Alcuni partiti greci di estrema destra non potranno presentarsi alle elezioni
L'ha deciso la Corte Suprema, anche se la destra istituzionale continua a mantenere contatti con quei mondi
La Corte Suprema della Grecia ha bloccato la partecipazione del Partito Nazionale- I Greci, di estrema destra, alle elezioni parlamentari che si terranno il prossimo 21 maggio.
Il partito era stato fondato da Ilias Kasidiaris, ex deputato e portavoce di Alba Dorata, un partito neofascista che ebbe un discreto successo elettorale fra il 2012 e il 2019, i cui principali leader, compreso Kasidiaris, sono poi stati condannati a diversi anni di carcere per associazione a delinquere.
La Corte Suprema ha deciso che oltre al Partito Nazionale-I Greci anche altri due piccoli partiti di estrema destra fondati da ex deputati di Nuova Democrazia, il partito attualmente al governo, non potranno partecipare alle prossime elezioni. Da anni in Grecia, nonostante gli interventi di governo e tribunali, l’estrema destra continua ad avere parecchi legami con i partiti della destra che si dice più istituzionale.
L’attuale governo greco è guidato da Nuova Democrazia, partito conservatore e di centrodestra, che è stato accusato più volte di non aver preso una chiara posizione contro l’estremismo della sua area politica per non rischiare di inimicarsi parte della base elettorale. Sulla spinta di queste accuse, ma secondo alcuni soprattutto per un calcolo politico, lo scorso febbraio Nuova Democrazia ha contribuito a far passare in Parlamento un emendamento che non consente a un partito di partecipare alle elezioni se la sua dirigenza, ufficiale o ufficiosa, è stata condannata per reati gravi.
Martedì 2 maggio la Corte Suprema del paese ad ampia maggioranza ha deciso di applicare la nuova legge nonostante nel frattempo fosse avvenuto un piccolo cambio nella dirigenza del Partito Nazionale-I Greci. Il mese scorso, tra l’approvazione dell’emendamento e la sentenza della Corte Suprema, l’ex assistente procuratore della Corte Suprema Anastasios Kanellopoulos, 75 anni, aveva preso il posto Kasidiaris alla guida del partito e annunciato l’intenzione di rivederne lo statuto.
Kasidiaris faceva parte di Alba Dorata, partito neonazista, misogino e razzista che esisteva dal novembre del 1993 e che era nato da una piccola setta di nostalgici del dittatore nazista Adolf Hitler. Per anni aveva ottenuto risultati politici irrilevanti, ma dopo la crisi finanziaria del 2008 aveva guadagnato consensi e voti grazie a diverse iniziative populiste e alla propaganda contro l’immigrazione. Alle elezioni del 2012 era riuscito a entrare in Parlamento e alle legislative del 2015 aveva ottenuto più del per 6 cento dei voti, diventando il terzo partito del paese.
Parallelamente al suo successo, nel 2015 era iniziato un grande processo contro il gruppo dirigente di Alba Dorata, con accuse molto pesanti: omicidi, ferimento di diverse persone con armi di vario tipo, ripetuti attacchi contro persone migranti, persone omosessuali e attivisti di sinistra. L’accusa principale era che Alba Dorata non fosse un partito, ma un’associazione criminale e che decine di suoi membri lo avessero usato come strumento per portare avanti attività illecite. Nell’ottobre del 2020 le accuse erano state confermate da un tribunale di Atene e i leader di Alba Dorata erano stati giudicati colpevoli e condannati.
Da lì in poi l’attività del partito e di chi ne faceva parte era stata marginale, ma alcuni dei suoi ex leader avevano continuato a fare politica. Al Parlamento greco il consenso di Alba Dorata era stato raccolto da Soluzione Greca, partito che alle elezioni del 2019 era riuscito a ottenere 10 seggi. A sua volta l’ex deputato ed ex portavoce di Alba Dorata Ilias Kasidiaris aveva fondato un nuovo partito chiamato Greci per la Patria, che poi aveva cambiato nome in Partito Nazionale-I Greci riuscendo ad organizzare, dal carcere di massima sicurezza di Domokos, riunioni e proteste.
Settimane fa, sempre dal carcere e attraverso un canale YouTube che ha più di 120mila follower, Kasidiaris ha lanciato la sua campagna elettorale per le prossime legislative. Kasidiaris è stato condannato in primo grado a 13 anni per il suo coinvolgimento, tra le altre cose, nell’omicidio del rapper antifascista Pavlos Fyssas, ma non si è ancora concluso il suo processo di appello (è attualmente in corso).
La legge greca consente alla maggior parte delle persone detenute di mantenere i propri diritti civili e politici e circa un mese fa Kasidiaris aveva anticipato la volontà di candidarsi al Parlamento nelle elezioni di maggio. Dopo l’approvazione dell’emendamento del governo e prima della sua conferma da parte della Corte Suprema, però, aveva denunciato «un colpo di stato inimmaginabile contro la democrazia» portato avanti da chi secondo lui vuole negare la voce di «centinaia di migliaia di elettori». Ora, stando a quanto deciso dal massimo tribunale del paese, il partito di Kasidiaris e ora di Kanellopoulos non potrà comunque partecipare alle elezioni, nonostante i sondaggi lo diano sopra il 3 per cento, la soglia necessaria per ottenere dei seggi.
Per l’ex primo ministro di sinistra Alexis Tsipras, leader del principale partito di opposizione Syriza, la vicenda che ha coinvolto il Partito Nazionale-I Greci non ha fatto altro che garantirgli attenzioni e avvantaggiarlo, così come ha favorito in generale la destra: «Vedo un grande panico a destra nel cercare di escludere partiti come quello di Kasidiaris. Nuova Democrazia vuole annientare tutto ciò che sta alla sua destra per averne il monopolio», ha spiegato. In campagna elettorale il primo ministro Kyriakos Mitsotakis sta verosimilmente cercando di recuperare qualche voto dall’estrema destra, per esempio facendo leva sull’immigrazione, per assicurarsi la maggioranza assoluta. Mitsotakis per esempio ha annunciato l’estensione del muro costruito sul fiume Evros lungo tutto il confine che separa la Grecia dalla Turchia.
Accanto ai partiti di estrema destra “istituzionali” che i tribunali e ora anche il governo stanno cercando di ridimensionare, nel paese sono comunque rimasti attivi diversi altri gruppi e movimenti definiti neonazisti che hanno portato avanti, negli anni, attacchi squadristi, pestaggi e varie altre azioni.
L’episodio più recente è del 27 aprile: un gruppo di neonazisti è intervenuto alla mostra di un pittore della Macedonia del Nord che esponeva a Salonicco per impedire che avvenisse dicendogli che «non aveva il diritto di essere lì», in Grecia, e che loro hanno «parenti e nonni che hanno sacrificato le loro vite per la grecità della Macedonia». I nazionalisti contestano infatti lo storico accordo stretto nel 2018 dal governo di Alexis Tsipras col governo della Macedonia del Nord sul cambiamento del nome dell’ex Repubblica di Macedonia (che faceva parte della Jugoslavia) in Repubblica della Macedonia del Nord.
Quest’ultima viene accusata da decenni dall’estrema destra greca di essersi appropriata di un nome e di un’identità culturale e storica esclusiva di un’area geografica che anticamente apparteneva al mondo greco, la regione della Macedonia appunto. Per l’estrema destra greca, dunque, la Macedonia rimane una regione della Grecia, quella da dove proviene Alessandro Magno, e anche il nome Macedonia del Nord sarebbe utilizzato in maniera impropria.
A parte i movimenti di strada, la presenza dell’estrema destra nei vari settori dell’amministrazione e dello stato è molto significativa, nel paese: «Esiste una tradizione dell’estrema destra in Grecia che ha le sue radici nella dittatura dei colonnelli» ha spiegato a Le Monde Dimitris Psarras, giornalista esperto di estremismo nero. «Questa frangia nostalgica continua a formare quello che chiamiamo parakratos, stato parallelo. Nella polizia, tra gli alti funzionari della giustizia, nel mondo degli affari, la presenza dell’estrema destra è una realtà, il che spiega perché Alba Dorata abbia goduto per così tanti anni di una grande impunità».
Se, dopo la fine della dittatura, nel 1974, molti leader di destra avevano cercato di prendere le distanze dai movimenti più estremisti, altri hanno fatto scelte esattamente opposte, come l’attuale primo ministro Kyriakos Mitsotakis. Tre importanti ministri del suo governo provengono dal partito di estrema destra LA.OS (Raduno Popolare Ortodosso).
Makis Voridis è ministro dell’Interno ed è un ex sostenitore della dittatura militare. Ha iniziato a fare politica all’interno dell’organizzazione giovanile del partito di estrema destra Epen, fondato dall’ex dittatore Georgios Papadopoulos, e negli anni Novanta ha fondato Fronte ellenico, partito ultranazionalista affiliato al partito francese di Jean-Marie Le Pen. Il ministro della Salute è Thanos Plevris, capo del Movimento 4 Agosto, formazione neofascista con solidi legami con il neofascismo italiano ed europeo.
Fino a pochi anni fa Thanos Plevris scendeva in piazza con Alba Dorata e nel 2011 ha dichiarato che «non può esserci protezione dei confini senza morti». È un avvocato e ha difeso il padre (che si è definito un «nazista, fascista, razzista, antidemocratico, antisemita») in un processo in cui era imputato per aver scritto un libro antisemita e negazionista dell’Olocausto. Ministro dello Sviluppo e vicepresidente di Nuova Democrazia è infine Adonis Georgiadis: è stato più volte accusato di simpatie antisemite proprio per aver promosso pubblicamente, nelle sue librerie, il libro antisemita del padre di Plevris. Georgiadis ha scritto a sua volta un libro per sostenere che «l’omosessualità nell’antica Grecia non esisteva» e ha dichiarato che durante la cosiddetta rivolta del Politecnico di Atene non era morto nessuno.
Una volta diventati ministri, tutti e tre questi politici hanno ritrattato o si sono scusati parzialmente per alcune loro dichiarazioni. Ma resta il fatto, per Dimitris Psarras e non solo, che tutti e tre continuano a fare da collegamento fra la destra “istituzionale” e l’estrema destra e che, con Mitsotakis, Nuova Democrazia non è più un classico partito di destra europeo: «Ha preso una strada pericolosa per lo stato di diritto, la libertà di stampa e l’indipendenza della giustizia», ha detto Psarras.