La Silicon Valley sta diventando più prudente sulle startup

Dopo gli scandali di Theranos e FTX si sta diffondendo un certo scetticismo sugli imprenditori più spericolati, dice il New York Times

Una copertina di Forbes rimasta celebre per aver celebrato Elizabeth Holmes, la fondatrice di Theranos.
Una copertina di Forbes rimasta celebre per aver celebrato Elizabeth Holmes, la fondatrice di Theranos.

Tra il 2012 e il 2021 gli investimenti in startup tecnologiche negli Stati Uniti sono aumentati di otto volte, raggiungendo un totale di 344 miliardi di dollari, con più 1.200 “unicorni” totali, come vengono chiamate le startup che raggiungono la valutazione da un miliardo di dollari. Parte del successo del settore è stato dovuto alla capacità delle sue imprese di cambiare – se non stravolgere – consuetudini sociali ed economiche, con un approccio che viene riassunto dalla parola disruption, uno dei pilastri della cultura della Silicon Valley.

Letteralmente, il termine significa “interruzione” o “disagio”, ma in questo contesto definisce la capacità di un nuovo prodotto di innovare e cambiare le abitudini sociali e culturali, rimpiazzando il sistema preesistente. È uno spirito che viene riassunto anche dal motto originale di Facebook: «Move fast and break things», muoviti veloce e rompi le cose. Nell’ultimo decennio però la cultura legata alle startup è cambiata: molti aspetti oscuri legati a questo modello, in particolare l’abitudine tra gli imprenditori della Silicon Valley a esagerare e anche a falsificare i propri risultati per promuovere le proprie prospettive economiche e trovare nuovi finanziatori, sono diventati evidenti e sembrano essere molto meno tollerati di un tempo.

È diventato evidente in particolare in seguito a scandali come quelli di Theranos e FTX, due startup dalle quotazioni miliardarie guidate da fondatori carismatici e di grande successo mediatico, rispettivamente Elizabeth Holmes e Sam Bankman-Fried, entrambi arrestati dopo il fallimento fraudolento delle loro aziende. Nonostante le differenze tra le due startup, le loro storie si somigliano. Theranos doveva rivoluzionare il mercato degli esami del sangue con un test economico, indolore, da praticare a casa senza bisogno di personale medico, mentre FTX era il servizio di scambio di criptovalute ritenuto più prestigioso e affidabile. In entrambi i casi, a fare la fortuna delle startup erano stati i loro fondatori, celebrati dalla stampa e dalla politica, come dimostrano i molti eventi pubblici a cui Holmes e Bankman-Fried parteciparono assieme a ex presidenti statunitensi come Bill Clinton o l’attuale presidente Joe Biden, oltre a molte personalità illustri della finanza e della cultura.

Secondo il New York Times, questi e altri scandali simili avrebbero segnato la fine di un’epoca per il settore, epoca nella quale si è spesso tollerato un certo livello di finzione e bugie per sostenere le ambizioni di una startup. È il cosiddetto «fake it until you make it» (fai finta di avercela fatta finché non ce l’hai fatta davvero), aforisma con cui si sottolinea l’importanza della determinazione, della sicurezza in sé e dell’ottimismo ai fini della riuscita di un progetto, a costo di ingigantire – o inventare – le capacità della propria azienda o persona.

A peggiorare le cose per una certa cultura di startup ha contribuito l’aumento dei tassi di interesse, che ha reso più costosi gli investimenti con un certo livello di rischio (tipici del settore tecnologico), spingendo i fondi di investimento a un maggiore scrutinio dei candidati. «La frode è ormai nell’aria» dice il New York Times: cioè il sospetto che una richiesta di finanziamenti possa nascondere una fregatura è sempre più presente. E questo rende la vita sempre più difficile alle aziende che non sanno dimostrare la concretezza delle loro promesse.

Lo dimostrano gli eventi delle ultime settimane, nel corso delle quali Charlie Javice, fondatrice di un’app di organizzazione dei fondi personali pensata per gli studenti del college, è stata arrestata con l’accusa di aver falsificato il numero di clienti per facilitare l’acquisizione della startup da parte della banca JPMorgan Chase. Uno dei fondatori di Outcome Health, ex celebrata startup pubblicitaria, è stato giudicato colpevole di frode alla fine di un lungo processo. Per il 27 aprile è inoltre previsto l’inizio della pena di Holmes, condannata a undici anni di prigione per via del fallimento di Theranos. Nei mesi precedenti, Carlos Watson, fondatore di un discusso progetto editoriale, Ozy Media, e Christopher Kirchner, fondatore dello sviluppatore di software di logistica Slync.io, sono stati arrestati per aver mentito agli investitori, così come Manish Lachwani, fondatore e capo di HeadSpin, accusato di frode finanziaria. Su tutti, poi, aleggia il caso del citato Bankman-Fried, arrestato lo scorso dicembre alle Bahamas.

Secondo alcuni, la caduta di quest’ultimo è stata particolarmente d’impatto nel settore perché ha dimostrato come anche un’istituzione ritenuta credibile – e politicamente molto attiva, specie a sinistra – potesse collassare in poche ore, rivelando anni di malcostume, frode e disorganizzazione. Dopo che FTX aveva dichiarato bancarotta, lo scorso novembre, il cofondatore e amministratore delegato di Airbnb, Brian Chesky, aveva commentato su Twitter: «È come se fossimo in discoteca e qualcuno avesse appena acceso le luci».

L’impressione diffusa tra imprenditori, investitori e operatori del campo tecnologico è che una parte rilevante del fascino e dell’aura storicamente associati alla Silicon Valley si siano esauriti, a causa di anni di eccessivo ricorso all’iperbole e alle bugie al fine di sostenere l’attenzione e le aspettative legate alle startup. Un costume che, complice l’aumento degli investimenti e degli interessi in gioco, ha spesso condotto a pratiche illegali e truffaldine.

Il cambiamento di prospettiva sta avvenendo proprio mentre molte aziende del settore sono state costrette a licenziare migliaia di persone, sia a causa dell’aumento dei tassi di interesse, sia per un generale assestamento seguito alla forte crescita registrata nel periodo pandemico, durante il quale le aziende digitali avevano assunto molto. La fine del «fake it until you make it» non sembra però riassumibile come una diretta conseguenza della contingenza economica, e sta già avendo ripercussioni profonde sul rapporto stesso tra gli investitori e le startup, fondamentale per il tessuto economico della Silicon Valley. Alcuni investitori hanno infatti chiesto a società di consulenza come RHR International di «aiutarli a identificare i segnali rivelatori» di un particolare tipo di persona che la società ha definito «narcisista machiavellico», dalla quale è più probabile attendersi comportamenti illegali o fraudolenti.

Secondo Alexander Dyck, docente di finanza alla University of Toronto, l’ambiente delle startup «ha molte delle condizioni che sono più associate alla frode», visto che fa affidamento su modelli di business nuovi e poco rodati, ed è popolato da imprenditori che detengono un forte controllo diretto sulle proprie aziende senza essere controllati dagli investitori. L’ambiente culturale non aiuta, con la sua ossessione per il successo economico e i continui riferimenti alla disruption come qualcosa di positivo ed essenziale al successo di un’impresa, elementi che possono condurre a scelte eticamente (e legalmente) discutibili. «Non è una sorpresa vedere tante frodi commesse negli ultimi diciotto mesi venire allo scoperto solo ora» ha spiegato Dyck.

Gli eventi recenti hanno anche dimostrato come gli investitori siano sempre più disposti a denunciare le stesse startup su cui hanno investito denaro. È una pratica relativamente nuova per il settore: storicamente, infatti, gli investitori tendevano a non farlo perché le startup erano spesso piccole, con pochi asset e beni da recuperare e si riteneva che denunciare un fondatore potesse ledere la reputazione degli investitori.

È un cambiamento d’approccio che sembra tradire la filosofia originaria di un settore per definizione rischioso e ambizioso, in cui il fallimento di un’impresa è stato sempre raccontato come un momento essenziale nella vita di un imprenditore, il passo falso che precede la scalata verso il successo. Un altro modo di dire che si è diffuso nell’ultimo decennio nella Silicon Valley predicava appunto di «fallire velocemente, fallire spesso», proprio per velocizzare il percorso creativo verso il successo.