Il movimento femminista sudcoreano che rifiuta gli uomini
Si chiama 4B e chi ne fa parte pensa che l'unico modo per sottrarsi ad abusi e discriminazioni sia evitare sesso eterosessuale, matrimonio e figli
La Corea del Sud è un paese in cui la cultura patriarcale nei suoi aspetti più conservatori è molto radicata: dalle donne ci si aspetta generalmente che abbiano figli, si dedichino alla famiglia e si adattino a una serie di canoni estetici e di abbigliamento. Tra i movimenti femministi nati negli ultimi anni per opporsi a tutto questo ce n’è uno piuttosto radicale, che rifiuta del tutto il matrimonio con gli uomini e in senso ancora più ampio le relazioni eterosessuali, nella convinzione che questo sia l’unico modo per cercare di limitare gli abusi e le discriminazioni di genere.
Il movimento si chiama “4B”, ha alcune migliaia di militanti e da qualche giorno se n’è cominciato a parlare anche all’estero grazie a un approfondito articolo della giornalista americana Anna Louie Sussman su The Cut, tradotto in italiano e pubblicato di recente su Internazionale.
Il movimento 4B (conosciuto anche come movimento dei “4 no”) prende il nome da quattro parole sudcoreane che cominciano con il prefisso “bi”, che indica appunto “no”: bihon, cioè il rifiuto del matrimonio eterosessuale; bichulsan, il rifiuto di avere figli; biyeonae, il rifiuto di avere relazioni romantiche con gli uomini e bisekseu, il rifiuto di avere rapporti sessuali con loro. Come spiega l’articolo di The Cut, questo movimento è sia «una posizione ideologica che uno stile di vita»: spesso le donne che vi aderiscono si rasano i capelli, rifiutano di truccarsi e indossano pantaloni larghi, felpe o cappelli per protestare contro i canoni estetici imposti dalle tradizioni patriarcali. Più in generale scelgono di restare single e si dedicano a rivendicare e promuovere uno stile di vita alternativo attraverso incontri, manifestazioni e attivismo online.
L’elemento in comune tra le militanti è quello di escludere il più possibile gli uomini dalla loro vita, a volte rifiutandosi persino di avere amici maschi.
In molti casi le donne del movimento raccontano di aver subìto abusi o violenze da parte dei loro padri o partner, come spiega anche un altro articolo sul tema pubblicato a marzo sull’Atlantic. Un sondaggio commissionato nel 2016 dal ministero delle Pari opportunità sudcoreano dice che è una situazione comune a moltissime: il 41,5 per cento delle donne intervistate per il sondaggio, citato da The Cut, aveva detto di aver subìto un qualche tipo di violenza dal proprio compagno: un dato molto più alto della media globale che è già molto alta, attorno al 30 per cento.
A questo si aggiungono forti discriminazioni sociali. L’Organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) dice che la Corea del Sud ha di gran lunga il divario salariale di genere più ampio tra i 38 paesi che ne fanno parte. Le donne sudcoreane si fanno carico di gran parte del lavoro domestico, non retribuito, e se si sposano o hanno figli ci si aspetta che abbandonino lo studio o il lavoro per badare alla famiglia. Inoltre, non è raro che gli uomini colpevoli di femminicidi, “revenge porn” e altri crimini sessuali rimangano impuniti, al contrario di quanto succede nei rari casi in cui siano le donne a compierli.
Il movimento 4B si basa sull’idea che la società sudcoreana perpetui un sistema fortemente iniquo, in cui le donne continuano a essere esposte al rischio di abusi e varie forme di violenza. In questo senso, secondo le donne che vi aderiscono, escludere i rapporti con gli uomini servirebbe a ridurre la possibilità che questi episodi si verifichino.
Helena Lee, una donna di 24 anni che studia per diventare dipendente pubblica e aderisce al movimento, ha detto all’Atlantic che lei ci prova «ad avere fiducia nei ragazzi», ma alla fine è più propensa a un approccio che definisce «estremo». Yeowon, 26 anni, impiegata, sostiene che in Corea del Sud il matrimonio presenti una minaccia esistenziale per le donne: concorda anche Minji, che ha 27 anni e dice che il motivo principale per cui non intende sposarsi è la violenza domestica molto diffusa.
Al momento non è chiaro di quante donne sia composto il movimento 4B in Corea del Sud, un paese di circa 52 milioni di abitanti: secondo alcune fonti ne raduna almeno 4mila e secondo altre 50mila. A ogni modo, anche molte donne che non fanno parte del gruppo dicono di far fatica a pensare alla possibilità di sposare un uomo sudcoreano, sempre per via del ruolo che ci si aspetta ricoprano le donne da sposate, racconta The Cut.
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Il gruppo 4B si è sviluppato grossomodo negli ultimi cinque anni, seguendo altri movimenti meno estremi che più in generale si oppongono alle aspettative di un paese ossessionato dalla chirurgia estetica, dallo spirito competitivo e dal benessere arrivato con il boom economico degli ultimi decenni. Uno di questi è il cosiddetto movimento per “rimuovere il corsetto”, che fa attivismo per convincere le donne a non accettare i canoni di bellezza promossi dalla società e a rivendicare la validità di un aspetto estetico diverso. Altri movimenti erano nati da alcuni forum online e gruppi di donne che attorno al 2015 cominciarono a prendere posizione contro i movimenti antifemministi attivi nel paese, peraltro sostenuti in campagna elettorale dal presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol.
Una decina di anni fa tra molti uomini sudcoreani cominciò a diffondersi l’idea che le donne volessero ottenere più diritti e privilegi rispetto a loro, che per esempio sono obbligati a fare il servizio militare, al contrario delle donne. Fu allora che crebbero vari gruppi antifemministi, come Ilbe, misogino e di estrema destra, che tra le altre cose descrivono le donne come opportuniste e manipolatrici. Come ha osservato la studiosa Euisol Jeong, che si è occupata del tema nel suo dottorato, nei forum e sui social media gli antifemministi iniziarono a criticare le donne che studiavano; coniarono anche il termine offensivo kimchinyeo, (cioè “donne del kimchi”, uno dei piatti tradizionali della Corea del Sud), per indicare in maniera stereotipata le donne che a loro dire sarebbero egoiste, superficiali e sfrutterebbero i loro partner.
In risposta, alcune femministe cominciarono a imitare le tecniche di comunicazione degli uomini antifemministi e a prenderli in giro, usando a loro volta un linguaggio denigratorio per dare visibilità alla misoginia diffusa nel paese. Uno dei siti femministi più noti fu Megalia, che tra le altre cose inventò il termine hannamchung, con cui si paragonavano gli uomini a insetti in maniera altrettanto stereotipata. Tra il 2017 e il 2018 l’avvio del movimento #MeToo contribuì a diffondere ulteriormente le istanze femministe anche in Corea del Sud, dove questi temi erano perlopiù limitati alle università e ad alcune associazioni.
Un’altra delle questioni centrali per il movimento 4B è la maternità.
Negli anni Sessanta in Corea del Sud ogni donna aveva in media sei figli: le cose cambiarono molto con la migrazione dai villaggi alle città e la rapida trasformazione della società sudcoreana, che negli ultimi decenni ha portato sempre più donne a voler studiare e lavorare. Il risultato è che oggi la Corea del Sud è il paese col tasso di natalità più basso di tutto il mondo, 0,78 figli per ciascuna donna, e nella capitale Seul il dato è ancora inferiore. Da tempo il governo sudcoreano cerca di convincere le donne a fare più figli, con varie strategie: nel 2016, quando diffuse una mappa della natalità con i dati attesi per ciascuna regione del paese, ci furono numerose proteste e contestazioni da parte di donne che dissero di sentirsi trattate come «animali da allevamento».
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Uno dei propositi principali per le donne del movimento 4B è quello di mantenersi da sole, in modo da vivere una vita autonoma e il più possibile indipendente dagli uomini. Alcuni gruppi organizzano eventi con esperte di finanza per insegnare alle donne come mettere da parte i soldi e investire i propri risparmi; esiste anche una community online in cui tra le altre cose vengono condivisi annunci di lavoro e sono indicate le banche che applicano i migliori tassi di interesse sui finanziamenti. Han, insegnante di matematica a Daegu, una delle città più conservatrici del paese, ha spiegato che se le donne riuscissero ad avere più influenza a livello economico, allora potrebbero diventare soggetti importanti anche a livello politico.
Come ogni movimento, anche il 4B sembra avere alcune divisioni interne, o quantomeno delle questioni che potrebbero minacciare la sua solidità sul lungo periodo. Per esempio, osserva The Cut, non è chiaro se in base ai suoi criteri sia ammissibile essere amiche degli uomini, oppure di donne che vogliono ancora frequentarli. Inoltre, alcune attiviste che pur aderiscono al movimento contestano il fatto che si tengano in scarsa considerazione le persone trans, cioè quelle che hanno fatto un percorso di transizione di genere. Varie attiviste intervistate da The Cut ritengono comunque che questi aspetti siano prettamente teorici e che non abbiano un reale impatto sulla scelta di vivere senza uomini.