Lugo è alle prese con l’acqua alta

Per le strade e nelle campagne intorno alla città romagnola la situazione resta critica, i soccorsi continuano e manca l'elettricità

di Valerio Clari, foto e video di Valentina Lovato

Due cittadini di Lugo cercano di sistemare un tombino (Valentina Lovato/Il Post)
Due cittadini di Lugo cercano di sistemare un tombino (Valentina Lovato/Il Post)
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A Lugo la scelta è fra grandi stivali e infradito. Venerdì è stato il secondo giorno di città allagata, l’acqua era ancora alta in molte strade del centro, nelle zone ovest e sud (le prime colpite dall’inondazione) e anche in quella est, che si credeva risparmiata ma che in mattinata ha visto il livello salire fino al ginocchio. Chi era costretto a uscire poteva indossare stivali e tute impermeabili, oppure si rassegnava e sciabattava nell’acqua in pantaloni corti, lungo i percorsi fatti mille volte ora irriconoscibili.

Piazza Garibaldi a Lugo (Valentina Lovato/Il Post)

Chi ha potuto, per esempio le persone che abitano dal primo piano in su, è rimasto a casa: ma lo ha fatto a lungo senza corrente elettrica e senza linee telefoniche. Può sembrare un problema minore, ma basta un telefono con la batteria scarica, o staccato, per non avere rassicurazioni sul fatto che un genitore, un parente o una persona amica sia in salvo. Intorno a Lugo, che è in provincia di Ravenna, ma in generale da Bologna verso sud-est fino al mare, la situazione è ancora incerta: molte frazioni sono isolate, e alle inondazioni si sono aggiunte le frane sui paesi dell’Appennino, almeno 280.

Le persone con una casa, un ufficio, un negozio o un garage al piano terra devono valutare i danni, l’acqua è arrivata quasi ovunque. Ma ancora venerdì c’erano persone che dovevano essere soccorse, portate via da case allagate o a rischio: a Lugo e poi a Ravenna le inondazioni sono arrivate con un giorno di ritardo rispetto a Faenza, Castel Bolognese, Forlì, Cesena (solo per citare alcune delle città più colpite). Altrove l’acqua ha lasciato spazio a fango e danni, mentre nella bassa Romagna i livelli scendono con lentezza.

Giusi Marcante, portavoce del sindaco Davide Ranalli, dice: «È successo qualcosa di mai accaduto prima, semplicemente tutti i fiumi della provincia di Ravenna sono esondati o hanno rotto gli argini: da giorni il mare non riceveva, la pioggia ininterrotta ha creato grandi volumi di acqua che dai territori a monte si sono riversati su Lugo». Da qui scorreranno a valle, ma molto lentamente. Da due giorni il comune e le forze dell’ordine sono alle prese con operazioni di salvataggio, ma i recuperi non sono ancora completati. Nel pomeriggio di venerdì sono arrivati da Forlì i volontari del soccorso acquatico di Cesenatico.

Per le strade della città, che ha 30 mila abitanti, si vedono passare pick-up che trasportano gommoni, camion militari della colonna mobile della Protezione Civile del Trentino-Alto Adige, mezzi dei vigili del fuoco attivi qui fin dal primo giorno dell’alluvione. Fra i cittadini qualcuno chiede pompe idrovore, ma non ce ne sono a disposizione con sufficiente potenza e l’acqua tirata fuori da un cortile ci rientra per altre vie.

Uno dei molti pick-up che attraversano la città per portare aiuto (Valentina Lovato/Il Post)

Paola Silvagni è un’ingegnera del Consorzio Bonifica Romagna Occidentale, un ente che gestisce canali artificiali di scolo per uno sviluppo lineare di circa 963 chilometri, oltre a 20 impianti idrovori e più di 1.000 strutture minori di gestione idraulica. Nell’area esistono decine di canali artificiali che raccolgono l’acqua piovana e la convogliano in un canale più grande fino al mare, ai moli di Casalborsetti.

La mappa dei canali artificiali (Romagnaoccidentale.it)

«È come se questa rete avesse dovuto sopportare quattro alluvioni insieme» dice Silvagni. I canali hanno una portata limitata pensata per l’acqua delle piogge, invece sono stati invasi da quella proveniente dalla rottura degli argini dei fiumi. Non potevano reggere e ora non riescono a convogliare questo enorme volume d’acqua verso il mare: ci vorranno giorni, forse una settimana. Per oltre 48 ore il consorzio ha lavorato per far defluire l’acqua e per evitare che anche gli impianti idrovori finissero sommersi, diventando inutilizzabili. Qualche volta non ci è riuscito.

Avere a che fare con questa persistente massa d’acqua non è facile per nessuno. Federica Tabanelli, che ha un negozio di fiori e di giardinaggio, nel giro di una mattina si è vista spazzare via quasi tutto: «L’acqua non è arrivata a ondate, ma è salita in modo improvviso. Avevo spostato tutti i sacchi di terra che avevo, per provare a impedire che entrasse nel giardino e nel negozio, dopo un po’ li ho visti galleggiare in giro». Le aziende agricole della zona si sono trovate ugualmente disarmate: la Benfenati aveva 3.000 maiali in strutture inondate, ci è voluto un giorno e uno sforzo collettivo, ma gli animali sono stati quasi tutti trasferiti altrove.

L’interno di un negozio di articoli per il giardinaggio, a Lugo (Valentina Lovato/Il Post)

Le difficoltà sono arrivate anche per chi doveva garantire soccorsi e sicurezza. La Croce Rossa già a inizio maggio aveva istituito al Palasport di via Sabin (a dieci minuti di auto dal centro) un centro per gli sfollati di Bagnacavallo (Ravenna) colpiti dalla prima alluvione di due settimane fa: erano una ventina. Luigi Farina, presidente della sezione della Croce Rossa locale, racconta: «Nel giro di un paio d’ore quella ventina di persone sono diventate centinaia, li abbiamo divisi fra il Pala Sabin e il Pala Lumagni, ma poi anche questo è finito sott’acqua, lo abbiamo dovuto sgomberare».

Il Pala Sabin, dove sono ospitate 270 persone sfollate (Valentina Lovato/Il Post)

Anche la struttura che ora ospita 270 persone in brandine, su tutto il campo da basket, ha rischiato di fare la stessa fine. Venerdì mattina intorno al palazzetto è cominciata ad arrivare l’acqua: spostare tutti in una palestra all’asciutto sarebbe stato forse possibile ma complicato, nella struttura sono ospitati anche cittadini con disabilità. Così si è pensato di chiamare una scavatrice e costruire un argine di terra intorno al palazzetto, almeno per prendere tempo. Ha funzionato, il Pala Sabin adesso ricorda un castello medievale ma per il momento è sicuro. La Croce Rossa e le molte associazioni di volontari e singoli cittadini presenti si occupano delle altre esigenze: cibo, coperte, vestiti, ma anche cure mediche.

Alcune volontarie all’entrata del Pala Sabin (Valentina Lovato/Il Post)

Intanto il Comune sta preparando un’altra palestra, perché il primo impianto è al completo. Al tempo stesso si spera di poter rimandare qualcuno a casa se parti della città dovessero liberarsi dall’acqua. I Carabinieri e la Polizia informano sulle farmacie rimaste aperte (poche, sono soprattutto fuori città) e sui supermercati in cui si possono comprare beni di prima necessità. Non sono molti nemmeno questi, la maggior parte ha dovuto chiudere perché manca la corrente, funzionano solo i generatori, e comunque i supermercati hanno difficoltà a rifornirsi: i camion non arrivano, qui e anche in altre città meno colpite dall’alluvione, come Imola.

Intorno al centro cittadino la campagna è nella stessa situazione: i danni alle coltivazioni e alle piante da frutto saranno più chiari solo quando l’acqua si ritirerà, mentre allevamenti e piccole fattorie hanno dovuto trasferire gli animali. Matteo Galliani, direttore della clinica veterinaria di Russi, a 20 chilometri da Lugo, per due giorni ha risposto a continue chiamate di chi chiedeva un riparo per animali domestici, cavalli, asini e bestiame: «È stata una mobilitazione collettiva, chi aveva stalle, appartamenti, luoghi sicuri si è offerto di ospitare gli animali. A volte li abbiamo trasferiti a 30 chilometri di distanza, e poi siamo tornati a trasferirli ancora, perché intanto l’acqua era arrivata anche lì. Nel weekend speriamo che ci sia meno bisogno e che il peggio sia passato».