• Mondo
  • Giovedì 20 aprile 2023

Moltissime persone stanno fuggendo dal Sudan

Mentre per due giorni consecutivi esercito e paramilitari hanno violato la tregua su cui si erano accordati

Il fumo causato dalle esplosioni a Khartum (AP Photo/Marwan Ali)
Il fumo causato dalle esplosioni a Khartum (AP Photo/Marwan Ali)

Negli ultimi giorni migliaia di persone stanno scappando dal Sudan, dove da sabato è in corso un conflitto molto violento tra l’esercito regolare del paese e il potente gruppo paramilitare chiamato Rapid Support Forces (RSF). Negli scontri tra i due gruppi sono morti almeno 300 civili e più di 3.000 sono stati feriti, secondo diverse organizzazioni internazionali.

I combattimenti sono proseguiti nonostante i due tentativi di organizzare un cessate il fuoco. Sia la tregua annunciata per martedì che quella di mercoledì sono state violate, e in particolare nella capitale Khartum gli scontri sono continuati senza interruzioni. In questo clima di incertezza moltissime persone hanno deciso di lasciare il paese, per cercare riparo altrove. Giovedì le Rapid Support Forces hanno proposto una nuova tregua per venerdì, quando si celebrerà l’Eid al-Fitr, una delle feste più importanti della religione islamica che segna la fine del Ramadan, ma l’esercito ha fatto sapere di non avere intenzione di avviare nuovi negoziati con i paramilitari.

Le notizie che arrivano dal Sudan sono frammentarie, ed è difficile fare una stima esatta delle persone che stanno fuggendo: secondo quanto raccontato da testimoni locali a diversi giornali internazionali sarebbero “migliaia” i civili che in questi giorni stanno lasciando il paese. Sono soprattutto persone che abitano nelle zone periferiche di Khartum, dove per il momento non ci sono stati molti scontri. Stanno fuggendo a piedi, in auto o viaggiando in autobus: l’aeroporto è invece inaccessibile, dato che è uno dei luoghi al centro dei combattimenti da giorni.

– Leggi anche: I due militari al centro della crisi in Sudan

In tutto il paese la situazione è molto critica, ma è a Khartum che ci sono i problemi maggiori. Molti civili non possono lasciare la città per via dei combattimenti e sono bloccati nelle proprie case: ci sono state anche interruzioni alle forniture di energia elettrica e di acqua, e iniziano a scarseggiare i viveri. Medici locali e rappresentanti della Mezzaluna Rossa, l’equivalente della Croce Rossa per i paesi islamici, hanno raccontato che molti ospedali sono stati gravemente danneggiati negli scontri, e che mancano medicine e personale per curare tutte le persone che in questi giorni hanno bisogno di assistenza.

Non ci sono al momento piani per organizzare un’evacuazione di civili da parte di governi di altri paesi. Nei giorni scorsi si era parlato con insistenza di un possibile piano di evacuazione dei diplomatici statunitensi ma per il momento questa ipotesi è stata smentita dal dipartimento di Stato degli Stati Uniti.

Si era parlato anche di una missione da parte della Germania che sarebbe stata cancellata mercoledì poco dopo il decollo di tre aerei destinati ad andare in Sudan per evacuare i cittadini tedeschi, ma non ci sono state conferme del governo al riguardo. Il governo giapponese ha invece detto di voler inviare un aereo militare per evacuare circa 60 cittadini giapponesi, ma non sono stati comunicati i dettagli dell’operazione.

– Leggi anche: Che cos’è il Sudan

Al centro dei combattimenti ci sono l’esercito regolare del Sudan, comandato dal presidente del paese, il generale Abdel Fattah al Burhan, e il potente gruppo paramilitare RSF, che di fatto è un esercito parallelo (conta tra i 70 e i 100 mila membri) ed è comandato dal vicepresidente del paese, il generale Mohamed Hamdan Dagalo, noto anche come Hemedti.

I due sono formalmente alleati all’interno della giunta militare che governa il paese, ma Dagalo ha sempre mantenuto una grossa autonomia, e le Rapid Support Forces sono rimaste un gruppo separato dall’esercito, sotto il suo diretto controllo. L’alleanza tra i due è cominciata a diventare sempre più precaria negli ultimi mesi, dopo che nel dicembre del 2022 il governo di Burhan aveva acconsentito a un accordo per restituire il potere a un’amministrazione civile.

L’accordo prevedeva lo scioglimento delle Rapid Support Forces, tra le altre cose. Dagalo si era però opposto da subito, temendo di perdere il suo potere, e da allora lui e Burhan avevano cominciato a scambiarsi accuse durissime, facendo capire di essere pronti allo scontro armato, che si è infine verificato sabato.

Tag: sudan