Le cascate sullo sfondo del cinema italiano
Dal 1950 a Monte Gelato, nel Lazio, sono stati ambientati almeno 180 tra film, serie e pubblicità: un artista ha raccolto tutte le scene in un video
C’è un posto in Italia che non è particolarmente frequentato dai turisti, ma è stato visto probabilmente da milioni di persone in tutto il mondo. Si chiama Monte Gelato e si trova a circa 50 chilometri da Roma, nel parco della valle del fiume Treja. Tra gli abitanti della zona è noto soprattutto per le sue piccole cascate e per un mulino ad acqua risalente all’Ottocento, ma da quando nel 1950 il regista Roberto Rossellini ci girò alcune scene del suo film Francesco, giullare di Dio le cascate di Monte Gelato sono state usate come set di moltissimi film, serie tv e spot pubblicitari.
Tra il 2016 e il 2021 l’artista italiano Davide Rapp ha cominciato a cercare e catalogare le ricorrenze di Monte Gelato nel cinema e nella televisione e ne ha trovate 180: da film western come Lo chiamavano Trinità, a sceneggiati come Elisa di Rivombrosa o film erotici come Cicciolina Amore Mio. Rapp le ha montate insieme in un film in realtà virtuale che è stato presentato nel 2021 alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, poi distribuito in tutto il mondo e recentemente acquistato dalla Rai. Lui però a Monte Gelato non ci è mai stato.
La ricerca di Rapp è durata cinque anni: «essendo un appassionato», si era reso conto che le stesse cascate tornavano in almeno tre film che conosceva: Lo chiamavano Trinità con Terence Hill e Bud Spencer, Superfantozzi con Paolo Villaggio e Quel maledetto treno blindato, film di Enzo Castellari a cui si ispirò Quentin Tarantino per il suo film Bastardi senza gloria. In passato Rapp si era già dedicato a progetti di sperimentazione attraverso il cinema e decise di dedicarsi a una ricerca su questo elemento ricorrente. Racconta di aver inizialmente telefonato alla biblioteca di Mazzano Romano, la più vicina a Monte Gelato, «per sapere se ci fosse un libro sulle cascate e c’era». Dopodiché cercò su internet e trovò informazioni molto utili sul sito di Davinotti, che raccoglie una community di appassionati che, oltre a recensire film di tutti i generi, fanno un lavoro di identificazione e mappatura dei luoghi dove i film vengono girati. Rapp dice che «avevano mappato già un centinaio di film, poi io ne ho trovati altri e loro ancora di nuovi».
«A un certo punto Monte Gelato cominciò a comparire dappertutto», dice Rapp, « per me è diventata un po’ un’ossessione, ma non è una cosa di cui mi vergogno». Trovò film di ogni genere: peplum, spaghetti-western, commedie, thriller, film erotici, drammatici, di guerra e di fantascienza, oltre a sceneggiati come Distretto di polizia. Nell’anno in cui Rapp presentò il suo lavoro alla Mostra del Cinema di Venezia, in televisione uscì uno spot del marchio di bevande Estathé in cui si vedeva un uomo uscire nudo da una tenda. Nello spot l’uomo si ritrova immerso in un’oasi di «natura incontaminata», proprio davanti alle cascate di Monte Gelato.
Rapp spiega che «nel mondo del cinema ogni volta che si sceglie di lavorare in una location quella viene catalogata e rimane negli archivi: immagino che le produzioni romane, cercando come location “cascate” trovino facilmente quelle di Monte Gelato». Ma secondo lui la ragione per cui Monte Gelato ha avuto tanto successo è soprattutto logistica: le cascate sono infatti abbastanza vicine a Roma da permettere a una troupe di partire la mattina e tornare la sera, risparmiando molto sui costi. «Le cascate di Monte Gelato sono carine, ma non sono le più belle in Italia e men che meno nel mondo», continua Rapp, «era ed è soprattutto una meta di scampagnate nei weekend, cosa che permette di non dover avere a che fare con un eccessivo turismo». Tra i film trovati da Rapp c’è tra l’altro un film comico del 1980, Zucchero, Miele e Peperoncino, che racconta proprio di una troupe cinematografica di Cinecittà che va a Monte Gelato per girare un film.
Alcune delle scene girate a Monte Gelato negli ultimi settant’anni sono collegate in qualche modo tra di loro. Per esempio Rapp racconta che le cascate comparvero in una pubblicità delle sottilette Kraft diretta dal regista Ruggero Deodato per il programma Carosello negli anni Settanta. Una decina di anni dopo, nel 1987, Deodato girò sempre lì alcune scene del suo film horror Camping del terrore.
Nel suo lavoro Rapp ha trovato anche pezzi di scenografia che ritornano in film girati nello stesso periodo. È il caso per esempio di un pontile di legno inserito nel paesaggio durante le riprese di Quella sporca storia nel West, che ritorna anche nelle scene di altri film contemporanei o successivi. Secondo Rapp, «costava meno lasciare il ponte lì com’era piuttosto che demolirlo, o magari rimaneva perché giravano nelle pause del film principale». Un altro esempio è quello del film con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia Due mafiosi nel Far West, dove Monte Gelato viene usato per ambientare un accampamento di nativi americani. Nelle scene si vede un sasso dipinto con immagini evocative dell’arte delle popolazioni native, e «in alcuni film successivi si vede che le produzioni arrivate dopo si sono dimenticate di cancellare quei disegni», racconta Rapp.
«La cosa che mi interessava era mostrare come un luogo italiano attraverso il cinema possa passare da essere nell’Antica Grecia al Far West, dal Texas alla Francia occupata dai nazisti facendo convivere Ercole, San Francesco, Cicciolina, Franco e Ciccio», spiega Rapp: «è una specie di breve storia dell’umanità – non a caso vicino all’acqua – ma anche una storia del cinema italiano».
Dopo la ricerca e la catalogazione delle scene, il progetto di Rapp è passato a una fase di montaggio di tutte le riprese di Monte Gelato in un unico film, Montegelato, di 28 minuti (15 la versione breve) in realtà virtuale, cioè visibile solo con visori appositi che permettono di sperimentare una sorta di immersione nel luogo a 360 gradi. «Ho ricostruito un paesaggio usando solo le scene dei film e avvolgendo in questo modo lo spettatore. Quando il film inizia è tutto nero, poi le clip compaiono dalla prima all’ultima attorno allo spettatore nella posizione che avrebbero nel paesaggio. Ogni volta che ne compare una nuova quella precedente rimane ma in trasparenza, e così si compone una specie di mosaico».
Una delle scoperte notevoli che ha reso fattibile il progetto di Rapp è che le scene sono state girate tutte più o meno dalla stessa posizione. Montegelato si conclude con una ripresa realistica tridimensionale delle cascate che Rapp ha commissionato a un’agenzia che fa video dando indicazioni su dove posizionare la camera: il collage di scene e il video fatto sul luogo risultarono perfettamente sovrapponibili.
In tutto questo infatti Rapp non è mai stato a Monte Gelato: «Mi ero ripromesso di andarci, ma poi quando sono entrato nel vivo del lavoro c’è stato il primo lockdown: volevo finire il progetto ma non potevo viaggiare», spiega Rapp. «Alla fine è diventato un esperimento di ricostruzione di un luogo senza averlo mai visto. Chi ci è stato comunque mi ha detto che è molto più piccolo di come sembra».
Il montaggio cerca anche di sottolineare come certe scene vengano rifatte sempre nello stesso modo: per esempio tutti i personaggi che si tuffano lo fanno sempre dallo stesso punto perché è l’unico in cui l’acqua è abbastanza alta per farlo senza farsi male.
La gran parte dei film con scene girate a Monte Gelato è italiana ma ci sono anche alcune produzioni internazionali: il primo film non italiano è stato Francesco d’Assisi di Michael Curtiz nel 1961, che ambientò lì una parte della storia di San Francesco dopo aver visto il film di Rossellini. Quando viveva e lavorava a Roma, Orson Welles lavorò a un film su Don Chisciotte e girò alcune scene vicino alle cascate: il film è rimasto a lungo incompiuto ed è poi stato finito negli anni Novanta da Jesús Franco. «Non è impensabile che domani arrivi una produzione americana e qualcuno gli segnali questa location. Le produzioni americane in Italia usano sempre location già viste», dice Rapp.
Dopo la presentazione a Venezia e a Cannes il film è stato acquisito da un distributore francese, Diversion cinema, che l’ha portato in tutto il mondo, dalla Corea a Taiwan e dalla Colombia al Brasile, sempre all’interno di festival di cinema. Si è visto anche in alcuni musei: per esempio in Italia è stato disponibile al museo del cinema di Torino. Più di recente è stato acquisito da Rai Cinema che negli ultimi anni ha cominciato a interessarsi a produzioni italiane in realtà virtuale e tra le altre cose collaborerà con il cinema Anteo di Milano alla programmazione del nuovo Spazio Realtà Virtuale.