Toussaint Louverture, l’ex schiavo diventato eroe dell’indipendenza di Haiti
La sua storia è stata ricordata da Emmanuel Macron: anche in Francia, paese di cui Haiti fu colonia, è praticamente sconosciuta
Giovedì il presidente francese Emmanuel Macron ha scelto il Castello di Joux, nella regione montuosa dello Jura, al confine con la Svizzera, per celebrare il 175° anniversario dell’abolizione della schiavitù in Francia. Nelle prigioni del castello, utilizzato in passato come forte militare, morì 220 anni fa Toussaint Louverture, ex schiavo di Haiti, ex colonia francese, dove alla fine del Diciottesimo secolo guidò una rivolta di schiavi che poi si trasformò in un movimento rivoluzionario. Fu proprio Louverture, con la carica da generale acquisita durante la guerra, che concordò con i francesi una prima abolizione della schiavitù nell’isola, nel 1794.
Louverture morì in prigione dopo essere stato catturato e portato in Francia su ordine di Napoleone Bonaparte. Ad Haiti è considerato un “padre della patria”, in Francia nel 1998 il suo nome è stato aggiunto nel Pantheon, luogo dove vengono celebrati e seppelliti gli eroi nazionali. Fu uno dei primi protagonisti della lotta per l’abolizione della schiavitù, e lo storico e scrittore Sudhir Hazareesingh lo ha definito «il primo supereroe nero dell’era moderna». Ma la sua storia è per lo più sconosciuta anche ai francesi: solo uno studente su dieci delle scuole primarie e secondarie studia la sua figura e la rivoluzione haitiana.
Macron, che aveva promesso di avviare un processo critico verso il passato coloniale francese, lo ha raccontato come «un uomo che ha lottato per rendere effettiva la Dichiarazione dei Diritti dell’uomo e dei cittadini, che garantivano libertà, uguaglianza e fraternità a tutti». Il presidente francese è stato però criticato, in Francia e all’estero, per le molte omissioni durante le celebrazioni: l’abolizione della schiavitù ottenuta da Louverture fu revocata pochi anni dopo e concessa definitivamente solo nel 1848. I rapporti e le influenze negative della Francia sull’ex colonia haitiana sarebbero inoltre continuati ben dopo l’indipendenza, ottenuta nel 1804.
Louverture nacque nel 1743 nelle piantagioni di Haut-Du-Cap di Saint-Domingue, la metà dell’isola Hispaniola corrispondente all’attuale Haiti (l’altra metà, Santo Domingo, era una colonia spagnola). Fu liberato dalla sua condizione di schiavo fra il 1772 e il 1776, e un secondo matrimonio lo riportò vicino alle piantagioni dove era nato, questa volta nel ruolo di gestore e uomo d’affari.
Nel 1791 iniziarono le prime ribellioni di schiavi sull’isola, effetto degli ideali della rivoluzione francese ma anche di un minore controllo delle autorità coloniali. Con le sue piantagioni di zucchero e caffè, Saint-Domingue era una delle colonie più remunerative e per questo ambita anche da Spagna e Inghilterra: Louverture cominciò la sua carriera militare alleandosi con gli spagnoli ed emergendo come comandante e riferimento degli schiavi liberati e insorti. È di quegli anni il suo discorso più famoso, per mobilitare la popolazione nera:
Fratelli e amici, sono Toussaint Louverture; probabilmente il mio nome vi è già noto. Ho sotterrato la vendetta. Voglio che Libertà ed Eguaglianza regnino a Saint-Domingue. E sto lavorando perché ciò avvenga. Unitevi a noi, fratelli, e combattiamo per la medesima causa.
Quando nel 1794 il governo giacobino in Francia acconsentì a abolire la schiavitù, decisione che fu presa anche per ottenere l’appoggio degli insorti, Louverture cambiò fronte e passò con i francesi. Gli storici sono divisi sulle motivazioni della scelta: secondo alcuni Louverture fu guidato dagli ideali, secondo altri da un risentimento verso il comando spagnolo. Le cronache dell’epoca però scrivono che il generale si è sempre sentito e dichiarato “francese”.
Mostrando grandi abilità militari, nel giro di un paio d’anni Louverture respinse l’avanzata spagnola sulla parte francese dell’isola, firmò un trattato con gli inglesi e iniziò a governare ritagliandosi sempre maggiori poteri, arrivando allo scontro con alcuni emissari del governo di Parigi ma non dichiarando mai l’indipendenza di Saint-Domingue. Nel 1801 promulgò una nuova Costituzione, che con ambiguità definiva l’isola “colonia francese” ma che di fatto sanciva la sua autorità su tutta Hispaniola, anche sulla parte spagnola: si autoproclamò governatore generale a vita con poteri semi-assoluti e la possibilità di scegliere il suo successore.
In Francia nel frattempo le istituzioni repubblicane furono travolte dall’ascesa di Napoleone, che nel 1799 annunciò leggi speciali per le colonie, confermò Louverture alla guida di Saint-Domingue ma allo stesso tempo tentò di limitarne i poteri e l’autonomia: tra le altre cose si impegnò per impedire l’invasione delle forze di Saint-Domingue nella parte spagnola dell’isola. Napoleone, oltre a non rispondere mai alle lettere inviate da Louverture, mandò a Saint-Domingue suo cognato, il generale Charles Emmanuel Leclerc, per riportare l’ordine. Leclerc aveva il compito di usare le vie diplomatiche per convincere Louverture a contenere le sue iniziative autonome, per esempio in politica estera, e ristabilire l’influenza francese sul governo locale.
In realtà le due parti si fronteggiarono anche militarmente. Gli storici hanno ricostruito che Louverture chiese ai suoi generali di dare fuoco alle città – l’avrebbe fatto per preparare i francesi «all’inferno che avrebbero trovato» – mentre lo stesso Macron ha citato un episodio in cui Louverture avrebbe cantato solennemente la Marsigliese di fronte alle truppe francesi per «ricordare agli invasori che avevano tradito lo spirito repubblicano in modo imperdonabile».
Nel giugno del 1802 Toussaint Louverture fu catturato e imprigionato, nonostante le promesse di amnistia che aveva ottenuto dai francesi nel caso in cui si fosse arreso. Secondo alcune ricostruzioni, alla sua cattura contribuì anche il suo “braccio destro”, Jean-Jacques Dessalines, che avrebbe collaborato coi francesi.
Louverture fu portato in Francia e rinchiuso nella prigione del forte alpino, dove si ammalò presto: nonostante le condizioni di salute peggiorassero visibilmente, non fu mai sottoposto a cure e otto mesi dopo il suo arrivo in Francia morì, a 59 anni, per malnutrizione, polmonite e forse tubercolosi.
Già nel 1802 Napoleone ristabilì la schiavitù nelle colonie, provocando una nuova insurrezione sull’isola: l’intervento del Regno Unito, che mirava a indebolire le postazioni francesi nell’area, diede sostegno alla causa dei ribelli. Le forti perdite fra le truppe francesi, in battaglia ma anche per un’epidemia di febbre gialla, convinsero il governo della Francia a ordinare il ritiro dei propri soldati e nel 1804 l’ex colonia dichiarò l’indipendenza, prendendo il nome di Haiti. Dessalines promulgò una nuova Costituzione, cominciò a governare in maniera dittatoriale e ordinò presto un massacro dei francesi rimasti sull’isola, come vendetta per i loro crimini coloniali: furono uccise fra le 3.000 e le 5.000 persone.
Oltre vent’anni dopo, nel 1825, su ordine del re Carlo X, navi da guerra francesi arrivarono lungo le coste di Haiti: la Francia pretese il pagamento di una cifra altissima, pari a 150 milioni di franchi d’oro, come riparazione per la perdita della colonia.
Il governo di Haiti sotto minaccia di una nuova guerra accettò e ottenne il riconoscimento dell’indipendenza da parte dell’ex potenza coloniale. La cifra richiesta era però superiore di oltre 100 volte a quella a disposizione del paese, per cui Haiti si indebitò per decenni, prima con lo stato francese, poi con banche francesi. Un’indagine del New York Times ha ricostruito che nei primi sessant’anni Haiti diede alla Francia una cifra corrispondente a 560 milioni di dollari odierni, ma gli effetti del debito sull’economia proseguirono per oltre un secolo. Il debito è stato estinto solo nel 1947, ma ha condizionato fortemente la crescita del paese.
Non solo per questo, ma anche per questo, Haiti è attualmente il paese più povero delle Americhe e uno dei più poveri al mondo, con un reddito pro capite notevolmente inferiore anche a quello di Santo Domingo, che occupa l’altra metà dell’isola Hispaniola. Nel 2021 Haiti è stato colpito da un devastante terremoto e il suo presidente Jovenel Moïse è stato assassinato da un gruppo armato. Da allora il paese non ha un governo democraticamente eletto né in grado di esercitare un potere reale: grandi parti del territorio nazionale, fra cui la capitale Port-au-Prince, sono sotto il controllo di gang criminali.