Chi è Sinan Ogan, che potrebbe essere decisivo al ballottaggio in Turchia
Il terzo classificato alle elezioni ha preso il 5 per cento dei voti ed è un nazionalista in polemica sia con Erdogan sia con Kilicdaroglu
Uno dei personaggi più importanti del ballottaggio per le elezioni presidenziali in Turchia potrebbe essere Sinan Ogan, un politico nazionalista che si è piazzato terzo al primo turno elettorale di domenica: ha ottenuto poco più del 5 per cento dei voti, ma poiché i due principali candidati sono molto vicini è possibile che Ogan avrà un ruolo decisivo nelle prossime settimane.
Al primo turno il presidente uscente Recep Tayyip Erdogan ha ottenuto circa il 49 per cento dei voti, mentre il suo principale avversario, il leader dell’opposizione Kemal Kilicdaroglu, il 45 per cento. Poiché nessuno dei due ha raggiunto il 50, per la prima volta da quando la Turchia è una repubblica presidenziale si andrà al ballottaggio: sarà tra due settimane, il 28 maggio. Il terzo classificato Sinan Ogan, il cui buon risultato elettorale è stato piuttosto sorprendente, ha detto che farà sapere molto presto a chi dei due candidati darà il proprio appoggio.
Ogan è un politico di destra e molto nazionalista. Appartiene alla destra secolare e ha posizioni molto rigide su immigrazione e accoglienza dei profughi (in particolare i milioni di siriani che ancora vivono in Turchia dopo essere scappati dalla guerra civile nel paese), contro le minoranze curde e sul mantenimento dei valori tradizionali e conservatori turchi.
Il suo cartello elettorale, che si chiama Alleanza ancestrale (Alleanza ATA), è composto da cinque partiti nazionalisti molto piccoli che alle elezioni parlamentari (si tenevano in concomitanza con quelle presidenziali) hanno ottenuto appena un deputato. Lo stesso Ogan ha ottenuto un risultato che in termini assoluti è piuttosto limitato: appena il 5 per cento dei voti. ma questo 5 per cento è comunque notevole, considerata la polarizzazione della politica turca, e potrebbe essere sufficiente per rendere decisivi gli elettori di Ogan.
Per affinità ideologiche, Ogan dovrebbe essere più vicino a Erdogan, che pur essendo un leader islamico è un conservatore e un nazionalista, piuttosto che a Kilicdaroglu, un leader moderatamente di centrosinistra. In realtà le cose sono più complicate, perché la carriera politica di Ogan è stata segnata dalla decisione di rifiutare un’alleanza del suo vecchio partito, l’MHP, proprio con il partito AKP di Erdogan.
Per gran parte della sua carriera politica, Ogan è stato uno dei massimi dirigenti dell’MHP, il partito della destra secolare e nazionalista turca, guidato dall’anziano Devlet Bahceli, una delle figure storiche della destra in Turchia. Nel 2015 Ogan era il vicesegretario del partito e l’MHP era una forza politica saldamente all’opposizione contro Erdogan, che era sì un leader conservatore ma anche un leader islamista, contrario ai valori laici proposti dall’MHP. Ma dopo le elezioni del giugno del 2015 le cose cambiarono.
A quelle elezioni, per la prima volta l’AKP, il partito di Erdogan, non ottenne la maggioranza assoluta e si fermò al 40 per cento dei voti. Le opposizioni, che erano composte dal CHP (il partito di Kilicdaroglu) dall’MHP (il partito di Bahceli e di Ogan) e dall’HDP (il principale partito della minoranza curda), avrebbero per la prima volta potuto formare un’alleanza per cacciare Erdogan dal potere. I negoziati però fallirono perché l’MHP e l’HDP, due partiti storicamente avversari, non riuscirono a trovare un accordo. Le elezioni furono ripetute nel novembre del 2015, e l’AKP di Erdogan questa volta riuscì a ottenere un’ampia maggioranza in parlamento.
L’MHP invece subì una grave sconfitta e tra le elezioni di giugno e quelle di novembre perse 40 deputati. Bahceli, il leader del partito, decise a quel punto di abbandonare il campo dell’opposizione e di allearsi con Erdogan. Questa decisione provocò un’enorme rivolta interna tra i dirigenti del partito, tra cui Ogan e Meral Aksener, un’altra importante leader nazionalista: tutti erano contrari a stringere un’alleanza con Erdogan.
I rivoltosi forzarono un congresso straordinario, che però persero. Bahceli rimase leader dell’MHP, e i rivoltosi furono espulsi o costretti ad andarsene. Ogan cercò di rimanere dentro al partito, facendo causa alla sua dirigenza, ma dopo alcuni mesi fu comunque espulso e perse il suo seggio parlamentare.
Da quel momento, il movimento nazionalista turco si è diviso in più parti: una maggioranza consistente è rimasta nell’MHP, che negli anni si è trasformato in un fedelissimo alleato di Erdogan. Meral Aksener ha fondato il suo partito nazionalista, il partito IYI, che ha partecipato all’alleanza dell’opposizione contro Erdogan e sostenuto Kilicdaroglu alle elezioni di domenica.
Ogan è stato relativamente meno visibile negli ultimi anni, fino a che a marzo non è stato candidato alla presidenza dall’Alleanza ancestrale. In campagna elettorale Ogan ha mantenuto una posizione equidistante sia da Erdogan sia da Kilicdaroglu, ma secondo le prime analisi i suoi elettori sarebbero soprattutto elettori dell’AKP scontenti nei confronti dell’amministrazione di Erdogan.
Non è chiaro per ora se Ogan darà il proprio appoggio a uno dei due candidati. Non è nemmeno chiaro in realtà se Ogan controlli davvero i 2,7 milioni di persone che l’hanno votato, o se, come ritengono alcuni analisti, il voto a suo favore sia stato soprattutto un voto di protesta, quindi piuttosto volatile.
Nei giorni precedenti alle elezioni Ogan aveva comunque imposto alcune condizioni, la più importante delle quali era l’eliminazione di tutti i partiti filo curdi dalla vita politica turca. Questo renderebbe complicata un’alleanza con Kilicdaroglu, che è sostenuto in maniera non ufficiale dal partito curdo HDP. D’altro canto, Ogan ha definito la sua carriera sul rifiuto a un’alleanza con Erdogan, e anche questo potrebbe pesare.