Guida rapida alle elezioni in Turchia
Oggi si vota per eleggere il nuovo presidente e rinnovare il parlamento: Erdogan è dato leggermente dietro al suo principale avversario
Domenica 14 maggio in Turchia si vota per eleggere il nuovo presidente e per rinnovare i 600 seggi del parlamento unicamerale del paese. Le attenzioni sono concentrate soprattutto sulle elezioni presidenziali, dato che il presidente uscente Recep Tayyip Erdogan, al governo da circa vent’anni prima come primo ministro e poi come presidente per due mandati consecutivi, secondo i sondaggi ha concrete possibilità di perdere. In questi anni Erdogan ha trasformato la Turchia in un paese sempre meno democratico, e la sua sconfitta sarebbe una notizia di enorme rilevanza anche per il futuro immediato del Medio Oriente, una regione in cui la Turchia di Erdogan ha cercato di imporre una notevole influenza.
I seggi sono oltre 190mila in tutto il paese, hanno aperto alle 8 di mattina locali (le 7 italiane) e chiuderanno alle 17, cioè le 16 italiane. Ci si aspetta un’affluenza piuttosto alta, in linea con quanto successo nelle precedenti elezioni, e i risultati potrebbero arrivare già nella tarda serata di domenica.
In Turchia il presidente ha un ruolo molto influente, soprattutto dopo la riforma costituzionale introdotta proprio durante il governo di Erdogan nel 2017. La riforma ha trasformato il paese da repubblica parlamentare a presidenziale, dando al presidente molti più poteri e abolendo la carica di primo ministro: col nuovo sistema il presidente viene eletto direttamente dalla popolazione. Per potersi candidare deve essere un cittadino turco, avere almeno 40 anni e una laurea, oltre ad essere indicato da partiti che abbiano ottenuto almeno il 5 per cento dei voti alle precedenti elezioni o che abbiano almeno 20 seggi in parlamento. Il mandato dura cinque anni.
Per poter essere eletto al primo turno il candidato presidente deve ottenere almeno il 50 per cento dei voti totali: altrimenti i due candidati più votati vanno al ballottaggio, che nel caso si terrà domenica 28 maggio. Hanno diritto di voto circa 64 milioni di cittadini, di cui oltre 6 milioni potranno votare per la prima volta, mentre 3,4 milioni potranno votare dall’estero. Alle scorse elezioni l’affluenza fu dell’86 per cento.
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Il principale avversario di Erdogan è Kemal Kilicdaroglu, il leader del Partito popolare repubblicano (CHP), il principale partito d’opposizione: è stato scelto come unico candidato da sei partiti dell’opposizione, riuniti in quella che è stata definita la “Tavola dei Sei”. Kilicdaroglu ha 74 anni, è a capo del CHP da quasi 15 anni ed è sotto moltissimi punti di vista l’opposto di Erdogan.
Pur non essendo particolarmente carismatico, è un politico molto popolare e universalmente noto per la sua onestà e frugalità, che nel corso degli anni ha saputo ottenere alcune importanti vittorie elettorali nonostante il progressivo e sempre più opprimente autoritarismo di Erdogan, che ha via via ridotto e minacciato l’indipendenza dei media, del sistema giudiziario e di molte altre istituzioni turche. Secondo i sondaggi realizzati finora Kilicdaroglu potrebbe avvicinarsi alla soglia del 50 per cento dei voti, mentre i due candidati minori non dovrebbero superare il 5 per cento.
Chiunque vincerà le elezioni si troverà a gestire un paese con un’economia disastrata, un’inflazione altissima, una moneta ai minimi storici, conti pubblici insostenibili e notevoli tensioni sociali.
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Per quanto riguarda il voto per rinnovare il parlamento, in Turchia il sistema è proporzionale, che assegna cioè alle liste i seggi in proporzione ai voti presi. I 600 deputati del parlamento rappresentano 87 distretti elettorali: i distretti ottengono i seggi in proporzione alla propria popolazione, e per poter entrare in parlamento un partito deve aver ottenuto almeno il 7 per cento dei voti o far parte di un’alleanza di altri partiti che prendano almeno il 7 per cento.
Alle elezioni di domenica i partiti turchi si presentano grossomodo riuniti in tre grossi blocchi. Il primo, l’Alleanza del Popolo, è composto dai partiti che sostengono Erdogan: il suo partito Adalet ve Kalkınma (Giustizia e Sviluppo, AK) che oggi ha 285 seggi, il partito di estrema destra Milliyetçi Hareket (Movimento nazionalista, MHP), che ne ha 48, un altro partito di destra, il Partito della Grande Unità (BBP) e uno islamista, il Nuovo Partito del Benessere (YRP).
Il secondo blocco, l’Alleanza Nazionale, è quello dei partiti d’opposizione che sostengono Kilicdaroglu: il suo partito, l’CHP di centrosinistra, che ha 134 seggi, e altri cinque partiti: quattro di centrodestra – l’IYI (Partito Buono), il DP (Partito Democratico), il DEVA (Partito della Democrazia e del Progresso), il GP (Partito del Futuro) e il partito islamista Saadet Partisi (Partito della Felicità). Questo secondo blocco è molto eterogeneo e riunisce partiti molto diversi, coalizzati attorno ad alcune riforme di principio, per esempio abolire il presidenzialismo e ridurre la concentrazione del potere nelle mani del presidente, e soprattutto in nome dell’estremo tentativo di rimuovere democraticamente Erdogan.
Anche il terzo blocco, l’Alleanza del Lavoro e della Libertà, sostiene Kilicdaroglu: comprende il principale partito filocurdo, l’Halkların Demokratik (Partito Democratico del Popolo, HDP) che ha 56 seggi ed è il terzo in parlamento, il Partito dei Lavoratori della Turchia (TIP), di sinistra, e il Partito della Sinistra Verde (YSP), di sinistra e ambientalista.
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