La procura di Roma è tornata a indagare sulla scomparsa di Emanuela Orlandi
La procura di Roma ha aperto una nuova inchiesta sul caso della sparizione di Emanuela Orlandi, avvenuto a Roma il 22 giugno 1983. Già una ventina di giorni fa il procuratore di Roma, Francesco Lo Voi, aveva detto: «Dopo 40 anni non è facile trovare nuovi elementi e nemmeno fare le pulci alle attività svolte dagli inquirenti dell’epoca, ogni situazione va contestualizzata ma non è da escludere che sarà coinvolta nuovamente la Procura, motivo per cui non posso parlare». Lo Voi ha affidato le indagini al pubblico ministero Stefano Luciani che collaborerà con Alessandro Diddi, procuratore di Stato vaticano. Significa che tra la procura di Roma e il Vaticano, che aveva aperto un’inchiesta a sua volta alcune settimane fa, ci sarà scambio di informazioni e atti. Diddi aveva già sentito come testimoni il fratello di Emanuela Orlandi, Pietro, e alcuni prelati.
È la terza inchiesta che la magistratura italiana apre sulla sparizione di Orlandi, quindicenne romana figlia di un funzionario vaticano al centro di uno dei casi di cronaca più noti e misteriosi della storia recente italiana. La prima inchiesta durò dal 1983 al 1997. La seconda inchiesta fu aperta nel 2008 e fu chiusa nel 2015. Nessuna delle due portò però a una soluzione del caso. Nel gennaio di quest’anno il parlamento ha approvato la creazione di una commissione bicamerale d’inchiesta che però non ha ancora iniziato i lavori.
L’ultima inchiesta era stata condotta dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo ed era incentrata sul ruolo di Marco Accetti, l’uomo che nel 2013 si era autodenunciato dicendo di aver partecipato al sequestro di Emanuela Orlandi e che, con una telefonata alla trasmissione Chi l’ha visto?, aveva fatto ritrovare un flauto sostenendo che fosse lo strumento appartenuto alla ragazza scomparsa: in realtà che quello fosse realmente il flauto di Orlandi non venne mai provato.
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