In Sicilia l’abbandono scolastico è un grosso problema
È la regione dove più ragazzi lasciano gli studi precocemente, per una serie di motivi su cui si sta cercando di intervenire
Quando sono ricominciate le lezioni dopo le restrizioni dovute alla pandemia, in provincia di Ragusa gli operatori di alcune cooperative sociali hanno organizzato un pullman per permettere a ragazzi e ragazze di andare la scuola: in molte zone non ci sono trasporti pubblici né scuolabus e i genitori, soprattutto stranieri lavoratori nei campi e nelle serre, non potevano permettersi di dedicare tempo ad accompagnare i figli in classe. In altre province sono stati creati percorsi psicologici e di orientamento per gli studenti che frequentano le lezioni soltanto di rado. In alcuni comuni sono stati organizzati i doposcuola, corsi pomeridiani di sport, di musica e di arte per richiamare gli studenti.
Sono tentativi che molte altre scuole siciliane proveranno a replicare per ridurre l’elevata dispersione scolastica, cioè la quota di studenti che lasciano la scuola prima dei 16 anni, età fino a cui in Italia l’istruzione è obbligatoria. L’indicatore utilizzato dall’ISTAT rileva gli effetti della dispersione avvenuta in passato perché mostra la percentuale di persone tra 18 e 24 anni che hanno abbandonato precocemente gli studi, cioè che hanno soltanto un diploma di scuola media e non hanno concluso la scuola dell’obbligo o un percorso di formazione professionale. La Sicilia è la regione italiana con la percentuale di dispersione più alta, 21,2 per cento, mentre la media italiana è del 12,7 per cento.
La distribuzione territoriale mostra come le regioni del Sud siano le più soggette a questo fenomeno: in Puglia la dispersione scolastica è al 17,6 per cento, in Campania al 16,4 per cento.
L’abbandono della scuola, com’è noto, causa gravi ripercussioni sia sulle persone che sulla società in generale. I giovani che lasciano gli studi hanno ovviamente più difficoltà nella ricerca di un lavoro e prospettive occupazionali limitate. Inoltre partecipano meno alle attività sociali, politiche, culturali, e sono a maggior rischio di povertà e cattiva salute.
Per capire come stanno le cose ora, dopo la pandemia, l’ufficio scolastico regionale siciliano ha iniziato a raccogliere dati più puntuali e aggiornati rispetto a quelli dell’ISTAT. È stato chiesto a tutte le scuole di aggiornare indicatori chiamati evasione, frequenza irregolare e abbandono. L’evasione riguarda ragazzi e ragazze che non hanno ancora compiuto 16 anni e non si sono mai presentati a scuola nonostante siano iscritti. Per abbandono scolastico si intende un’assenza continuativa di almeno 15 giorni non dovuta a problemi di salute, di tipo famigliare e comunque non giustificata né comunicata alla scuola. La frequenza irregolare, invece, riguarda gli studenti assenti senza giustificazioni per almeno 7 giorni in un mese.
In totale nell’anno scolastico 2021/2022 sono stati segnalati 5.909 casi di persone che rientrano in questi indicatori: 838 per evasione scolastica, 1.194 per abbandono e 3.361 per frequenza irregolare.
I dati peggiori sono stati osservati nelle province di Ragusa, Palermo ed Enna. Secondo un’indagine promossa dall’ufficio scolastico regionale, le cause di abbandono in Sicilia sono riconducibili per la maggior parte a comportamenti problematici da parte dello studente (50% dei casi), per il 45% a difficoltà familiari e per un ultimo 5% al disagio psicologico dovuto alla pandemia.
La provincia di Ragusa è particolarmente interessata da alcune delle cause più legate alla dimensione sociale del problema. C’è una notevole presenza di persone straniere che lavorano nei campi o nelle serre: le condizioni socio-economiche sono pessime e la formazione dei genitori quasi inesistente. In tutto il mondo l’incidenza di abbandoni precoci più alta si nota dove il livello di istruzione o professionale dei genitori è più basso. Inoltre nel ragusano il mercato del lavoro è poco attrattivo e l’offerta formativa e di servizi scarsa. Molti ragazzi e ragazze iniziano quindi a lavorare presto, alimentando ulteriormente la marginalità: assicurano ai genitori un aiuto immediato, che però nel lungo periodo diventa controproducente anche economicamente.
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Le indagini e la raccolta di dati più approfonditi sono state commissionate per la prima volta quest’anno per studiare con più attenzione il fenomeno rispetto al passato. Giuseppe Pierro, direttore dell’ufficio scolastico regionale dallo scorso settembre, dice che soltanto con dati attendibili si può capire quali sono i problemi di ogni territorio. «Finora c’è stata una narrazione monotematica sulla dispersione scolastica. Ma Ragusa non è Palermo e non si può pensare di trovare soluzioni uguali per ogni provincia o per tutti i comuni», spiega. «Per questo abbiamo creato una rete di osservatori formata da 49 psicopedagogisti che hanno il compito di raccogliere e analizzare dati più puntuali e aggiornati. Una delle cose importanti di cui ora c’è più consapevolezza è che la dispersione scolastica deve essere affrontata dall’intera società e non soltanto dalla scuola».
Pierro si riferisce ai fondi stanziati negli ultimi anni, dalla Regione e dal governo, per progetti molto dispersivi. Spesso vengono distribuiti soldi a tutte le scuole senza idee precise su come spenderli.
Da quest’anno le indagini fatte dall’ufficio scolastico regionale hanno consentito di individuare i principali problemi in ogni provincia e i progetti per risolverli. In alcune zone, dice Pierro, i comuni non hanno i soldi per pagare le mense e l’assenza della possibilità di fare il tempo pieno a scuola favorisce gli abbandoni. In altre non si è mai proposto di introdurre il tempo pieno per resistenze culturali da parte delle famiglie, che spesso preferiscono avere i figli a casa al pomeriggio. Per molti studenti che abitano nelle cosiddette aree interne è quasi impossibile raggiungere la scuola in un tempo ragionevole perché i trasporti pubblici sono pessimi. In molti comuni non ci sono più società sportive: l’aggregazione anche al di fuori dalle lezioni serve a ridurre la dispersione scolastica.
C’è poi un problema di offerta formativa perché c’è una prevalenza di licei rispetto agli istituti tecnici e anche la formazione professionale è limitata. «Con i dati del nostro osservatorio sollecitiamo la politica a indirizzare meglio i finanziamenti», continua Pierro. «Per esempio sostenendo economicamente i comuni per migliorare il sistema dei trasporti oppure per finanziare le mense. Prima di spendere i soldi dovevamo capire qual era la situazione nel dettaglio».
Anche il PNRR, il piano nazionale di ripresa e resilienza, può essere d’aiuto. Sono stati stanziati 500 milioni di euro a progetti contro la dispersione scolastica presentati dalle scuole. Alla Sicilia sono stati assegnati in totale 74 milioni di euro: è la seconda regione per finanziamenti dopo la Campania che ha ricevuto 79 milioni. Possono essere finanziati percorsi di supporto psicologico individuale per gli studenti che mostrano particolari fragilità motivazionali o disciplinari oppure percorsi che coinvolgono anche le famiglie. In ogni scuola che richiederà i finanziamenti, prevedono gli impegni del piano, dovrà essere creato un gruppo di docenti esperti per individuare gli studenti a maggior rischio di abbandono e cercare di far recuperare loro le motivazioni.
In molte scuole siciliane già da quest’anno è iniziato il coinvolgimento diretto degli insegnanti, con l’aiuto esterno di psicologi, nel tentativo di ridurre gli abbandoni. Alessandra Benanti, preside dell’istituto comprensivo Maneri-Ingrassia-Don Milani, nel quartiere Settecannoli di Palermo, ha detto a Repubblica che ci sono alunni che accumulano anche 400 ore di assenze, quasi metà dell’anno scolastico: «la chiave è fargli sperimentare il successo, farli sentire gratificati anche per qualcosa di specifico che riescono a fare, fosse anche un laboratorio d’arte come ci è capitato di fare. Siamo riusciti a recuperare anche due ragazzine rom che non frequentavano più e un’altra alunna che con il papà in carcere viveva un grande disagio in classe».
Un altro caso significativo riguarda una scuola di Vittoria, in provincia di Ragusa: all’istituto comprensivo Portella della Ginestra è stato attivato il tempo pieno in tutte le classi ed è stato avviato un progetto di supporto linguistico per gli studenti non italofoni.