere «un governo stabile, un governo che possa prendere decisioni e che non sia in balia delle contrattazioni e dei ricatti interni ai partiti».
Nella campagna elettorale il primo ministro ha messo al centro l’economia, rivendicando i risultati ottenuti negli ultimi anni.
La Grecia in effetti è cresciuta economicamente, sono aumentati gli investimenti stranieri e le esportazioni. Mitsotakis ha ridotto le tasse delle aziende e ha attuato anche una grande liberalizzazione del mercato del lavoro, che tuttavia secondo i sindacati avrebbe portato a un aumento significativo di contratti temporanei e di agenzie interinali, che avrebbero compromesso non solo il livello dei salari, ma anche la sicurezza. Tsipras sostiene che questo rilancio finanziario non abbia cambiato la vita quotidiana dei cittadini: il potere d’acquisto dei greci non sarebbe aumentato, la domanda interna sarebbe rimasta bassa, i servizi e i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici non sarebbero migliorati.
L’altra grande questione al centro della campagna elettorale sono le politiche di accoglienza del paese. Con le prossime elezioni, ha scritto ad esempio Politico, gli elettori e le elettrici greche decideranno se confermare e rafforzare la linea dura adottata finora dal governo con le persone migranti o se favorire il principale partito di opposizione che ha invece una posizione più morbida. Mitsotakis, che sta tra l’altro cercando di recuperare voti dall’estrema destra, ha annunciato l’estensione del muro costruito lungo tutto il confine che separa la Grecia dalla Turchia entro il 2026. Durante il suo mandato è stato più volte accusato dagli osservatori internazionali di avere compiuto respingimenti illegali dei migranti.
Tsipras pensa invece che estendere il muro non sia una soluzione: «La questione dell’immigrazione non si risolverà con le recinzioni. Dove ci sono, che ci siano, ma la questione si risolverà con una rivendicazione diversa a livello europeo».