Gli altri monarchi nel mondo
A parte Carlo III, altri re, principi e sultani regnano in decine di paesi molto diversi tra loro, ma che sulla carta sono tutte monarchie
Oltre a diversi capi di stato e leader politici di altri paesi, sabato alla cerimonia di incoronazione del re Carlo III del Regno Unito hanno partecipato alcuni sovrani di altre monarchie invitati all’evento, tra cui il re Felipe VI di Spagna e il principe Alberto di Monaco. Insieme a Carlo III sono tra i 29 monarchi rimasti nel mondo, gruppo di cui fanno parte oltre a quelli europei e africani i sovrani delle famiglie reali più ricche e potenti del Sudest asiatico e del Medio Oriente.
Una delle più comuni suddivisioni delle monarchie le distingue sulla base dei poteri di governo che all’interno dei loro paesi i monarchi condividono oppure no con altri organi. Ma tolti i casi chiari ed estremi in cui hanno un potere assoluto o un ruolo perlopiù cerimoniale, le altre distinzioni tendono a essere piuttosto elastiche perché i poteri politici variano molto nella pratica, da caso a caso, in base alla storia del paese, alle convenzioni costituzionali e ad altre regole.
A prescindere dal titolo assunto da ciascun sovrano, i paesi in cui i monarchi hanno da soli un potere assoluto sono Arabia Saudita, Bahrein, Brunei, Emirati Arabi Uniti, eSwatini, Oman e Qatar. Quelli in cui condividono i poteri con un organo eletto e hanno un’influenza minima o quasi assoluta, a seconda dei casi, sono Bhutan, Giordania, Kuwait, Liechtenstein, Malaysia, Monaco, Marocco, Thailandia e Tonga. E quelli, più numerosi e perlopiù in Europa, in cui hanno un ruolo cerimoniale sono Andorra, Belgio, Cambogia, Danimarca, Giappone, Lesotho, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna e Svezia.
I re sono 17 (Arabia Saudita, Bahrein, Belgio, Bhutan, Cambogia, eSwatini, Giordania, Lesotho, Malaysia, Marocco, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna, Svezia, Thailandia e Tonga). C’è soltanto una regina, dopo la morte di Elisabetta II: Margherita II di Danimarca. Ci sono due prìncipi, uno in Liechtenstein e l’altro a Monaco, un granduca, in Lussemburgo, e un co-principe, ad Andorra, un principato piccolissimo tra la Francia e la Spagna in cui vige una diarchia parlamentare. È l’arcivescovo cattolico Joan Enric Vives i Sicília, della diocesi di Urgell, in Tarragona, che esercita i propri poteri ad Andorra insieme al presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron.
Ci sono un solo imperatore, in Giappone, e due sultani, uno in Brunei e l’altro nell’Oman. Gli emiri sono due, uno in Qatar e l’altro in Kuwait, mentre negli Emirati Arabi Uniti – una monarchia elettiva – c’è un presidente che ha il titolo e i poteri di un monarca assoluto. A seconda dei criteri utilizzati per compilare le liste dei monarchi nel mondo può poi esserci anche un altro sovrano la cui carica è elettiva: Papa Francesco, che di fatto è sovrano assoluto del Vaticano, lo stato più piccolo d’Europa.
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Il monarca più anziano è il re saudita Salman bin Abdulaziz al Saud, che è in carica dal 2015 e ha 87 anni (il leader di fatto del paese è il figlio e principe ereditario Mohammed bin Salman). La dinastia dei Saud governa da più di due secoli le diverse forme statuali assunte dall’attuale Arabia Saudita, una monarchia assoluta con una forte impronta religiosa islamica e salafita. Fu fondata nel 1935 sotto Ibn Saud, che conquistò il potere dopo la Prima guerra mondiale scontrandosi con al-Husayn, un altro leader arabo sostenuto da una parte degli inglesi.
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Il più giovane monarca di un paese del mondo è il quarantaduenne emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani, in carica dal 2013 in seguito all’abdicazione del padre Hamad bin Khalifa. La famiglia Al Thani governa il Qatar da quasi due secoli: da molto prima della dominazione dell’impero Ottomano, nel 1871, e anche in seguito all’indipendenza del paese dall’Impero britannico, ottenuta un secolo dopo.
Molte delle monarchie più giovani e autocratiche al mondo si trovano in Medio Oriente e risalgono all’epoca del colonialismo britannico. Abdullah I di Giordania, diventato re dopo l’indipendenza ottenuta nel 1946, era già da molto prima il sovrano del paese, in stretti rapporti con la monarchia britannica: nel 1937 aveva peraltro partecipato all’incoronazione di re Giorgio VI.
La dinastia degli Hashemiti a capo del paese, una delle più antiche del mondo arabo, governò la Mecca tra il Decimo secolo e il 1921, e secondo la tradizione discenderebbe direttamente da Maometto. L’attuale re di Giordania, Abdullah II, farebbe parte della 42esima generazione di discendenti ed è figlio di re Hussein, rimasto in carica dal 1952 al 1999 in seguito all’assassinio di Abdullah I. In tempi recenti uno scontro tra re Abdullah II e il principe Hamzah, suo fratellastro (figlio di re Hussein), aveva provocato instabilità politica e imbarazzo nella famiglia reale, prima che Hamzah annunciasse nel 2022 la sua rinuncia al titolo di principe.
La stabilità politica e il riconoscimento internazionale di diverse monarchie arabe del Golfo Persico, nonostante la violenza interna, è stata facilitata nel tempo dalla capacità di influenza dovuta alla gestione degli abbondanti giacimenti petroliferi presenti nella regione. Questa ricchezza ha favorito peraltro una modernizzazione che ha portato alcuni porti nel deserto, come Dubai e Doha, a diventare tra i più importanti snodi mondiali per il commercio e il turismo.
La sopravvivenza delle monarchie in Europa, come ha scritto il Washington Post, è stata invece favorita da una capacità di trasformazione e adattamento ai tempi, che si è storicamente concretizzata in una progressiva riduzione del potere politico e, più di recente, in un graduale ridimensionamento delle famiglie reali. Ridimensionamento che in alcuni casi, secondo diversi esperti di questioni monarchiche, risponde anche alla necessità di evitare azioni legislative dei parlamenti volte a ridurre i privilegi delle famiglie reali laddove queste siano particolarmente estese.
Nel 2022 la regina danese Margherita II, incoronata nel 1972, ha privato dei titoli reali quattro dei suoi otto nipoti: ufficialmente per permettere loro di condurre vite normali e prive degli obblighi legati agli impegni della famiglia reale. Più o meno per le stesse ragioni, nel 2019, il re svedese Carl Gustaf XVI aveva tolto il titolo di “Altezza Reale” a cinque dei suoi nipoti, quelli non in linea diretta per ereditare il trono.
In alcuni casi le monarchie europee sono state interessate, oltre che da scandali e divisioni, anche da altre questioni culturali emerse all’interno delle famiglie reali. Nel 2022 il re norvegese Harald V, a capo del paese dal 1991, difese pubblicamente da offese razziste il suo futuro genero, il sedicente sciamano Durek Verrett, fidanzato della principessa Martha Louise, dopo che lei aveva rinunciato ai suoi impegni per dedicarsi insieme a lui a un’attività commerciale basata sulla medicina alternativa. «È un punto di forza che la famiglia reale rifletta la diversità etnica che esiste in Norvegia», scrisse in un comunicato la famiglia reale.
Il monarca in carica da più tempo è il sultano del Brunei, Hassanal Bolkiah, che governa dal 1968 e ha 76 anni. Il Brunei è una piccola monarchia costituzionale nell’isola del Borneo, con meno di mezzo milione di abitanti ed enormi giacimenti di gas e petrolio su cui basa tutta la propria ricchezza. Il sultano ha moltissimi poteri esecutivi e straordinari, in un paese autoritario che applica rigidamente la sharia, l’insieme di princìpi legislativi e morali che si deducono dai testi sacri islamici.
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Un’altra monarchia del Sudest asiatico ma con poteri più limitati è la Thailandia, una monarchia parlamentare il cui re è il settantenne Maha Vajiralongkorn, conosciuto anche come Rama X e succeduto nel 2016 al padre Bhumibol Adulyadej (sovrano del regno più lungo nella storia del paese). Sebbene il potere del sovrano sia diminuito negli ultimi decenni, esistono leggi molto severe per punire il reato di lesa maestà, secondo molti utilizzate per reprimere il dissenso e limitare la libertà di espressione.
Le monarchie in Africa sono soltanto tre. Una è in Marocco, una monarchia costituzionale in cui il re ha meno poteri rispetto al primo ministro, e nel caso dell’attuale re Mohammed VI anche molto poco interesse a governare, almeno apparentemente. E le altre due sono nel Lesotho, un piccolo paese di 2 milioni di abitanti, completamente circondato dal Sudafrica, e nell’eSwatini, uno stato meridionale grande più o meno come l’Abruzzo e in precedenza conosciuto come Swaziland.
Nell’eSwatini il re Mswati III regna in maniera autoritaria dal 1986, attraverso una repressione sistematica e violenta delle opposizioni politiche, e ha il totale controllo del parlamento. Il Lesotho è invece una monarchia parlamentare in cui il re, Letsie III, ha poteri esecutivi e legislativi molti limitati, e in cui la maggior parte del potere è nelle mani del governo e dell’esercito.