L’inchiesta del Wall Street Journal sui rapporti tra Jeffrey Epstein e JPMorgan
Sostiene che alcuni banchieri avrebbero mentito sui legami con il miliardario accusato di traffico sessuale, e su cosa sapevano di lui
Un’inchiesta pubblicata venerdì dal Wall Street Journal, quotidiano statunitense specializzato soprattutto in temi di finanza ed economia, ha rivelato che alcuni dirigenti di JPMorgan, la banca più grande degli Stati Uniti e una delle più importanti al mondo, hanno mentito sui rapporti intrattenuti con Jeffrey Epstein, il miliardario statunitense accusato in più occasioni di reati legati al traffico sessuale di minori e suicidatosi in carcere nel 2019.
L’inchiesta del Wall Street Journal è stata pubblicata mentre sono in corso due grosse cause che riguardano i rapporti tra Epstein e JPMorgan: sono state intentate rispettivamente da una donna che ha accusato Epstein di abusi sessuali e dal governo delle Isole Vergini Americane, dove Epstein possedeva due isole (poi messe in vendita, dopo la sua morte, per risarcire le persone che avevano subìto abusi sessuali da parte sua). Nelle due cause JPMorgan è accusata di essere stata a conoscenza dei crimini compiuti da Epstein e di essere stata coinvolta nelle transazioni economiche legate al traffico sessuale di minori per cui Epstein fu incriminato.
Epstein era stato cliente della banca per oltre 15 anni: JPMorgan aveva detto di aver chiuso tutti i suoi conti correnti nel 2013, cinque anni dopo il primo processo contro di lui e dopo molte pressioni, e aveva poi sostenuto di aver interrotto qualsiasi rapporto. Secondo l’inchiesta del Wall Street Journal, basata su testimonianze di persone informate dei fatti e su alcuni documenti, alcuni importanti dirigenti di JPMorgan avevano in realtà mantenuto ampi e duraturi rapporti con Epstein ben dopo e ben più intensamente rispetto a quanto dichiarato, traendone una serie di benefici economici.
Già nelle due cause intentate contro Epstein sono citati una serie di dettagli sui contatti tra la banca e il miliardario avvenuti dopo la sua incriminazione, a cui ora si aggiungono anche quelli forniti dall’inchiesta del Wall Street Journal.
Epstein era un famoso finanziere di 66 anni: nel 2019 era stato arrestato con l’accusa di aver sfruttato sessualmente per anni decine di ragazze minorenni, anche di soli 13 anni, con un sistema elaborato, sistematico e predatorio. Prima dell’arresto e del suicidio poco dopo, Epstein era comunque già un personaggio noto e controverso, con legami con personaggi del mondo delle celebrità e uomini potenti, tra cui Kevin Spacey, Les Wexner, Donald Trump e Bill Clinton. Le prime indagini su di lui erano iniziate nel 2005.
Epstein era diventato cliente di JPMorgan nel 1998. Nel corso degli anni aveva aperto una cinquantina di conti correnti per un patrimonio da centinaia di milioni di dollari. Soprattutto, Epstein aveva progressivamente messo JPMorgan in contatto con una serie di clienti molto facoltosi, a beneficio della stessa banca: tra questi Glenn Dubin, cofondatore della Highbridge Capital Management, società di investimento di cui JPMorgan aveva poi acquistato quote per circa 1 miliardo di euro. Secondo il Wall Street Journal, in quell’occasione Epstein guadagnò una commissione di circa 15 milioni di dollari.
I rapporti tra Epstein e JPMorgan, insomma, erano rapporti di mutuo interesse e beneficio, che sia secondo le cause intentate contro di lui che secondo l’inchiesta del Wall Street Journal furono anteposti alla consapevolezza dei modi illeciti in cui Epstein usava e guadagnava quei soldi.
Il principale interlocutore di Epstein dentro JPMorgan era Jes Staley, che gestiva i clienti più facoltosi per l’azienda: dalla documentazione contenuta nella causa intentata dalle Isole Vergini emerge che tra i due non c’era solo un rapporto d’affari, ma anche di amicizia e forse di collaborazione nel traffico sessuale di minori. JPMorgan stessa, il mese scorso, ha fatto causa a Staley accusandolo di aver ingannato la banca sulla condotta di Epstein. Staley, da parte sua, ha negato di essere a conoscenza delle sue attività criminali.
Epstein si era dichiarato colpevole nel 2008 per molestie su minori e induzione alla prostituzione (fu la prima di altre vicende giudiziarie a suo carico) e il processo si concluse con un controverso accordo che fu giudicato da molti eccessivamente favorevole. Fin da quel momento dirigenti di JPMorgan e addetti della compliance, cioè l’ufficio incaricato di verificare il rispetto di norme e codici di condotta, avevano fatto pressioni sulla stessa banca affinché venissero interrotti i rapporti con Epstein, dato quanto era emerso su di lui e sul modo in cui usava i propri soldi. Secondo la causa intentata dalle Isole Vergini Americane, i conti correnti di Epstein furono classificati come «ad alto rischio», anche per i grossi prelievi effettuati molto regolarmente: nella causa si parla di 80mila dollari alla volta e di più di 750mila dollari all’anno.
Nel 2010, l’ufficio compliance di JPMorgan aveva contattato la dirigenza allegando dettagli sulle indagini a carico di Epstein sul traffico sessuale di minori e chiedendo se la banca fosse ancora intenzionata ad avere come cliente un dichiarato autore di crimini sessuali. La banca aveva continuato a permettere ad Epstein, nel frattempo uscito dopo 13 mesi in carcere, di fare le proprie manovre economiche, trattandolo come un «cliente di punta», scrive il Wall Street Journal, e continuando ad ottenere benefici da questo rapporto.
Alcune delle fonti del Wall Street Journal hanno detto per esempio che nel 2011 Epstein propose a JPMorgan di aprire un fondo filantropico multimiliardario, con cui avrebbe contribuito ad attirare clienti molto facoltosi in grado di versare alla banca almeno 100 milioni di dollari.
I conti correnti di Epstein a JPMorgan erano stati infine chiusi nel 2013, anno in cui Staley aveva lasciato la banca. Mary Erdoes, una delle tre dirigenti della banca, aveva detto tempo fa di aver visto l’ultima volta Epstein in quel momento, ma secondo l’inchiesta gli incontri con Epstein proseguirono ben oltre.
Di Erdoes, il Wall Street Journal scrive che incontrò Epstein nella sua casa di Manhattan sia nel 2011 che nel 2013, successivamente scambiandosi con lui decine di email in cui tra le altre cose discusse della possibile condivisione di alcune commissioni relative a un fondo di beneficenza che la banca stava considerando di realizzare.
I due dirigenti che incontrarono Epstein anche dopo la chiusura dei suoi conti correnti sono John Duffy e Justin Nelson, che avrebbero incontrato Epstein rispettivamente nel 2013 e, nel secondo caso, almeno sei volte tra il 2014 e il 2017, peraltro accompagnato da altri (e non specificati) dirigenti e banchieri di JPMorgan. In una di queste occasioni, Nelson avrebbe raggiunto Epstein nel suo ranch nel New Mexico, nel 2016. In tutti questi casi, si parla di incontri che prima della pubblicazione dell’inchiesta non erano noti.
Non è chiaro cosa Epstein avesse discusso in questi incontri coi dirigenti di JPMorgan. Un portavoce della banca ha detto al Wall Street Journal che tutti gli incontri avvenuti tra lo staff della banca ed Epstein dopo il 2013 riguardavano clienti della banca rappresentati dallo stesso Epstein, ma non sono stati dati altri dettagli.