Gli incontri fra governo e opposizioni sono stati abbastanza interlocutori
Si parlava di possibili riforme istituzionali da fare insieme, ma non sembra si siano fatti molti passi in avanti
Martedì la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha incontrato i gruppi parlamentari di opposizione per parlare di possibili compromessi per approvare riforme costituzionali sui principali organi dello Stato, riforme comunque ancora non specificate dal governo e dalla maggioranza di destra. A giudicare dalle dichiarazioni delle persone coinvolte e da quello che è trapelato sui giornali, gli incontri sono stati piuttosto interlocutori e senza immediate conseguenze concrete (come del resto successo abbastanza spesso nella recente storia politica per iniziative di questo tipo).
Alla fine degli incontri Meloni ha rivendicato di non avere offerto una riforma precisa alle opposizioni, «perché ritenevamo fosse importante dialogare con le altre forze politiche» e spiegato che il confronto è stato «aperto, franco ma anche collaborativo».
Meloni non è scesa nel dettaglio delle conversazioni avute, limitandosi a dire che le opposizioni hanno mostrato «una chiusura abbastanza trasversale» su una riforma per eleggere direttamente il presidente della Repubblica, cioè un sistema semi-presidenzialista già proposto dalla coalizione di destra durante l’ultima campagna elettorale. Mentre secondo Meloni ci sono posizioni più «variegate» sulla possibilità di eleggere direttamente il presidente del Consiglio.
Fra i principali partiti di opposizione, si sono opposti a quest’ultima ipotesi il Partito Democratico – cioè il partito di opposizione con la maggiore rappresentanza in parlamento – il Movimento 5 Stelle, l’Alleanza Verdi e Sinistra. I partiti centristi, Azione e Italia Viva, si erano già dimostrati disponibili a discuterne: lo aveva anticipato lunedì il presidente di Italia Viva, Matteo Renzi, in una mail inviata ai suoi sostenitori.
L’incontro più lungo è stato quello fra Meloni e la delegazione del PD guidata dalla segretaria Elly Schlein: è la prima volta che le due si vedevano nel ruolo che ricoprono ora in un contesto ufficiale. Schlein ha spiegato che al momento per il PD la discussione sulle riforme istituzionali «non è una priorità del paese, mentre le priorità che vediamo sono lavoro, sanità pubblica, attuazione del pnrr, clima, giovani, casa». Schlein ha affiancato la critica a un’elezione diretta del presidente della Repubblica o del presidente del Consiglio ad altre proposte, come una nuova legge elettorale e la limitazione dell’uso dei decreti-legge, uno strumento a disposizione del governo per emanare delle leggi in contesti di urgenza, molto sfruttata ormai da anni dai vari governi per accorciare l’iter legislativo e aggirare l’intervento del parlamento.
Non è chiaro quali saranno i prossimi passaggi di questo confronto: Meloni ha detto che prossimamente «elaboreremo la nostra proposta», e negli ultimi giorni diversi politici della maggioranza hanno fatto notare che il semi-presidenzialismo era parte del programma elettorale della coalizione di destra, lasciando intendere che la ritengono una delle priorità del governo. Di riforme istituzionali nell’ambiente politico italiano si discute ormai da anni, ma ogni tentativo concreto di attuarle è fallito: per ultimo il referendum costituzionale che avrebbe modificato i poteri del Senato, fra le altre cose, proposto dal governo Renzi nel 2016.