Le foto che hanno vinto il World Press Photo
Una delle immagini più viste della guerra in Ucraina e un lavoro sull'Afghanistan dopo il ritorno dei talebani, tra quelle premiate nell'importante concorso fotogiornalistico
Sono stati annunciati i vincitori della 66esima edizione del World Press Photo, concorso di fotogiornalismo tra i più prestigiosi al mondo. I premi principali sono quattro: il World Press Photo of the Year, per la migliore foto singola, vinto da Evgeniy Maloletka con la foto The Siege of Mariupol; il World Press Photo Story of the Year, per la migliore storia, vinto da Mads Nissen, con il lavoro The Price of Peace in Afghanistan; il World Press Photo Long-Term Project Award, per il miglior progetto a lungo termine, vinto da Anush Babajanyan, per Battered Waters; e il World Press Photo Open Format Award, per il miglior progetto Open Format, vinto da Mohamed Mahdy con Here, The Doors Don’t Know Me. I quattro vincitori annunciati oggi sono stati scelti tra i vincitori regionali che erano stati annunciati settimane fa.
World Press Photo of the Year
Maloletka ha scattato una delle foto più viste della guerra in Ucraina: mostra una donna incinta di 32 anni, Iryna Kalinina, mentre viene trasportata su una barella fuori da un ospedale ostetrico danneggiato durante un attacco aereo russo a Mariupol, il 9 marzo 2022. Più tardi quel giorno i medici riuscirono a eseguire un parto cesareo, ma il neonato nacque morto, e poco dopo morì anche la donna. La foto era stata ripresa dai giornali di mezzo mondo, compreso il Post, e in quell’occasione la propaganda russa aveva sostenuto che le donne ferite fossero in realtà delle attrici e che all’interno dell’ospedale ci fossero soltanto soldati, e non civili.
L’organizzazione del concorso ha spiegato che l’immagine è stata scelta per il World Press Photo of the Year, che è il premio più rilevante, perché «cattura perfettamente in un’unica immagine la sofferenza umana causata dall’invasione russa dell’Ucraina». Il presidente della giuria del concorso Brent Lewis, photoeditor del New York Times, ha detto che è stata scelta all’unanimità come vincitrice e che nel motivarne le ragioni la giuria ha fatto riferimento al potere dell’immagine e alla storia che le sta dietro, così come alle atrocità che mostra: «La morte sia della donna incinta che di suo figlio ha riassunto gran parte della guerra, così come il possibile scopo della Russia. Come ha affermato un giurato: “È come se stessero cercando di uccidere il futuro dell’Ucraina”».
Evgeniy Maloletka è un fotografo nato a Berdyansk, in Ucraina, che si occupa del conflitto ucraino dal 2014. Era uno dei pochi giornalisti e fotografi ad essere presenti durante l’assedio di Mariupol, mentre lavorava per l’agenzia Associated Press. Ha spiegato di essere arrivato a Mariupol solo un’ora prima dell’invasione russa in Ucraina e di esserci poi rimasto per venti giorni, vivendo nel seminterrato dell’ospedale con i paramedici o nei rifugi con i cittadini che cercavano riparo.
World Press Photo Story of the Year
Il lavoro The Price of Peace in Afghanistan del fotografo danese Mads Nissen ha vinto nella categoria Storie, che premia una storia con eccellenti editing e sequenza fotografici su un grande evento o una questione di rilevanza giornalistica. L’ha realizzato per il giornale danese Politiken e mostra le condizioni di vita della popolazione afghana dopo il ritorno dei talebani, in seguito al ritiro delle forze statunitensi e alleate dall’Afghanistan nell’agosto del 2021.
Per decenni l’Afghanistan è stato estremamente dipendente da finanziamenti e aiuti esteri. Quando i talebani hanno riconquistato il paese, i finanziamenti sono stati interrotti e miliardi di dollari del governo afghano depositati in banche estere sono stati congelati. Le conseguenze sono state disastrose: milioni di persone soffrono la fame, ci sono gravissimi problemi di malnutrizione. Secondo la giuria le foto di Nissen «si rifiutano di farci dimenticare il popolo afghano, che ora vive sotto i talebani e con una mancanza di aiuti internazionali».
World Press Photo Long-Term Project Award
Il premio per i progetti a lungo termine su un unico tema è stato vinto dalla fotografa armena Anush Babajanyan con Battered Waters, un lavoro sui problemi legati all’accesso all’acqua di Tagikistan, Kirghizistan, Uzbekistan e Kazakistan, quattro paesi dell’Asia centrale senza sbocco sul mare che stanno lottando contro la crisi climatica e la mancanza di coordinamento sulle forniture idriche che condividono. Le sue foto mostrano l’impatto che tali questioni hanno sulle persone che vivono nella zona e come devono adattarsi alla situazione.
World Press Photo Open Format Award
Open Format è una categoria che include diversi tipi di utilizzo dell’immagine e in cui la fotografia sia comunque predominante (come immagini a esposizione multipla, collage, documentari interattivi, brevi video documentari). A vincere il premio di quest’anno è stato il progetto dell’egiziano Mohamed Mahdy, Here, The Doors Don’t Know Me, sugli effetti dell’innalzamento del mare sulla comunità locale di Al Max, un villaggio di pescatori situato lungo il canale Mahmoudiyah ad Alessandria d’Egitto. Usa sue fotografie, lettere scritte dagli abitanti del posto, foto d’archivio e suoni che ha messo insieme su un sito apposito.
Il concorso è suddiviso in sei aree geografiche, divise a loro volta in quattro categorie in base al formato dell’immagine. Le sei regioni geografiche sono: Africa, Asia, Europa, America del Nord e Centrale, America del Sud, Sudest Asiatico e Oceania. In ogni regione geografica si può competere in quattro categorie in base al formato dell’immagine, che corrispondono poi ai vincitori globali annunciati oggi: Singole (fotografie a esposizione singola); Storie (una storia composta da 3-10 fotografie); Long-term Projects (progetti a lungo termine su un unico tema contenenti tra le 24 e le 30 fotografie); e Open Format, che include diversi tipi di utilizzo dell’immagine e in cui però la fotografia è comunque predominante. Qui trovate la gallery con i vincitori regionali e una quinta categoria, la Menzione d’onore, per lavori che secondo l’organizzazione meritavano un riconoscimento.