La più grande dinastia politica della Thailandia cerca di tornare al potere
La candidata favorita alle elezioni di domenica è figlia e nipote di ex primi ministri, tutti deposti da colpi di stato militari
Domenica 14 maggio ci saranno le elezioni per rinnovare parte del parlamento della Thailandia, una monarchia parlamentare che ha una lunga storia di colpi di stato militari e che è tuttora divisa tra le élite di Bangkok, vicine al re e al partito dei militari attualmente al potere, e i cittadini più poveri legati al partito di opposizione Pheu Thai. Stando ai sondaggi il Pheu Thai, terza edizione del partito populista fondato dall’ex primo ministro Thaksin Shinawatra, sembra avere un buon vantaggio sul Palang Pracharath, il partito dell’attuale primo ministro ed ex generale Prayut Chan-o-cha.
Alle prossime elezioni si sceglieranno i 500 deputati della camera bassa del parlamento che con i 250 membri del Senato, tutti di nomina militare in base alla Costituzione del 2017, sceglieranno poi il nuovo o la nuova prima ministra. Voteranno circa 52 milioni di thailandesi e gli esperti si aspettano un’affluenza piuttosto alta.
Una delle figure centrali della politica thailandese degli ultimi vent’anni è Thaksin Shinawatra, primo ministro dal 2001 e destituito nel 2006 da un colpo di stato organizzato dai generali che si dichiaravano fedeli alla monarchia. Thaksin Shinawatra è un ricco imprenditore che si è guadagnato fama internazionale anche per essere stato il proprietario del Manchester City, la celebre squadra di calcio inglese, da giugno 2007 a settembre 2008. La sua azione di governo, basata sul populismo e su una serie di interventi molto concreti per il sostegno dei cittadini più poveri, gli aveva garantito un grande sostegno tra i thailandesi che vivono nelle aree rurali e nelle città del nord del paese.
Le successive elezioni del 2011 furono vinte dal Pheu Thai guidato da Yingluck Shinawatra, sorella minore di Thaksin, che fu eletta prima ministra e che nel 2014 fu a sua volta estromessa, dopo settimane di proteste di piazza, da un nuovo colpo di stato guidato dal comandante in capo dell’esercito Prayut Chan-o-cha, che si autoproclamò primo ministro.
Le proteste erano iniziate per una vicenda legata allo stesso Thaksin Shinawatra: le opposizioni avevano accusato il governo di aver presentato una legge sull’amnistia solo con il fine di assolvere l’ex primo ministro, in esilio volontario all’estero da quando un tribunale l’aveva condannato a due anni di carcere per appropriazione indebita. Benché la legge fosse stata bocciata dal Senato, le opposizioni avevano continuato a organizzare grandi manifestazioni anti governative, chiedendo le dimissioni della prima ministra che fino a quel momento era stata accusata di essere controllata dal fratello.
Nei cinque anni successivi, nonostante le pressioni internazionali per il ritorno alla democrazia, Prayut Chan-o-cha mantenne il controllo del governo senza fissare nuove elezioni e portò avanti una forte repressione sull’opposizione legata agli Shinawatra. I militari scrissero anche una bozza della nuova Costituzione e nel 2016 la sottoposero a un referendum, facendo però arrestare e processare da tribunali militari coloro che si proclamavano contrari e che avevano espresso l’intenzione di votare contro il nuovo testo. Nel 2017, il re Maha Vajiralongkorn, conosciuto anche come Rama X, controfirmò la nuova Costituzione che, tra le altre cose, aumentava i poteri dei militari.
Dopo vari rinvii, nel 2019 si tennero le elezioni parlamentari, che ricevettero grandi critiche per il discutibile modo in cui vennero gestite dai funzionari nominati dalla giunta militare. Benché il Pheu Thai fosse risultato il partito più votato, per la formazione del nuovo governo fu determinante il voto dei 250 senatori scelti, come previsto dalla Costituzione del 2017, dalla giunta militare: Prayuth Chan-o-cha venne dunque riconfermato primo ministro. Contro il suo governo e il Re tra il 2020 e il 2021 vennero organizzate grandissime proteste, nelle quali gli studenti e le donne ebbero un ruolo fondamentale.
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Le regole per la nomina del capo del governo stabilite dalla Costituzione dei generali sono tuttora in vigore e Prayuth Chan-o-cha si è candidato di nuovo. Nel frattempo ha fondato un nuovo partito, il Phak Ruam Thai Sang Chart (PRTSC) perché il suo precedente partito, il Palang Pracharath, ha scelto come proprio candidato il vice primo ministro Prawit Wongsuwan.
La principale candidata dell’opposizione è Paetongtarn Shinawatra del Pheu Thai: ha 36 anni, è figlia di Thaksin e nipote di Yingluck. Il suo partito risulta in testa ai sondaggi. Paetongtarn Shinawatra non ha esperienza politica e il Pheu Thai ha anche candidato Srettha Thavisin, l’amministratore delegato di una delle più grandi società immobiliari del paese.
Thaksin Shinawatra e sua sorella Yingluck non hanno avuto alcun ruolo formale all’interno della campagna elettorale del Pheu Thai, ma restano figure molto popolari e continuano a esercitare una forte influenza sulla politica del paese. Thaksin Shinawatra, in particolare, è sostenuto anche da parte del mondo imprenditoriale ed è, soprattutto, molto inviso a militari ed ex militari che temono una mobilitazione popolare in suo favore nel caso dovesse tornare nel paese. A cinque giorni dalle elezioni, il 9 maggio, Thaksin Shinawatra ha scritto su Twitter di aver «deciso di tornare in Thailandia» entro il prossimo 26 luglio, giorno del suo compleanno, «per prendersi cura dei nipoti»: la figlia Paethongtarn ha partorito il primo maggio interrompendo la campagna elettorale solo per due giorni.
Visto come sono andate le cose fin qui, c’è il timore che la probabile sconfitta di Prayut Chan-o-cha possa portare a un nuovo intervento dei militari, ma nei giorni scorsi il comandante dell’esercito Narongpan Jitkaewthae ha escluso esplicitamente la possibilità di un colpo di stato dopo le elezioni: «Non ci devono essere più colpi di stato. Per me, questa parola dovrebbe essere rimossa dal dizionario», ha detto.
Se il Pheu Thai dovesse vincere le prossime elezioni, la nomina di Paetongtarn Shinawatra a capo del governo non sarebbe comunque scontata, proprio per il meccanismo stabilito dalla Costituzione. Anche se il suo partito ottenesse la maggioranza dei seggi alla Camera, difficilmente otterrebbe il sostegno dei senatori, nominati dalla giunta militare nel 2019 e con un mandato di cinque anni. Per questo, e per ottenere i 376 voti necessari, Paethongtarn Shinawatra dovrebbe allearsi con altri partiti: ha escluso qualsiasi collaborazione con l’attuale primo ministro responsabile del colpo di stato, ma si è detta disponibile a una trattativa con Prawit Wongsuwan, cosa che potrebbe però farle perdere dei consensi.
Per il Pheu Thai sembra invece più naturale la collaborazione con il partito Phak Kao Klai, al secondo posto nei sondaggi. È un partito progressista, critico nei confronti della monarchia, favorevole a una nuova Costituzione, ed è molto popolare tra i giovani. È guidato da Pita Limjaroenrat, che ha 42 anni.
Un altro candidato che potrebbe avere un ruolo nella formazione del prossimo governo e nella nomina del nuovo o della nuova prima ministra è Anutin Charnvirakul, leader del partito Bhumjaithai e attuale ministro della Salute.