Storia dei derby di Milano in Europa
Le volte in cui Inter e Milan si sono incontrate in Champions League: dalla parata di Abbiati su Kallon nel 2003 ai fumogeni lanciati in campo due anni dopo
di Pietro Cabrio
Una delle due semifinali dell’edizione in corso di UEFA Champions League si giocherà interamente a Milano, tra Inter e Milan. La partita di andata è in programma a San Siro mercoledì 10 maggio, quella di ritorno martedì 16. Sarà il terzo derby in Champions League tra Inter e Milan, a circa vent’anni dai primi due, che ancora oggi vengono ricordati da chi li giocò come i giorni più lunghi e difficili mai vissuti in carriera.
Furono giorni lunghi anche per la città di Milano, storicamente divisa a metà per le sue due squadre. Da allora però molto è cambiato. In quegli anni Inter e Milan erano tra le grandi del calcio europeo ed erano ancora di proprietà delle due famiglie milanesi più conosciute e simboliche, almeno nei loro ambiti: i Moratti e i Berlusconi.
Spendevano moltissimo, avevano tanti campioni tra i loro giocatori e ogni anno ne aggiungevano di nuovi: in particolare il Milan, che non a caso in quel periodo vinse due Champions League e uno Scudetto (e i suoi giocatori due Palloni d’Oro). Per l’Inter era invece un periodo piuttosto complicato, segnato da sconfitte che però servirono a costruire le basi per le vittorie che arrivarono negli anni successivi.
Il primo derby di Milano in Champions League si giocò in semifinale dell’edizione 2002/2003. L’Inter veniva dal famoso 5 maggio 2002, il giorno in cui, all’ultima giornata di campionato, sprecò clamorosamente l’occasione di tornare a vincere lo Scudetto dopo tredici anni perdendo a Roma contro la Lazio. Aveva appena venduto Ronaldo al Real Madrid ed era ancora allenata dall’argentino Hector Cúper, ma era alla fine di un ciclo: nella stagione successiva iniziò infatti un grande ricambio di giocatori e anche Cúper fu esonerato.
Anche il Milan veniva da stagioni complicate: nel 2001 aveva terminato il campionato al sesto posto e non vinceva nulla dallo Scudetto del 1999. La sua stagione fin lì era stata deludente, ma si stava preparando a entrare in uno dei periodi più vincenti della sua storia. Ai vari Maldini, Inzaghi, Rui Costa, Pirlo, Shevchenko e Gattuso all’inizio di quella stagione erano stati aggiunti il portiere brasiliano Dida, il difensore Alessandro Nesta dalla Lazio e il centrocampista Clarence Seedorf, acquistato dall’Inter in uno scambio con il terzino Francesco Coco che si rivelò vincente soltanto per il Milan.
Con questi giocatori, allenati da Carlo Ancelotti, il Milan formò poi una delle squadre più ricordate, unite e vincenti nella storia recente del calcio italiano. L’Inter, dal canto suo, era tenuta in piedi da un gruppo formato dal capitano Javier Zanetti e poi dagli italiani Vieri, Materazzi, Toldo e Di Biagio, a cui erano stati aggiunti Fabio Cannavaro e l’argentino Hernan Crespo, preso per rinfoltire un attacco rimasto con Vieri, Alvaro Recoba e due rincalzi: Mohamed Kallon e un giovane Obafemi Martins.
Entrambe le squadre, seppur diverse, funzionavano. L’Inter finì quel campionato al secondo posto, il Milan al terzo. In Champions League passarono le due fasi a gironi (il Milan entrambe da primo) e ai quarti di finale riuscirono a vincere due confronti complicati: il Milan contro l’Ajax con un rocambolesco gol all’ultimo minuto nella partita di ritorno, l’Inter resistendo nel ritorno a Valencia nonostante una sconfitta per 2-1.
L’Inter si affidava spesso alla difesa a oltranza nelle partite più complicate, cercando poi di approfittare delle isolate occasioni create dalla qualità dei suoi attaccanti. Anche il Milan puntava molto sulla difesa, ma sapeva controllare il gioco e rendersi più offensivo. Quando si arrivò al derby in semifinale, tuttavia, qualità e approcci offensivi fecero spazio alla prudenza e ai timori, come quelli dei due allenatori, a rischio esonero in caso di sconfitta.
Si dice che l’Inter usasse stimolare la squadra concedendo dei generosi premi partita: oltre 100mila euro a giocatore per arrivare in semifinale, oltre 200mila per vincere il torneo. Il Milan di Berlusconi era solito agevolare i giocatori fin dal loro arrivo a Milano con la concessione di svariati privilegi, ma saltuariamente con premi partita, previsti il più delle volte solo in caso di vittoria finale.
Le partite si giocarono il 7 e il 13 maggio. Il Milan ospitò l’andata in casa, cioè nella versione rossonera di San Siro. Come Ancelotti fece intendere in quei giorni, per poi spiegarlo meglio negli anni successivi, preparò la semifinale di andata con l’intento di non subire gol in casa per tentare di approfittare della regola — non più esistente — dei gol in trasferta: in caso di parità tra andata e ritorno si premiava infatti la squadra con il maggior numero di gol segnati fuori casa.
Andò esattamente così. Il Milan, forte di una difesa unita e di alto livello (i titolari erano Costacurta, Nesta, Maldini, Kaladze) riuscì a tenere l’Inter sullo 0-0 e a bloccarne l’attacco, rimasto senza Vieri e con Crespo che a inizio anno si era lacerato un muscolo della gamba ed era tornato a giocare soltanto ad aprile. Ancelotti rimase inoltre fedele alla sua strategia anche se all’intervallo Berlusconi scese negli spogliatoi scontento per il gioco remissivo della squadra: la voleva più offensiva e chiedeva l’ingresso in campo del terzino brasiliano Serginho. «La pressione che ho vissuto in quella semifinale lì non l’ho mai più vissuta» ha ricordato di recente Ancelotti.
Anche la partita di ritorno fu piuttosto bloccata, ma a pochi secondi dalla fine del primo tempo Shevchenko vinse un contrasto in area con Cordoba e in caduta riuscì a segnare il gol del vantaggio. Nel secondo tempo l’Inter cambiò tutto l’attacco facendo entrare Kallon e Martins, con quest’ultimo che a otto minuti dalla fine rubò il tempo a Maldini su una palla spiovente e segnò il gol del pareggio. Pochi minuti dopo Kallon ebbe l’occasione di segnare il gol che avrebbe potuto portare l’Inter in finale, ma il suo tiro andò a sbattere contro lo stinco di Abbiati, il portiere di riserva del Milan che aveva sostituito l’infortunato Dida.
Come ha ricordato più volte Adriano Galliani, amministratore delegato del Milan di Berlusconi, con quella parata decisiva Abbiati «si guadagnò un contratto a vita».
Da quella partita i percorsi delle due squadre si divisero. Il Milan andò in finale di Champions League, la vinse battendo ai rigori la Juventus e prese lo slancio per affermarsi stabilmente ai più alti livelli del calcio europeo, sempre con Ancelotti come allenatore. Per l’Inter iniziò una fase interlocutoria e anche di riflessione da parte della famiglia Moratti, che a fronte di enormi investimenti non riusciva più a ottenere risultati concreti dalla Coppa UEFA vinta nel 1998. Tanti giocatori vennero criticati molto duramente, e tra questi Recoba — ritenuto il preferito di Massimo Moratti — che pagò due prestazioni deludenti e soprattutto un gol sbagliato all’andata.
Due stagioni dopo fu sorteggiato nuovamente un derby, ai quarti di finale.
Il Milan aveva mantenuto lo stesso gruppo di giocatori, che aveva rinforzato ancora acquistando tra gli altri Cafù, Kaka, Stam e Crespo, tornato al Chelsea dopo il prestito all’Inter. E nel frattempo aveva vinto anche uno Scudetto. L’Inter invece aveva cambiato tre allenatori prima di ingaggiare Roberto Mancini, e con lui iniziare un nuovo ciclo segnato in particolare dagli acquisti di Esteban Cambiasso e Julio Cesar, e prima ancora di Dejan Stankovic e Adriano, riacquistato dal Parma.
Ma appunto, era ancora una squadra in costruzione, e il derby capitò nel peggior momento possibile. A differenza di due anni prima c’era una chiara favorita, il Milan, che lo dimostrò vincendo 2-0 l’andata in casa con i gol Stam e Shevchenko, entrambi di testa. Al ritorno, sempre Shevchenko portò in vantaggio il Milan alla mezzora con un tiro da fuori area. L’Inter provò a reagire ma trovò grandi difficoltà fino a quando, a venti minuti dalla fine, gli fu annullato il gol del possibile 1-1.
A quel punto, tra la frustrazione per il gol annullato e la prospettiva di perdere un altro “euroderby” contro i rivali del Milan, la curva dell’Inter iniziò a lanciare oggetti e fumogeni in campo con l’intento di interrompere la partita e in un certo senso rifiutare la sconfitta. Un fumogeno colpì Dida tra la testa e la spalla e altri ancora ne vennero lanciati in campo fino a quando l’arbitro mandò le squadre negli spogliatoi dichiarando la partita definitivamente conclusa.
Fu data la vittoria per 3-0 a tavolino al Milan, che quindi passò il turno con un complessivo 5-0 e poi andò in finale, ma la perse nella famosa partita di Istanbul contro il Liverpool. Poi però si rifece nel 2007 ritrovando e battendo il Liverpool in finale ad Atene. Per l’Inter si parlò anche di estromissione di un anno dalle coppe europee, ma alla fine fu punita dalla UEFA con quattro partite da giocare senza pubblico nella stagione successiva e una multa di circa 300mila euro.
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