Il truffatore che riuscì a vendere la Torre Eiffel
Era conosciuto come Victor Lustig e imbrogliò un mercante di ferro che si vergognò così tanto che non lo denunciò
La Torre Eiffel fu inaugurata a Parigi il 31 marzo 1889, in tempo per l’apertura dell’Esposizione universale per la quale la torre era stata pensata. Dopo esser diventata uno dei simboli della Francia nel mondo, nel 1925 un truffatore conosciuto come Victor Lustig riuscì a venderla a un commerciante di ferro facendogli credere che la grande struttura sarebbe stata smontata. La sua storia è stata raccontata in un recente articolo sull’edizione francese di Slate.
Victor Lustig nacque nel 1890, poche settimane dopo la fine dei lavori di quella che allora era chiamata la “Torre di 300 metri” (era alta 312 metri; oggi, con l’antenna, 324). Lustig nacque in una famiglia benestante a Hostinné – o almeno questo è quello che raccontò –, una città che faceva parte del regno di Boemia e, al tempo, dell’impero austro-ungarico. Colto e raffinato, Lustig parlava fluentemente sei lingue, ma finì presto negli archivi della polizia per piccole truffe. La sua attività principale per fare soldi erano le scommesse, il gioco d’azzardo e gli imbrogli nelle sale da gioco delle navi che attraversavano l’oceano per andare negli Stati Uniti sulle quali si imbarcò più volte prima dell’inizio della Prima guerra mondiale. Ai ricchi passeggeri che incontrava Lustig diceva di essere un conte, e di essersi procurato la cicatrice che aveva tra l’occhio e l’orecchio sinistro durante un duello d’onore con un altro nobile.
Più tardi la polizia scoprirà che l’uomo che si faceva chiamare “conte” non era un nobile, non era nato né a Parigi né a New York, come sosteneva, e che il suo nome non era nemmeno Victor Lustig, ma molto probabilmente Robert Miller. Nella sua vita usò una cinquantina di cognomi e di identità differenti.
Negli anni Venti Lustig si stabilì negli Stati Uniti, cominciò a frequentare gli ippodromi vantandosi di sapere in anticipo il risultato delle corse. Si faceva consegnare dei soldi e scappava prima della fine delle gare. Lì perfezionò una delle sue truffe più famose, la vendita delle macchine per fare soldi. Nei salotti alla moda che frequentava, Lustig individuava l’uomo da truffare e lo invitava a bere qualcosa nella sua camera d’albergo, dove gli svelava il segreto della sua ricchezza: un piccolo baule di mogano intagliato che diceva essere una macchina per duplicare banconote.
Davanti al suo ospite, Victor Lustig apriva due pannelli della scatola di legno: in uno infilava una banconota da 100 dollari, nell’altro un rettangolo di carta. Richiudeva tutto, girava delle manopole e offriva da bere al suo ospite, sostenendo che ci volessero sei ore per ottenere una copia perfetta della banconota. Scaduto il tempo, dalla macchina usciva una nuova banconota da 100 dollari e Lustig riusciva così a vendere la macchina in cambio di una cifra considerevole. Il suo era un gioco di prestigio, ma il nuovo proprietario della scatola si rendeva conto solo dopo ore che la macchina era semplicemente stata programmata per buttare fuori, a orari regolari, banconote precedentemente nascoste al suo interno. Lustig ne lasciava due al suo interno, e aveva il tempo di scappare prima che l’inganno venisse scoperto.
Con questa e altre truffe, Lustig divenne un uomo molto ricco, che spendeva tutto quello che aveva facendo una vita molto lussuosa e viaggiando per il mondo. Nel 1925 andò a Parigi e su un giornale lesse di come la Torre Eiffel causasse grandi problemi finanziari per la sua manutenzione. L’articolo si concludeva con una domanda: «La Signora di ferro dovrà forse essere smontata e venduta?». Lustig prese la domanda alla lettera.
Con il suo aspetto aristocratico, le sue buone maniere e il linguaggio raffinato, Lustig si spacciò per un importante funzionario del ministero delle Poste e dei Telegrafi, l’ente responsabile della torre. Inviò delle lettere su carta intestata contraffatta ai cinque maggiori mercanti di ferro della città invitandoli per un incontro urgente e riservato al lussuoso Hôtel de Crillon di Parigi, dove abitualmente si ritrovavano diplomatici e politici. Dopo aver offerto da bere ai suoi ospiti, spiegò loro che era stato incaricato dal presidente della Repubblica francese di vendere la Torre Eiffel, che sarebbe stata smontata. E offrì al miglior offerente le 7 mila e 300 tonnellate di ferro della torre.
Lustig precisò che il progetto doveva rimanere segreto fino alla conclusione del contratto, altrimenti avrebbe causato discussioni e polemiche sui giornali. Per essere più credibile organizzò una visita alla torre con i cinque commercianti. Quattro di loro mostrarono diffidenza, ma il quinto decise di fidarsi e di portare avanti la trattativa. Si chiamava André Poisson. Era un uomo riservato che sperava di farsi un nome nel mondo degli affari parigino grazie a quell’operazione. Lustig lo incontrò nuovamente spingendolo anche a farsi pagare una tangente per favorirlo. Il giorno dopo Poisson si presentò con la somma promessa, 70 mila franchi, e Lustig gli fece credere che l’affare fosse concluso. E che la Torre Eiffel fosse sua. Una volta intascati i soldi, Lustig lasciò immediatamente Parigi per andare a Vienna.
Di quella truffa non uscì alcuna notizia sui giornali: vergognandosi troppo della propria ingenuità, André Poisson non la denunciò. Lustig tentò dunque di replicarla e di vendere a un secondo commerciante di ferro la Torre Eiffel, ma l’uomo si accorse che qualcosa non andava, avvertì la polizia e Lustig scappò negli Stati Uniti.
La truffa della Torre Eiffel è stata raccontata nel libro del 1961 The Man Who Sold the Eiffel Tower scritto da James F. Johnson e Floyd Miller, e ha ispirato, nel 1964, l’episodio diretto da Claude Chabrol intitolato “L’homme qui vendit la torre Eiffel” all’interno del film collettivo Les Plus Belles Escroqueries du monde (Le più belle truffe del mondo).
Negli Stati Uniti Lustig proseguì con le sue truffe, la vendita delle macchine per fare soldi e la stampa di banconote false fino a quando venne arrestato in Oklahoma. Ma riuscì a cavarsela corrompendo il poliziotto incaricato di sorvegliarlo. Nel 1934, preoccupato dalla crescente circolazione di banconote contraffatte, il governo di Franklin D. Roosevelt creò una commissione speciale per affrontare il problema e Lustig venne arrestato di nuovo.
Incarcerato a New York in attesa del processo, riuscì a fuggire dalla prigione calandosi dalla finestra con una corda fatta di lenzuola e fingendosi un lavavetri per non attirare l’attenzione. Dopo circa quattro settimane venne arrestato di nuovo, processato, condannato a quindici anni di carcere e mandato ad Alcatraz, la prigione più famosa della storia statunitense e una delle più note del mondo. Nel 1947 si ammalò di polmonite e morì poco dopo il suo trasferimento in un centro medico per persone detenute del Missouri.