Il gesuita spagnolo che abusò di 85 minori, e ne scrisse sul suo diario
Alfonso Pedrajas descrisse minuziosamente la sua pedofilia in 383 pagine, trovate e pubblicate di recente dal País
La Compagnia di Gesù, l’ordine religioso a cui appartiene anche papa Francesco, sta affrontando in questi giorni un nuovo, grave caso di pedofilia. Il protagonista della vicenda è un missionario spagnolo in Bolivia morto nel 2009, che in un diario scoperto di recente ammise di aver abusato di almeno 85 minorenni. Il gesuita si chiamava Alfonso Pedrajas ed era soprannominato “Padre Pica”. Nel diario, che è stato pubblicato dal quotidiano spagnolo El País, Pedrajas annotò minuziosamente tutti gli abusi compiuti in quasi cinquant’anni.
L’autore dell’articolo del País è il giornalista Julio Nuñez, che ha spiegato di aver ricevuto il diario dal nipote del missionario, Fernando Pedrajas. Originariamente era contenuto in un vecchio computer Acer, in possesso di un uomo che era stato vicino a padre Pedrajas negli ultimi anni della sua vita. Quest’ultimo poi lo diede al fratello del missionario, che lo stampò e lo mise in un raccoglitore. Infine il nipote del missionario trovò il diario cartaceo in soffitta.
Pedrajas era nato a Valencia nel 1943 ed era entrato nella Compagnia di Gesù a 17 anni. Nel 1961 partì come missionario per l’America Latina: prima in Perù ed Ecuador, poi in Bolivia. Qui, a Cochabamba, divenne vicedirettore del Colegio Juan XXIII, un collegio dove venivano accolti e indirizzati allo studio ragazzi di famiglie povere. Nel collegio, secondo quanto scrisse nel suo diario, Pedrajas abusò negli anni di numerosi ragazzi.
Il diario comprende 48 anni di vita del gesuita ed è lungo 383 pagine. La cartella del computer che conteneva il diario era denominata “Storia”. Ogni singola vicenda è riportata con precisione, in tutto sono 350 voci con intestazione in grassetto che indicano luogo e data in cui la nota è stata scritta.
Nelle sue pagine padre Pedrajas è piuttosto esplicito. In un passaggio scrive: «Ho fatto male a così tante persone (85). Troppe?». Nel diario il missionario ammette anche di aver confessato ad altri sacerdoti ciò che aveva fatto. In un’altra pagina del diario scrisse: «Sono stato un degenerato (o un uomo malato intrappolato?)». Nel diario il gesuita non chiama mai i suoi atti «crimini», ma li definisce sempre «peccati» o «malattia». Mette inoltre quasi sullo stesso piano i rapporti consensuali e le aggressioni ai minori.
Il raccoglitore in cui era conservato il diario è rimasto in soffitta fino al 2021, quando il nipote di Pedrajas lo ha trovato. Prima di consegnare il diario al País, Fernando Pedrajas ha contattato l’attuale direttore del collegio di Cochabamba che però ha detto di non sapere nulla della vicenda. Si è rivolto anche alla procura spagnola, che ha risposto che i casi segnalati nel diario erano ormai in prescrizione. Infine anche il responsabile per la prevenzione degli abusi nella Chiesa cattolica in Bolivia si è dimostrato poco interessato a indagare sulla vicenda.
El País, prima di pubblicare il diario, ha fatto una serie di verifiche rintracciando cinque ex membri del collegio che hanno confermato di aver subito abusi. I ragazzi hanno anche detto che le storie su padre Pedrajas erano piuttosto note al tempo all’interno del collegio.
Questi sono alcuni estratti del diario pubblicati dal País:
Racconto di questi ultimi 17 anni: fallimento, vergogna, ipocrisia, piccolezza, disorientamento totale. Mi sento molto piccolo. Ho fatto molto male. Chiedo una ricreazione: se torno, sia nuovo. Vedo tutto chiaramente: il mio vuoto, un Dio lontano che si nasconde… non sono così colpevole.
Caracas (Venezuela), 21 giugno 1978In mezzo a quella tristezza volevo lottare per superare i miei problemi, ma avevo sempre meno forza e la palla di neve era più grande.
Taquiña (Bolivia), 22 marzo 1989Le leggi sarebbero molto severe (carcere, esilio, espulsione). Tutto il peso dei miei errori mi schiaccia. Sì, sono colpevole. Davanti a Lui, non ho parole. Il mio silenzio è vergogna, è colpa, è pura miseria. (…). Ho fatto soffrire, ho danneggiato.
Chuquiñapi (Bolivia), 21 febbraio 1998Sono stanco, molto assonnato, ma credo di aver bisogno di scrivere, anche senza voglia. La mamma mi ha chiamato questo pomeriggio. Mi ha detto molto semplicemente: «Hanno chiamato dal Belgio, chiedendo di te. Pica c’è?», ecc. Gli ha dato il mio numero di telefono di La Paz. Lo sconosciuto (circa 35 anni, dice la mamma) prima di riattaccare ha detto: ha violentato mio figlio.
La Paz (Bolivia), 15 gennaio 2001Ciò che ha riempito questo tempo è stata la questione dei pedofili in TV e sulla stampa. Alcuni momenti li ho vissuti con enorme ansia. Tutto mi ha influenzato: il sonno, il lavoro, le relazioni, la dipendenza, tutto. Sono sconvolto. Ho paura. Domani parlo con Ramón alle 8:30 del mattino. Propongo di andare a Valencia per prendermi cura della mamma. Devo scappare da questa angoscia e mediocrità.
La Paz (Bolivia), 17 giugno 2002
Tre giorni dopo la pubblicazione del diario la Conferenza episcopale boliviana ha diffuso un comunicato:
Come Chiesa condanniamo queste azioni, siamo solidali con le vittime che hanno subito abusi sessuali, chiediamo loro perdono e diciamo loro che condividiamo la loro sofferenza e delusione per questi gravi eventi che hanno segnato la loro vita e hanno causato profondo dolore.
El País fa notare come la risposta della Chiesa sudamericana sia stata rapida rispetto alle prese di posizione delle varie Chiese europee, e molto dura.
Lo stesso giorno del comunicato, la Compagnia di Gesù in Bolivia ha presentato una denuncia perché la magistratura boliviana indaghi sulla vicenda. Bernardo Mercado, provinciale della congregazione (la carica più alta), ha annunciato che la Compagnia ha sanzionato otto ex superiori di padre Pedrajas. A quelli ancora in servizio dopo le rivelazioni è stata comunicata la sospensione da tutte le attività.
L’associazione degli ex alunni del Colegio Juan XXIII, che in passato è stata diretta dallo stesso Pedrajas, ha fatto sapere che già anni fa aveva denunciato ciò che era accaduto nel collegio. Secondo l’associazione sia i vertici del collegio sia quelli della Compagnia di Gesù in Bolivia erano pienamente a conoscenza di ciò che era accaduto: «Non solo per le ripetute confessioni di Pedrajas ai provinciali catalani e ai sacerdoti di detta istituzione (che vengono alla luce sul giornale), ma anche per le denunce presentate dagli studenti in tempi diversi, per le quali furono espulsi dalla scuola». Il presidente dell’organizzazione degli ex alunni, Hilarión Baldiviezo, ha dichiarato alla stampa che la sospensione dei superiori gesuiti ordinata dal provinciale «non è sufficiente» e chiede sanzioni penali.