Le opposizioni hanno vinto le elezioni in Thailandia
Il Phak Kao Klai è stato a sorpresa il partito più votato: promette riforme del ruolo dell'esercito ed è critico verso la monarchia
I partiti di opposizione alla giunta militare al potere dal 2014 hanno vinto le elezioni parlamentari di domenica in Thailandia. Con un risultato particolarmente sorprendente, il partito più votato è stato il Phak Kao Klai (Andiamo Avanti): progressista, guidato dal 42enne Pita Limjaroenrat, critico nei confronti della monarchia e del ruolo dell’esercito, favorevole a una nuova Costituzione e molto popolare tra i giovani. Con il 97 per cento dei voti scrutinati, il Phak Kao Klai dovrebbe aggiudicarsi 151 dei 500 deputati della camera bassa del Parlamento.
Il secondo partito più votato è risultato il Pheu Thai, terza edizione del partito populista fondato dall’ex primo ministro Thaksin Shinawatra: candidava la figlia del fondatore, Paetongtarn Shinawatra, che era considerata la grande favorita per queste elezioni. I due partiti più legati ai militari, compreso Palang Pracharath, dell’attuale primo ministro ed ex generale Prayut Chan-o-cha, hanno ottenuto insieme circa il 15 per cento dei voti. Il ruolo dell’esercito resterà però fondamentale: secondo la Costituzione approvata nel 2017, i leader militari hanno nominato nel 2019 i 250 membri del Senato (in carica per 5 anni), che sceglieranno il prossimo primo ministro insieme ai 500 nuovi deputati.
Negli ultimi vent’anni in Thailandia c’è stata una continua contrapposizione fra le forze legate a militari e monarchia e quelle del milionario in esilio Thaksin Shinawatra: i governi di quest’ultimo e della sorella, Yingluck, furono esautorati da due colpi di stato militari, rispettivamente nel 2006 e nel 2014. Dopo l’ultimo, i militari scrissero anche una bozza della nuova Costituzione e nel 2016 la sottoposero a un referendum, facendo però arrestare e processare da tribunali militari coloro che si proclamavano contrari e che avevano espresso l’intenzione di votare contro il nuovo testo.
La nuova Costituzione fu infine approvata ed entrò in vigore nel 2017.
L’ex generale Prayuth Chan-o-cha, capo dell’ultima giunta militare, tornò poi al potere nel 2019 alla guida di un governo formalmente “civile”, dopo elezioni contestate dalle opposizioni e grazie al voto dei 250 senatori nominati dall’esercito.
Il Phak Kao Klai dell’ex studente di Harvard Pita Limjaroenrat è considerato l’erede del partito del Futuro Nuovo, nato nel 2018 e sciolto dalla giunta militare nel 2020: l’eliminazione dell’opposizione più progressista era stata una delle ragioni delle grandi proteste popolari del 2020 e del 2021, nelle quali gli studenti e le donne ebbero un ruolo fondamentale. Le manifestazioni per la prima volta avevano coinvolto anche l’istituzione della monarchia e in particolare le rigide leggi sul reato di “lesa maestà” che in Thailandia puniscono con pene fino a 15 anni di carcere chi è ritenuto colpevole di aver insultato il re Maha Vajiralongkorn, conosciuto anche come Rama X.
Il programma del Phak Kao Klai prevede fra le altre cose proprio una revisione delle leggi riguardo le offese alla monarchia, ma anche un forte ridimensionamento del potere dei militari: si chiede l’abolizione della coscrizione obbligatoria, la riduzione delle dimensioni e dei bilanci delle forze armate, il superamento della Costituzione approvata nel 2017. Altre richieste di riforma riguardano l’economia, il superamento della pesante burocrazia che rallenta la crescita del paese, il riconoscimento dei matrimoni omosessuali e un salario minimo fissato a 13 dollari al giorno.
Dopo i risultati Limjaroenrat si è detto «pronto a diventare il nuovo primo ministro», ma la sua nomina non è al momento automatica. Il suo partito, così come il Pheu Thai di Paetongtarn Shinawatra, non ha abbastanza voti in parlamento per governare da solo e dovrà probabilmente allearsi in una coalizione di forze che si oppongono al potere politico dei militari. Il Pheu Thai e il Phak Kao Klai sono però divisi su molte questioni.
Resta da valutare inoltre la reazione della giunta militare al governo da nove anni: nonostante la chiara sconfitta elettorale e il bassissimo sostegno ricevuto dalla popolazione, il suo potere in Thailandia resta grande: un nuovo colpo di stato è considerato dagli analisti improbabile, ma i militari cercheranno comunque di opporsi al cambiamento con gli ampi mezzi garantiti loro dall’ultima Costituzione.