Il paese con il debito pubblico più piccolo al mondo
È il Brunei, un piccolo sultanato autoritario del sud-est asiatico che basa tutta la sua fortuna sull'industria petrolifera
Il Brunei è il paese con il debito pubblico più piccolo al mondo: vale l’1,9 per cento del suo Prodotto Interno Lordo, pochissimo se paragonato alla media degli altri paesi e soprattutto rispetto a quello dei paesi più indebitati, come il Giappone, che ha un debito oltre il 200 per cento del PIL, e l’Italia, che lo ha al 142 per cento.
Il Brunei è un piccolo paese del sud-est asiatico che basa la sua fortuna su enormi riserve di gas e petrolio, e questa è una delle ragioni del suo scarsissimo indebitamento, ma non solo.
Teoricamente, un basso rapporto tra debito pubblico e PIL non è per forza indicatore di un’economia sana e prospera: lo stato potrebbe non avere debito perché non spende in servizi per i cittadini e non investe. Ma questo non è il caso nel Brunei, in cui i cittadini hanno accesso a servizi notevoli, come sanità e istruzione totalmente gratuite, benché non ci siano imposte sul reddito o alto debito a finanziarli. L’alto tenore di vita serve anche a garantire la stabilità di una delle poche monarchie assolute ancora esistenti al mondo: quella del Brunei in particolare è una monarchia islamica che applica la sharia, l’insieme di princìpi legislativi e morali che si deducono dai testi sacri islamici e che nel Brunei vengono applicati in modo molto rigido, condizionando notevolmente la vita dei cittadini. Il Brunei è uno stato non libero, il cui governo duramente autoritario è spesso contestato dalla comunità internazionale.
Il Brunei è un paese piccolo sia in termini di territorio che popolazione residente: è grande più o meno come la Liguria e ha circa 445 mila abitanti, centomila in meno di Genova. È stato un protettorato britannico ma sostanzialmente molto autonomo e sempre distaccato dalle vicende e dagli affari della vicina Malesia: fu l’unico stato malese che non è voluto entrare a far parte della Federazione della Malesia nel 1963. Nel 1984 ottenne poi la piena indipendenza dalla Gran Bretagna.
Il Brunei ha enormi giacimenti di petrolio e il 90 per cento del suo PIL deriva proprio dalle esportazioni di greggio, che assicurano cospicue entrate per le aziende e per lo stato. In questo modo il settore pubblico ha accumulato grandi riserve di denaro e di valuta estera, con cui gestire le importazioni e con cui finanziare i servizi pubblici ai cittadini senza dover ricorrere al debito.
L'economia è sostanzialmente incentrata sull'esportazione di petrolio, ma da qualche anno il governo sta cercando anche di diversificare e di far sviluppare il settore privato fuori dall'industria petrolifera, che non potrà garantire per sempre il sostentamento dello stato, soprattutto se il mondo ridurrà gradualmente l'uso delle fonti energetiche inquinanti. Da anni lo stato sta finanziando infrastrutture e ampliando le reti commerciali internazionali: sta costruendo strade e ponti, oltre che finanziando progetti energetici per attirare capitali stranieri e incoraggiare la produzione di energie alternative; vuole potenziare anche la manifattura e l'industria, nonché fare del paese un centro di ricerca, certificazione ed esportazione di alimenti, farmaci e cosmetici.
L'economia del paese è comunque molto piccola, ma riesce a garantire un tenore di vita piuttosto alto ai cittadini, che non pagano alcun tipo di tassa sul reddito ma che possono contare su una sanità totalmente gratuita, sull'istruzione gratuità fino all'università, su numerosi posti di lavoro nel settore pubblico e su politiche abitative molto favorevoli, con tante case popolari e con la possibilità di ottenere mutui agevolati garantiti dallo stato.
L'attuale sultano Hassanal Bolkiah è in carica dal 1964, quando suo padre abdicò: nei primi tempi del suo regno il sultano tentò di modernizzare l'istituzione del sultanato, rendendolo più simile a un governo centralizzato che a una corte. Dopo l'indipendenza si è nominato primo ministro e nel 1991 ha introdotto un nuovo modello di monarchia che presentava il monarca come il difensore della fede.
Nel 2013 il processo di modernizzazione si interruppe. Il sultano decise di introdurre la sharia nel codice penale del Brunei, ossia di adattare le leggi e le pene all'insieme di principi etici e morali che si possono desumere dai testi sacri islamici. La conseguenza è stata che già l’anno successivo erano entrate in vigore le prime leggi che prevedevano tra le altre cose pene più severe per specifici reati, tra cui comportamenti considerati indecenti, gravidanze fuori dal matrimonio e mancata partecipazione alle preghiere del venerdì.
Nel 2019 il sultano aveva tentato di introdurre anche una durissima legge contro l’adulterio e il sesso omosessuale, che avrebbe infine imposto la pena di morte per lapidazione. Ci furono grosse proteste in tutto il mondo, che ebbero una risonanza talmente notevole che il sultano decise di non applicare per il momento la pena di morte per queste fattispecie.
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