Le proteste della destra tedesca per la restituzione dei bronzi del Benin
Non saranno conservati dalla Nigeria ma da un re locale, e questo sta riaprendo polemiche già superate
A dicembre la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock aveva restituito alla Nigeria venti dei cosiddetti “bronzi del Benin”, cioè una piccola parte delle statue e dei manufatti rubati dalle truppe inglesi nel periodo coloniale come bottino di guerra, centinaia delle quali sono esposte in musei tedeschi. In totale, nel corso di alcuni anni, la Germania ha restituito alle autorità nigeriane 1.100 “bronzi” precedentemente custoditi da musei tedeschi, diventando uno dei paesi europei più attivi in materia. Ora, però, la restituzione dei bronzi è al centro di una polemica portata avanti dall’opposizione di destra, molto critica su ciò che il governo nigeriano ha deciso di fare con le opere restituite.
La Germania ha restituito i bronzi senza mettere alcuna condizione su ciò che sarebbe loro accaduto: secondo il Financial Times, pensava che sarebbero rimasti nelle mani del governo nigeriano e della Commissione nazionale per i musei e i monumenti del paese. Invece il presidente nigeriano Muhammadu Buhari ha emanato un decreto che affida i bronzi all’Oba del Regno del Benin, Ewuare II, riconoscendolo come «proprietario originario e custode della cultura, del patrimonio e della tradizione del popolo del regno del Benin» e concedendogli la totale proprietà di tutti i manufatti rimpatriati.
Fondato nel 1200 nella Nigeria meridionale, il regno del Benin fu uno dei più potenti dell’Africa occidentale per oltre settecento anni: a guidarlo era l’Oba, comparabile alla figura del re nei regni europei. I bronzi del Benin – che in realtà sono fatti di vari materiali diversi – rappresentano uno dei massimi esempi dello stile artistico sviluppato nel Regno del Benin, e hanno un immenso valore storico e culturale per la popolazione Edo, tuttora discendente degli abitanti di quel regno.
Dopo un lungo periodo di interferenze commerciali, il regno del Benin fu invaso dall’esercito britannico nel 1897: la capitale, Benin City, fu data alle fiamme, e il territorio venne annesso alla cosiddetta “Nigeria britannica”. Anche dopo la dichiarazione d’indipendenza della Nigeria dal Regno Unito, avvenuta nel 1960, il regno del Benin non è tornato a essere uno stato indipendente – il Benin, paese più piccolo che confina a ovest con la Nigeria, non è erede dell’antico regno – ma l’Oba continua a ricoprire un ruolo istituzionale, simile a quello di consigliere del governo, ed è considerato rappresentante della popolazione Edo nel paese.
«Il re non va considerato come singola persona: rappresenta la cultura e la tradizione del suo popolo, è un importante leader spirituale e una figura identificativa per un’intera comunità», ha detto al Financial Times Barbara Plankensteiner, direttrice del Museum am Rothenbaum di Amburgo e membro del Gruppo di dialogo con il Benin, istituzione che mette in contatto i musei europei e il governo nigeriano per discutere di rimpatri di opere d’arte.
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Ciononostante, l’annuncio è stato interpretato dalla destra tedesca come un fallimento da parte del governo – guidato dal 2021 da una coalizione di centrosinistra sotto il cancelliere Olaf Scholz – nonché la dimostrazione del fatto che restituire le opere saccheggiate dalle potenze europee in epoca coloniale sia un rischio troppo grande per la conservazione delle opere stesse. Secondo Marc Jongen, parlamentare del partito di estrema destra Alternative Für Deutschland,«questa storia dovrebbe essere vista come un campanello d’allarme che ponga fine all’iper-moralismo insito nell’intero dibattito sulle restituzioni».
Le critiche dell’opposizione ricalcano una delle obiezioni principali che si sono sviluppate negli ultimi anni attorno al tema delle restituzioni: quella secondo cui non si può essere sicuri che i paesi a cui si restituiscono le opere – talvolta politicamente o economicamente instabili – siano capaci di prendersene cura a dovere una volta ottenute. Il governo nigeriano si è fortemente opposto a quest’idea negli ultimi anni, definendola «arcaica». «La verità è che nessun argomento può trasformare le opere saccheggiate in opere non saccheggiate o le opere rubate in opere non rubate. Semplicemente non esiste base morale o legale a sostegno della detenzione ostinata della proprietà culturale che è stata saccheggiata durante le spedizioni militari o in negoziati iniqui», ha detto il funzionario nigeriano Aghatise Erediauwa in occasione della restituzione di decine di bronzi del Benin da parte del Museo Smithsonian di Washington D.C., lo scorso ottobre.
L’opposizione di destra fa notare che la Germania ha contribuito con circa 5 milioni di euro alla costruzione di un nuovo museo a Benin City, il Museo Edo d’arte dell’Africa occidentale, fortemente voluta dal governatore dello stato di Edo, Godwin Obaseki. Ora è invece molto probabile che le opere verranno esposte in un altro museo in costruzione, voluto però dall’Oba, che è un rivale politico di Obaseki: il Museo reale del Benin. «Abbiamo perso 5 milioni di euro: soldi spesi per un museo in Nigeria che non vedrà mai i tesori che abbiamo restituito», ha detto Dorothee Bär, deputata del blocco conservatore CDU/CSU. «Il governo ha sconsideratamente consegnato all’oblio il patrimonio mondiale africano. Le opere svaniranno nella collezione privata di un re nigeriano».
Christofer Burger, portavoce del ministero degli Esteri tedesco, ha risposto che «lo stato sovrano della Nigeria ha il diritto di decidere dove verranno custoditi i bronzi restituiti e in che modo verranno resi accessibili al popolo nigeriano». «Insinuare che questi bronzi non saranno mai più visti dal pubblico solo perché a controllarli ora è la Nigeria e non la Germania dimostra una mentalità che speravo avessimo abbandonato», ha aggiunto.