Il Cile e la sua Costituzione, di nuovo
Domenica si vota per eleggere un organo che dovrebbe contribuire all'approvazione della nuova Costituzione, otto mesi dopo il precedente tentativo fallito
Domenica circa 15 milioni di cileni votano per eleggere i 50 membri che formeranno il Consiglio costituzionale, l’organo che avrà un ruolo nella riscrittura della nuova Costituzione che potrebbe sostituire quella del 1980 adottata ai tempi della dittatura. È la seconda volta che in Cile si tenta di riscrivere la Costituzione, ma il precedente processo, nato dalle enormi proteste iniziate nell’ottobre 2019 e su cui il presidente di sinistra Gabriel Boric aveva puntato molto, era fallito. Nel nuovo, che sta ottenendo però attenzioni molto minori, il potere maggiore ce l’avranno politici e partiti, ed è una differenza rilevante per l’intero processo.
Le proteste cilene del 2019 erano iniziate per l’aumento del biglietto della metropolitana della capitale Santiago, ma erano diventate presto qualcosa di diverso, con obiettivi più ambiziosi. Il movimento che ne era nato aveva infatti messo in discussione il cosiddetto “modello cileno”, basato su un accentuato neoliberismo, e aveva chiesto l’approvazione di una nuova Costituzione che riconoscesse una serie di temi trascurati dai precedenti governi come l’ambientalismo, il femminismo e il rispetto dei diritti umani. Il movimento aveva poi fatto emergere un nuovo gruppo dirigente a sinistra, giovanissimo, che aveva sostenuto l’elezione alla presidenza di Boric, politico progressista slegato da tutti i partiti tradizionali che avevano governato il paese dal ritorno della democrazia, nel 1990.
Nei primi mesi dal suo insediamento Boric si era impegnato attivamente nella campagna referendaria a favore dell’approvazione della nuova Costituzione, che conteneva più tutele per l’ambiente, per le donne, per i lavoratori e per le popolazioni originarie del paese. A scrivere il testo, soprattutto, non erano stati coloro che abitualmente prendono le decisioni, cioè i leader politici, attraverso un processo guidato e gestito “dall’alto”. La nuova Costituzione, definita dalla stampa nazionale «popolare», cioè scritta “dal basso”, era stata redatta collettivamente, con il coinvolgimento di molte persone, organizzazioni e associazioni concretamente guidate dall’Assemblea costituente, organo eletto il 4 luglio del 2021 e composto da 155 persone, la metà delle quali donne.
Quel testo e il processo con cui era stato pensato e scritto era stato visto come uno dei principali segnali del cambiamento avvenuto negli ultimi anni in Cile.
Al referendum che si era tenuto nel settembre del 2022 la nuova Costituzione era stata però bocciata, per motivi diversi: perché era stata considerata troppo ambiziosa e progressista per un paese tutto sommato conservatore e tradizionalista come il Cile, perché era ritenuta poco concreta nel definire i modi in cui realizzare i cambiamenti promessi, ma anche a causa di una estesissima campagna di disinformazione della destra.
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Per Boric quel voto era stato un enorme fallimento. Il presidente aveva subito ripreso il processo di stesura di una nuova Costituzione, concordandone stavolta le regole con i partiti rappresentati al Congresso, regole molto lontane dalle precedenti. L’unico organo elettivo, il Consiglio costituzionale che sarà eletto domenica, è stato ridotto da 150 a 50 membri, sarà composto soprattutto da politici, e il Congresso, cioè i partiti, avranno molto potere lungo tutto il processo.
La nuova proposta costituzionale la sta scrivendo da inizio gennaio una Commissione di 24 esperti nominata dal Congresso, 12 donne e 12 uomini che riflettono gli equilibri dei vari partiti all’interno del parlamento stesso. Nel loro lavoro dovranno tenere conto di 12 principi base pre-concordati dai partiti, che però non mettono davvero d’accordo tutti: secondo i deputati della sinistra ricordano l’impianto della Costituzione attualmente in vigore, quella della dittatura.
Entro il 7 giugno la Commissione dovrà consegnare la propria bozza al Consiglio costituzionale, il quale potrà solo discutere, modificare e approvare con una maggioranza di tre quinti la proposta ricevuta. Dopo questo passaggio, le norme approvate saranno esaminate da un Comitato tecnico di ammissibilità eletto dal Congresso e composto da 14 esperti che dovranno individuare eventuali contraddizioni con le 12 basi costituzionali pre-concordate dai partiti. Infine il testo definitivo sarà consegnato il 21 ottobre al presidente e sottoposto a un referendum con voto obbligatorio entro la fine dell’anno.
Domenica i cileni voteranno proprio per eleggere i 50 membri che formeranno il Consiglio costituzionale. Dovranno essere metà uomini e metà donne, ma mentre la prima Assemblea costituente era stata eletta con un meccanismo che favoriva l’elezione degli indipendenti, e dunque dei cittadini comuni, questa volta il voto si svolgerà secondo il sistema elettorale valido per il Senato, con liste composte da partiti o da alleanze tra partiti. I candidati e le candidate che si presenteranno, circa 350, sono stati divisi in cinque blocchi, fuori dai quali ci saranno solo tre candidati indipendenti e due rappresentanti dei popoli originari cileni.
Il primo blocco è rappresentato dal Partito della Gente, movimento populista fondato da Franco Parisi, ex candidato alla presidenza che nel 2021 arrivò terzo con poco meno del 13 per cento dei voti facendo tutta la campagna elettorale dagli Stati Uniti, dato che nel suo paese era indagato per non aver pagato il mantenimento dei figli.
Tutto per il Cile è il blocco formato dalla coalizione di partiti che facevano parte di Concertación, l’alleanza di socialisti e democristiani che aveva guidato il Cile tra il 1990 e il 2010 e che aveva espresso due presidenti: Ricardo Lagos e Michelle Bachelet. La terza lista è quella del Partito Repubblicano di José Antonio Kast, di estrema destra e arrivato al secondo turno delle presidenziali che nel 2021 si sono concluse con la vittoria di Boric. Unità per il Cile è il blocco formato dai partiti di sinistra che sostengono Boric, e Cile Sicuro è infine il blocco dei partiti tradizionali della destra.
Fuori da queste liste ci sono tre candidati indipendenti, che sono riusciti a registrarsi in tre diverse regioni, e due candidati appartenenti ai popoli originari cileni, che saranno eletti se raccoglieranno l’1,5 per cento dei voti a livello nazionale.
Domenica 7 maggio i seggi sono aperti dalle otto del mattino, ora locale, e fino alle sei del pomeriggio, momento in cui inizierà lo spoglio. Nel caso in cui fuori dai seggi ci siano ancora persone in attesa, l’orario di chiusura sarà posticipato. Il voto sarà obbligatorio e le astensioni dovranno essere giustificate e approvate da un tribunale locale. Chi non si presenterà ai seggi rischia una multa che va da 30 mila a 180 mila pesos (da 34 a 203 euro, circa).
Al referendum dello scorso settembre, dove il voto era obbligatorio, avevano partecipato più di 13 milioni di cittadini, cioè l’85,7 per cento degli aventi diritto. Secondo diversi osservatori stavolta l’interesse per il processo costituente è molto basso, l’informazione che è circolata è poca e le persone non sono state o non si sentono coinvolte come durante il primo tentativo.