Come Bolaño divenne Bolaño
Storia del successo di critica postumo dello scrittore cileno che oggi avrebbe compiuto 70 anni, tra intuizioni di marketing e grandi agenti letterari
Roberto Bolaño, autore tra gli altri dei romanzi I detective selvaggi e 2666 e che oggi avrebbe compiuto 70 anni, è uno di quegli scrittori per cui l’espressione “di culto” è più calzante. Da anni il suo nome e i suoi libri sono citatissimi da critici e altri scrittori estimatori della sua opera e tanti lettori lo menzionano tra i propri autori preferiti, anche per descrivere che tipo di lettori sono. Inoltre, come succede per le star della musica e in generale per quei personaggi famosi per cui si crea un senso di affetto collettivo, è uno di quegli scrittori di cui si conoscono molti episodi biografici.
Del resto la storia della sua vita, dall’impegno politico giovanile e dalla breve incarcerazione nei primi giorni della dittatura di Augusto Pinochet fino alla morte a soli 50 anni, prima del grande successo internazionale, è stata efficacemente usata come strumento di marketing per far conoscere i suoi libri negli Stati Uniti. Ha insomma contribuito al suo successo di critica e internazionale, che è arrivato di rimando intorno al 2008 e che ha fatto sì che Bolaño ottenesse la considerazione postuma che ha ora. Questo successo è un caso esemplare di come la fama di uno scrittore possa svilupparsi in poco tempo, non solo grazie al valore della sua opera, ma anche per il lavoro delle persone che ci lavorano attorno: agenti letterari, editori ed editor, ma anche traduttori e altri autori.
Nel 2003, quando morì per una malattia del fegato, Bolaño era conosciuto e stimato come scrittore, ma quasi solo nel mondo dei libri di lingua spagnola e tra i lettori ispanofoni. Nel 1998 aveva vinto un prestigioso premio letterario spagnolo, il Premio Herralde, e nel 1999 un altro latinoamericano, il venezuelano Premio Rómulo Gallegos, entrambi per I detective selvaggi, il suo romanzo più corposo (nell’edizione italiana ha 688 pagine) e apprezzato tra quelli pubblicati in vita: ambientato in Messico tra il 1975 e gli anni Novanta, ha per protagonisti un gruppo di giovani poeti messicani che – per farla breve, ma è molto riduttivo – a un certo punto vanno alla ricerca di una poeta che li aveva ispirati a fondare un movimento letterario nel deserto di Sonora.
A riprova della notorietà che ormai aveva ottenuto nel contesto spagnolo, nel 2001 era comparso come personaggio in un romanzo del noto scrittore spagnolo Javier Cercas, Soldati di Salamina. E quando nel maggio del 2003, pochi mesi prima della morte, partecipò al Salone del Libro di Torino venne già definito un «autore di culto» sulla Stampa. All’epoca però nessuno dei suoi libri era ancora stato pubblicato negli Stati Uniti, cosa che per un autore che non scrive in inglese rappresenta un passaggio fondamentale di affermazione professionale, per via dell’influenza economica e culturale dell’editoria americana.
Sarebbe però successo qualche mese dopo, a dicembre, quando New Directions, una casa editrice indipendente di libri letterari, pubblicò Notturno cileno, romanzo in cui Bolaño immagina la confessione sul letto di morte di un ex sacerdote cileno affiliato all’Opus Dei che aveva collaborato con la violenta dittatura di Pinochet.
Barbara Epler, editor di New Directions, raccontò poi al New Yorker che la prima persona che gli aveva parlato di Bolaño era stata Francisco Goldman, uno scrittore statunitense con origini guatemalteche e forti legami col mondo culturale ispanofono: «Casualmente, solo un paio di giorni dopo, un collega di una casa editrice più grande mi chiese quali nuovi autori stavo adocchiando, gli menzionai Bolaño insieme ad altri stranieri e lui mi disse: “Oh, ho visto una bozza di un romanzo di Roberto Bolaño mandata da un editore britannico in ufficio”». A quel punto, temendo di essere battuta dalla concorrenza, Epler contattò l’editore britannico, la piccola casa editrice Harvill Press che aveva fatto tradurre Notturno cileno l’anno precedente, chiese di poter leggere a sua volta la bozza e, presa dall’entusiasmo, fece un’offerta per comprarne i diritti per gli Stati Uniti, accettando di pubblicarne anche altri due.
Le prime edizioni britanniche e americane di Notturno cileno ebbero un successo di pubblico modesto – negli Stati Uniti ne furono vendute solo 775 copie in un anno – ma vennero apprezzate dai critici. New Directions in particolare ottenne per il libro una fascetta della grande intellettuale Susan Sontag che lo definiva «un romanzo contemporaneo destinato ad avere posto per sempre nella letteratura mondiale».
L’apprezzamento critico fece conoscere Bolaño tra gli addetti ai lavori dell’editoria americana, tanto che l’autorevole New Yorker pubblicò alcuni suoi racconti. Nel 2006 la grande agente letteraria Carmen Balcells, che all’epoca rappresentava gli eredi dei diritti d’autore di Bolaño, riuscì a vendere quelli per I detective selvaggi e 2666, altro lungo romanzo che lo scrittore non poté pubblicare in vita, a un editore più grande e importante di New Directions, Farrar, Straus and Giroux (FSG). Jonathan Galassi, il capo della casa editrice, ha in realtà raccontato di aver scoperto I detective selvaggi leggendo l’edizione italiana di Sellerio uscita nel 2003.
Per quanto dispiaciuta di non aver potuto pubblicare i romanzi più lunghi di Bolaño come avrebbe voluto, Epler apprezzò molto il lavoro di FSG: «Avevano un ottimo responsabile del marketing che ebbe l’idea geniale di usare una fotografia di Bolaño a 23 anni nel sito fatto per il lancio del libro. Erano i primi tempi dei social media e quell’aura da James Dean funzionò bene». La foto – tuttora sul sito di MacMillan, il grande gruppo editoriale a cui appartiene FSG – mostra un giovane Roberto Bolaño con i capelli lunghi che potrebbe benissimo essere uno dei protagonisti del romanzo, e forse in particolare il suo alter ego Arturo Belano.
I detective selvaggi uscì negli Stati Uniti nell’aprile del 2007. Nella campagna di marketing dedicata venne molto usato Twitter, cosa che ai tempi era ancora una novità, e a New York fu organizzato un evento di lancio in cui furono offerte tote bag e bicchieri di whisky. È impossibile dire in che misura la buona ricezione del romanzo fu dovuta alla strategia dell’editore e quanto ai suoi meriti intrinsechi, ma è certo che le cose andarono bene: in un anno furono vendute 22mila copie nell’edizione con la copertina rigida, che per un libro di un autore cileno poco conosciuto è un buon risultato negli Stati Uniti, dove si leggono pochi libri stranieri.
Il vero successo però si ebbe a partire dal novembre del 2008 con la pubblicazione di 2666. È romanzo fatto di cinque romanzi, per un totale di 963 pagine nell’edizione italiana, che racconta storie diverse che poi si rivelano collegate: quella di un gruppo di critici letterari europei appassionati dell’opera e dei misteri di Benno von Arcimboldi, un solitario scrittore tedesco; quella dello stesso Arcimboldi; quella di un professore di filosofia cileno che si trasferisce in Messico con la figlia adolescente ed è preoccupato per il gran numero di femminicidi nella città dove vive; quella di un giornalista afroamericano che va in Messico per seguire un incontro di boxe; e quella dei femminicidi e degli uomini accusati di averli compiuti.
Poco dopo l’uscita del romanzo, il settimanale britannico Economist parlò di «Bolaño-mania» per descrivere le attenzioni dedicate al romanzo da stampa e lettori. La rivista TIME lo definì «libro dell’anno», il New Yorker pubblicò una rubrica mensile di lettura del libro, vari critici descrissero Bolaño come il più grande autore latinoamericano dopo Gabriel García Márquez, e Loris Stein, editor di FSG, lo definì «Harry Potter intellettuale» per il successo tra i lettori. A questo interesse contribuirono probabilmente anche alcune imprecisioni sulla vita dello scrittore pubblicate sui giornali in quei primi tempi (come il fatto che fosse stato dipendente dall’eroina) e che accentuarono l’impressione che fosse un letterato un po’ “maledetto”, come si dice.
L’influenza dell’editoria e della stampa americana sono tali che, come successo in vari altri casi, la popolarità di Bolaño negli Stati Uniti si rifletté in Europa, generando attenzioni simili anche sulla stampa europea e italiana.
Nel frattempo anche in Italia la gestione postuma delle opere di Bolaño portò a un cambio di editore. L’amministrazione dei diritti d’autore era stata strappata a Carmen Balcells dal più famoso agente letterario del mondo, l’americano Andrew Wylie – Balcells lo bollò «seduttore di vedove» per aver convinto Carolina López, vedova di Bolaño, dopo María Kodama, vedova di Jorge Luis Borges – che però poi nel 2014 gli vendette la propria agenzia non avendo eredi. E le edizioni italiane passarono da Sellerio ad Adelphi, tuttora la casa editrice che pubblica Bolaño nel nostro paese: l’ultimo uscito, nel 2020, è Sepolcri di cowboy, che raccoglie tre abbozzi di romanzi.
Il fatto che in realtà l’editoria italiana avesse scoperto Bolaño prima del grande successo internazionale e prima della morte dello scrittore ha lasciato una importante traccia nella sua opera: uno dei personaggi di 2666, il critico Piero Morini, fu ispirato da Angelo Morino, scrittore, editore e professore universitario di letteratura ispanoamericana che per anni fu un importante consulente di Sellerio. Morino propose ad Elvira Sellerio di pubblicare Bolaño e ne tradusse molti libri fino alla morte nel 2007. Sempre in 2666 è anche citato Il libro di cucina di Juana Inés de la Cruz, uno dei libri scritti da Morino e pubblicato sempre da Sellerio, e la stessa editrice Elvira Sellerio:
La baronessa si avvicinava ai novant’anni e lo stato dei magazzini la lasciava del tutto indifferente. Viaggiava molto, Milano, Parigi, Francoforte. A volte veniva vista parlare con la signora Sellerio allo stand di Bubis a Francoforte.
In totale Sellerio pubblicò dodici libri di Bolaño, cominciando nel 1998 con La letteratura nazista in America, una serie di brevi biografie di scrittori latinoamericani con simpatie naziste, inventati. In quei primi tempi tra i lettori italiani Bolaño ricevette un’attenzione discreta, positiva al punto da farlo invitare al Salone del Libro di Torino in occasione dell’uscita di I detective selvaggi ma molto lontana da quella che sarebbe arrivata dopo.
Questo tipo di apprezzamento limitato a livello commerciale è comunque comprensibile: la narrativa di Bolaño non è semplice da leggere, spesso i suoi romanzi non hanno una vera e propria trama (o una trama facilmente riassumibile), ci sono tanti personaggi ed elementi di realtà si mescolano fortemente alla finzione romanzesca. Per quanto riguarda i temi al centro della sua opera, alcuni non sono di grande interesse per il lettore medio: ad esempio il grande spazio dato a libri, scrittori, poesie e letteratura da un lato, e quello dedicato alla violenza.
Le attuali versioni in italiano dei libri di Bolaño sono quasi tutte di Ilide Carmignani, un’altra importante traduttrice letteraria dallo spagnolo, che ha impiegato tre anni per completare la traduzione di 2666, uscito in Italia più o meno contemporaneamente all’edizione americana.
Nel 2011, commentando il modo in cui dopo la morte Bolaño si fosse trasformato in una «icona pop», lo scrittore argentino Patricio Pron osservò che «un’opera che mette radicalmente in discussione i valori e le istituzioni letterarie dominanti nella sua epoca», per quanto insieme a «una morte prematura, una personalità poco convenzionale e una concezione romantica della vita e della letteratura», abbia fatto sì che le stesse istituzioni letterarie dominanti lo abbiano poi molto celebrato.
«E allora passano a una velocità da vertigine i visi che ho ammirato, i visi che ho amato, invidiato, disprezzato. I visi che ho protetto, quelli che ho attaccato, i visi da cui mi sono difeso, quelli che ho cercato invano».
Nasceva il 28 aprile 1953 Roberto Bolaño. pic.twitter.com/0LeEJCLX2P
— Adelphi Edizioni (@adelphiedizioni) April 28, 2023